Tutto iniziò nei primi anni '70 quando, utilizzando il satellite astronomico Cos-B gli astronomi Giovanni Bignami e Patrizia Caraveo, avevano scoperto una fortissima sorgente di raggi gamma nella costellazione dei Gemelli. Tuttavia la sorgente pareva provenire dal nulla, giacché nello spettro della luce visibile i telescopi terrestri non riuscivano a scorgere alcun corpo celeste. Una stella avrebbe dovuto esserci, ma quella stella non c'era. Per questo motivo, gli astronomi milanesi battezzarono l'oggetto: "Geminga", da pronunciare come "gh'è minga", ovvero "non c'è mica" in dialetto milanese riferito proprio a una stella che avrebbe dovuto esserci ma non si trovava, ma anche come abbreviazione di "Gemini gamma ray source". Il corpo celeste mantenne oscura la sua natura fino ai primi anni '90, quando nel marzo 1991 gli astronomi che l'avevano scoperta e che da quasi vent'anni le stavano dando la caccia, utilizzarono il satellite ROSAT nello spettro delle emissioni di raggi-X e scoprirono una periodicità del corpo celeste di 0.237 secondi. Questo confermò non solo che oltre all'emissione nei raggi gamma, Geminga presentava anche deboli emissioni in raggi-X, ma anche che il corpo celeste in questione aveva la natura di una pulsar, benché una pulsar dalle caratteristiche un po' particolari. Situata a circa 500 anni luce da noi vicino alla nebulosa del granchio, Geminga è una stella di neutroni del diametro molto piccolo, dell'ordine dei 20-30 chilometri, probabile residuo di una supernova esplosa circa 300.000 anni fa, che ruota su se stessa a una velocità vertiginosa, si muove nello spazio alla velocità supersonica di 120 km/s ed è dotata di un intensissimo campo magnetico. Inoltre, contrariamente alle pulsar tradizionali, Geminga è "silenziosa", ovvero non presenta alcuna emissione nello spettro delle onde radio e questo può essere dovuto a un cono di emissione molto stretto, non percepibile da noi, oppure dalla presenza di una zona di assorbimento vicina alla stella. Ma quello che rende Geminga davvero unica nel suo genere sono le due spettacolari "code" a raggi-X che gli stessi Bignami e Caraveo hanno recentemente scoperto dopo averla osservata con l'XMM-Newton, il nuovo e potentissimo osservatorio spaziale a raggi-X dell'ESA. Queste code sono causate dall'intrappolamento di elettroni ad altissima energia all'interno del campo magnetico straordinariamente elevato della stella. Gli elettroni vengono creati molto vicino alla stella il cui periodo di rotazione poco più alto di quattro volte al secondo, crea un ambiente in cui le particelle elementari vengono accelerate progressivamente fino a raggiungere energie elevatissime, le stesse energie responsabili dell'emissione di raggi gamma. Gli astronomi ritenevano che tutti gli elettroni avrebbero dovuto essere convertiti in raggi gamma, ma la scoperta delle code di raggi-X induce a ritenere che nel sistema di Geminga qualcosa riesca a far cambiare il destino degli elettroni. "E' sorprendente", ha detto a questo proposito Patrizia Caraveo, "che elettroni così energetici riescano a sfuggire per creare queste code. Gli elettroni della coda hanno un'energia molto vicina alla massima energia raggiungibile nell'ambiente del sistema di Geminga". Le medesime code sono i margini più evidenti di una sorta di onda d'urto tridimensionale modellata da Geminga, come una specie di scia lasciata da una nave che solca l'oceano.