L'equazione di Dio – Eulero e la bellezza della matematica è un saggio interamente dedicato a una singola identità, derivata dalla vera e propria equazione di Eulero, conosciuta come formula di Eulero, e che si presenta nella seguente forma:

L'autore David Stipp considera nella sua trattazione i termini equazione e formula intercambiabili per una precisa e per me discutibile scelta, precisando in una nota che trascura volutamente il fatto che non sono sinonimi in matematica da un punto di vista formale.

Il saggio si propone di spiegare diverse cose. In primis come sia possibile considerare la bellezza di una identità matematica, partendo dal fascino che nei secoli (l'identità è del 1748) hanno subito generazioni di matematici dalla semplice considerazione che essa mette in relazione 5 entità fondamentali della matematica: e, i, π, 1 e 0.

Stiamo parlando appunto dei numeri con un preciso significato:

l'esponenziale e=2,71828182…;

la radice quadrata di -1 chiamata i;

pi greco π=3,1415926…;

il numero 1, elemento neutro rispetto al prodotto;

il numero 0, elemento neutro rispetto alla somma.

La prima volta che mi imbattei in un articolo che spiegava il legame tra questi elementi fu nel 1988, in quaderno di Le Scienze intitolato Numeri, caso e sequenze. Lì era ripubblicato un articolo di Bruno de Finetti del 1972: Tre personaggi della matematica: e, π, i.

Nel raccontare in forma divulgativa il percorso di scoperta dell'esistenza e della proprietà di questi numeri si arrivava alla identità di Eulero quando la trattazione affrontava π, non prima di aver lambito in uno spazio ristretto praticamente tutta la storia della matematica.

Il saggio di David Stipp compie un percorso simile, ampliandosi agli altri due elementi dell'identità, 1 e 0, con una trattazione che si allarga anche a raccontare chi fosse Eulero e quale fosse il suo contesto storico, cercando anche di trasmettere con entusiasmo ai non matematici quale sia il concetto di bellezza che i matematici avvertono nell'ammirare un concetto matematico.

Il libro mantiene l'obiettivo di essere divulgativo, diventando in pratica una summa della storia della matematica, con approfondimenti formali nelle appendici molto ben scritti. Dedica a ciascuno degli elementi dell'identità lo spazio che merita e allarga l'orizzonte per mostrare quanto siano tutto collegato in modi che purtroppo la scuola non riesce sempre a fare.

Interessante e piena di spunti la parte in cui affronta e sintetizza la contrapposizione tra chi considera la matematica pura scoperta e chi la considera una totale costruzione a cui solo gli esseri umani danno un senso, arrivando poi a mostrare quanto l'identità apparentemente astratta abbia avuto ricadute nella scienza applicata.

Al saggio, comunque promosso, non perdono due elementi: il primo è nel titolo italiano, che riprende il concetto di "equazione di Dio", anziché quello del titolo originale che era "A Most Elegant Equation" ovvero "un equazione molto elegante"; il secondo è comune alle due versioni, ossia il peccato originale di aver chiamato quella che formalmente è definita come una formula o identità in un'equazione nel nome di una presunta migliore comunicazione. Se lo scopo è la divulgazione matematica, la semplificazione non deve trasformarsi in inesattezza.