Dopo aver visto La Forma dell'Acqua la voglia che si ha è di dire agli amici: “Vai a vederlo, ne vale la pena.” Come si diceva tanti anni fa, quando non esistevano recensioni on line, anteprime, hype e cose simili.

Il film di Guillermo del Toro – con protagonisti Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg e Octavia Spencer – viene da lontano e ci porta in una storia fantastica (nel senso di genere fantastico, ma anche come termine di giudizio) di quelle che sembrano create da piccoli quando si giocava. È così che immaginiamo la genesi del film: un gruppo di bambini che condividono i loro giocattoli ovvero un uomo pesce, un Big Jim, una non-Barbie partendo da “facciamo che c'era un laboratorio segreto.”

Ma la semplicità della storia non deve ingannare, perché proprio per questo Del Toro la infarcisce con significati, sottotrame e scelte registiche e di sviluppo della storia che possono risultare temporaneamente spiazzanti, portando alla fine, però, un appagato divertimento.

Una storia nata nel silenzio.
Una storia nata nel silenzio.

Precisiamo subito che Adam, l'uomo pesce protagonista della storia deve la sua origine al fatto che Del Toro sia cresciuto con il fascino oscuro dei classici mostri degli Universal Studios: l'Uomo Lupo, che si trasformava in una belva contro la sua volontà, l'ingenuo Frankenstein, braccato dalla folla inferocita, il seducente Dracula, guidato dai suoi empi appetiti e, soprattutto, dalla Creatura della Laguna Nera, un antico essere anfibio preistorico, che è emerso dal mare in cerca di una compagna.

C'è sempre stato qualcosa di evocativo e, allo stesso tempo, ci si poteva relazionare a un livello più profondo con quei mostri. Erano perseguitati da folle forcaiole, perché diversi e costretti a vivere da soli ai bordi della società, in castelli, boschi o fiumi remoti. Tutti erano intrappolati in uno stato transitorio – parte umani, parte qualcos'altro -, in cui chiunque si sia sentito emarginato potesse identificarsi. Forse l'aspetto più intrigante era che questi esseri erano sensuali, impotenti di fronte alle continue necessità dei loro corpi e delle loro menti. Di tutti questi iconici mostri, il più straziante era l'umanoide anfibio de Il mostro della Laguna Nera (1954), film diretto da Jack Arnold e interpretato da Ben Chapman, nelle scene a terra, e Ricou Browning, in quelle subacquee.

Non dimentichiamo che Del Toro aveva già avuto modo di confrontarsi con un “Uomo Pesce” nei due film di Hellboy, ovvero con il personaggio di Abe Sapien, creato da Mike Mignola e agente del B.P.R.D. (Bureau for Paranormal Research and Defense, ossia Ufficio per la ricerca e difesa del paranormale). Quella è stata una palestra per l'idea di Del Toro ma (e il regista l'ha precisato più volte) La Forma dell'Acqua non è un film su Abe Sapien, né su un suo antenato. Le differenze nel personaggio sono fondamentali, mentre Abe parla e si rapporta con i suoi colleghi indagatori dell'occulto, sfoggiando modi e cultura da agente segreto inglese, Adam è una creatura degli abissi che proviene dall'acqua e ne sviluppa tutte le potenzialità. Del Toro ha affermato a tal proposito: “L'acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l'acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell'universo. Vale anche per l'amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l'amore resta se stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura.” Adam stesso “prende la forma” di quello con cui si confronta, assumendo empaticamente i sentimenti di chi ha difronte.”

Dicevamo che questo film viene da lontano e, anche se la sua reale genesi risale al 2011, il germe c'è già, a nostro parere, nel finale del primo Hellboy, uscito ben sette anni prima del 2004. Il finale di quel film vede il demone Hellboy riportare alla vita la sua amata Liz, mutante pirocinetica, e si chiude su un bacio unico che solo loro due possono darsi e sopportare. Liz, infatti, si infiamma baciando e Hellboy è immune al fuoco, per la sua natura di demone. L'amore è la sensualità, ci dice quel finale, sono possibili anche se sei “un mostro”.

Questo è esattamente il punto centrale de La Forma dell'Acqua. Del Toro lo ha spiegato bene: “Mi piace creare dei film liberatori, che dicono che è bene essere ciò che si è, cosa che, in questo momento storico, poi, mi sembra molto pertinente.”

Il percorso del regista messicano inizia con i suoi tre notevoli film in lingua spagnola che hanno reinventano e riassunto lo stesso concetto di genere: Il labirinto di Pan, Cronos e La spina del Diavolo. Ognuno di questi è una vivida fantasmagoria che si muove sui pericoli morali e fisici di un mondo corrotto, autoritario e in guerra. Sono venuti, poi, suoi film d'azione a sfondo epico e soprannaturale – Blade II, i due Hellboy e Pacific Rim – per poi concedersi una melodramma gotico come Crimson Peak.

Sempre in merito a La Forma dell'Acqua Del Toro ha detto: “Volevo creare una storia, bella ed elegante, sulla speranza e la redenzione come antidoto al cinismo dei nostri tempi. Volevo che questa storia avesse la forma di una favola, con un semplice essere umano che si imbatte in qualcosa di più grande e più trascendente di ogni altra cosa nella sua vita. Poi ho pensato che sarebbe stata una grande idea mettere a confronto questo amore contro qualcosa di banale e malvagio come l'odio tra le nazioni, che si esprime al meglio con la Guerra Fredda, e con l'odio razziale, di classe e di genere.” Il fatto che i due protagonisti del film non parlino, quanto meno in maniera convenzionale, non fa altro che intensificare la storia d'amore, spogliandola delle incomprensioni che spesso si creano tra gli esseri umani. “Una cosa dell'amore è che è così incredibilmente potente, che non richiede parole”.

Il film è stato concepito nel 2011, quando Del Toro e Daniel Kraus, il partner di scrittura del regista nella serie di libri per ragazzi Trollhunters, si sono incontrati una mattina per la prima colazione. Kraus raccontò di un'idea che aveva avuto da ragazzo: una donna delle pulizie che lavora in un impianto governativo che intreccia un'amicizia con un uomo anfibio, tenuto prigioniero come un esemplare da studiare, e di come decide di liberarlo. A Del Toro l'idea è piaciuta talmente che ha immediatamente detto di volerci fare il suo prossimo film. Sembrava il tipo perfetto di idea fiabesca che stava cercando. Nel 2014, il regista ha autofinanziato un gruppo di artisti e scultori, che lavorano con disegni e modelli in argilla, per poter esporre la storia dall'inizio alla fine alla Fox Searchlight, e lo studio cinematografico è salito a bordo immediatamente senza alcuna esitazione. Ma, attenzione, il termine fiabesco non va interpretato nella accezione più conosciuta, quella “alla Disney”, piuttosto “alla fratelli Grimm originali”, si tratta di una favola perché emoziona, fa palpitare e sperare in un lieto fine. E quando poi la storia si conclude, proprio come le favole della nostra infanzia, fa venire voglia di dire: “raccontala ancora.”

La Forma dell'Acqua è un film da vedere e rivedere, perché ad ogni passaggio si coglierà qualcosa di diverso. E i personaggi sono delineati con amore, sia nel loro ruolo specifico che nel background che li costituisce.

Alla mente dell'appassionato di fantascienza letteraria, non potrà non venire in mente il romanzo del 1953 di Theodor Sturgeon, dal titolo More Than Human (Nascita del Superuomo in italiano). Una storia dove il superuomo è costituito da una gestalt di “freaks”, di mostri. Nel film di Del Toro la triade dei protagonisti Elisa, Zelda e Giles forma una sorta di superuomo, formato da due donne delle pulizie, una muta e l'altra afroamericana, ed un gay, ovvero tre reietti per il periodo in cui è ambientata la storia: gli Stati Uniti d'America degli anni Sessanta, prima dell'assassinio di John F. Kennedy. Se questo è il trio degli eroi, l'antagonista è un Federale Dalla Mascella Volitiva di nome Strickland, quello che nei film della Universal sarebbe stato l'eroe destinato a sposare la bionda di turno. Del Toro ha osservato che ognuno dei personaggi del film, indipendentemente dal loro posto nella società, sta affrontando l'amore in diverse circostanze. “C'è l'amore puro tra Elisa e la Creatura, ma anche l'agente governativo Strickland sta cercando di amare, anche se vediamo che il suo amore è brutale, e il vicino di Elisa, Giles, è alla ricerca di un amore, che però veniva disapprovato in quei giorni e la miglior amica di Elisa, Zelda, è innamorata di un uomo che non lo merita.”

Una volta che Del Toro aveva deciso di scrivere una storia d'amore, i personaggi hanno preso forma: Elisa e i suoi due veri amici, Giles e Zelda, li ha avuti sempre in mente. “Per me i tre insieme costituiscono un unico personaggio, come se fossero diverse parti dello stesso cervello. Tutti e tre vivono ai margini e sono invisibili per motivi diversi: uno per la razza, uno per l'orientamento sessuale, uno per la disabilità; però poi si uniscono per la creatura. Al laboratorio pensano di combattere delle potenti spie sovietiche, ma amo il fatto che stiano effettivamente combattendo due donne delle pulizie e un artista gay.”

Come nel romanzo di Sturgeon, la vera forza del racconto della pellicola risiede nei personaggi, perché in fondo la storia è semplice, forse anche prevedibile, ma contiene i semi dell'amore, della tolleranza, della voglia di reale integrazione e, soprattutto, della fantasia. Di quel genere di fantasia che accomuna tutti, mostri e umani, scrittori e appassionati, registi e spettatori.