Il titolo di questo editoriale è provocatorio. La storia del cinema ci racconta che ad inventare il cinema sono stati i fratelli Lumiére, Auguste e soprattutto Luois, ma – per quanto può valere – la mia opinione è che i Lumiére hanno inventato il dispositivo tecnico atto a fare cinema, ma il cinema inteso come spettacolo è opera di Georges Méliès, illusionista e successivamente attore e regista francese.

È a lui che si deve il passaggio del cinema da pura curiosità e rappresentazione del reale ad una nuova concezione che vuole la settima arte come intrattenimento per le masse, come spettacolo in senso ampio. È a Méliès, inoltre, che va il merito di aver mostrato al mondo intero le potenzialità, artistiche ed economiche, di quella che fino ad allora era considerata solo una stravaganza da fiera e ad aver – seppur artigianalmente – intuito la “grammatica visiva” sottesa ad ogni film.

Nel 1895, l’illusionista francese assistette alla prima rappresentazione di una nuova invenzione dei fratelli Lumière: il cinematographe. Al Grand Cafè, Méliès - rimasto entusiasta del breve filmato proiettato e della nuova macchina presentata – avvicina i Lumiere per chiedere di poterla acquistare. I Lumiere lo indirizzano al loro padre che possedeva un’azienda di prodotti fotografici. Antoine Lumiere ritiene che quella del cinematografo sarà solo una moda passeggera e proprio per questo da sfruttare in esclusiva, a scopo puramente pubblicitario per la propria ditta. Rifiuta così di vendere a Méliès sia una macchia da ripresa sia un proiettore, anche perché l’offerta economica del futuro regista è ritenuta bassa rispetto al valore economico delle attrezzature.

Per nulla scoraggiato, l’illusionista francese si rivolse ad un ingegnere inglese, Robert W. Paul che aveva rielaborato il Vitascope, inventato dall’americano Thomas Alva Edison, brevettandola in Inghilterra a suo nome. Per pochi soldi, Méliès riuscì così a realizzare il suo sogno di realizzare film  a partire dal 1896.

Comincia con una serie di brevissimi documentari sulla falsariga di altri cineasti. È questa quella che è stata definita la prima della carriera del regista francese, quella dedicata in pratica alla sperimentazione sia dal punto di vista del “linguaggio” del nuovo mezzo, sia dal punto di vista tecnologico.

Pian piano al teatro Robert-Houdin, Méliès sostituisce gli spettacoli teatrali con la proiezione di film di cui si improvvisa produttore, scenarista, scenografo, regista e attore.

Intuite le potenzialità del nuovo mezzo, Méliès costituisce, nel 1897 a Parigi, un laboratorio di sviluppo e nella proprietà di famiglia, a Montreuil-sous-Bois, uno studio, con annesso teatro di posa, il primo al mondo. È in questo periodo che il regista francese gira gran parte della sua produzione filmica e inventa quel cinema fantastico di cui sarà il padre fondatore. Il successo fu travolgente, la gente sembrava gradire le fantasmagoriche pellicole di Méliès, tanto da indurlo a creare anche una casa di produzione, la Star Film.

La cifra stilistica di Méliès si può sintetizzare in due peculiarità: da un lato la sua scelta di non girare film “realistici”, ma a sfondo fantastico, scelta molto gradita dal pubblico dell’epoca; dall’altro lato di aver inserito nelle sue pellicole quei trucchi che aveva appreso durante il suo soggiorno londinese, indicando quindi una via maestra a quanti volevano cimentarsi con il cinema.

Al mondo fantastico che Méliès si apprestava a creare con il suo personalissimo modo di fare cinema, si deve la cognizione nuova del cinema: creare storie espressamente per il cinema, non lasciarsi tentare dalla lusinga della realtà circostante, andare oltre tentando di ricreare mondi e storie appartenenti all’immaginazione, più che alla vita quotidiana. Questa scelta era accompagnata dall’uso massiccio di trucchi e quelli che, oggi, chiameremmo “effetti speciali”. 

In certi casi, l’uso di un trucco era frutto anche di un evento casuale. Come ricorda lo storico George Sadoul, nel suo saggio Storia del cinema mondiale:

“Proiettando un film che aveva girato in Place de l’Opéra, Mélies ebbe la sorpresa di vedere un omnibus Madaleine-Bastille trasformarsi improvvisamente in carro funebre. Gli bastò riflettere un po’ per avere la spiegazione di questa strana metamorfosi: la pellicola si era inceppata per qualche istante, quindi aveva ripreso a girare regolarmente. Questo banale incidente durante la ripresa non aveva però di certo fermato il flusso della circolazione del traffico di Parigi. Infatti, dopo questo momentaneo arresto della pellicola, il carro funebre era venuto a trovarsi al posto dell’omnibus. L’incidente fu per Mélies una vera ‘mela di Newton’. Questo specialista di trucchi sul palcoscenico divenne presto uno specialista di trucchi sullo schermo”

Méliès è anche il regista del primo film di fantascienza, quel Voyage dans la Lune che come è noto si ispira sia al romanzo Dalla Terra alla Luna (1865) di Jules Verne sia a I primi uomini sulla Luna(1901) di Herbert Georges Wells. Questo film è stato in assoluto il più famoso del regista francese, tanto da essere venduto praticamente in tutto il mondo. 

Méliès rielabora in modo originale i due romanzi da cui trae ispirazione, stemperandone la solennità e aggiungendovi una vena grottesca e ironica: gli astronauti che intraprendono il viaggio verso la Luna sono borghesi che predispongono il viaggio che si conclude con uno  schianto sul volto lunare. 

Il film fu interamente girato nello studio dell’illusionista a Montreuil-sous-bois e si compone di trenta quadri che utilizzano una scenografia dipinta a mano con oggetti realizzati a trompe-l'œil. 

I fondali e l'ambientazione scenografica del film sono piuttosto piatti ma presentano tutte le caratteristiche che contraddistingueranno poi il film di fantascienza: scienziati pronti a gettarsi nell'avventura, il viaggio spaziale, effetti speciali ottenuti con le sovrapposizioni di immagini, alieni in ambientazioni esotiche.

Con questo film nasce il cinema di fantascienza, che proprio nella filosofia del regista francese troverà la sua ragion d’essere: effetti speciali da un lato e cura nella messa in scena dall’altro. Con buona pace dei fratelli Lumière e degli amanti del cinema realista.