Uno dei suoi romanzi più belli di Philip K. Dick è sicuramente L’Uomo nell’alto Castello, pubblicato nel 1961 e conosciuto in Italia anche come La svastica sul sole.

Stati Uniti d’America, 1962. La schiavitù è dì nuovo legale, i pochi ebrei sopravvissuti si nascondono dietro falsi nomi, la California è asservita al Giappone. Vent’anni prima l’Asse ha vinto la seconda guerra mondiale, e si è spartito l’America, sul resto del mondo incombe una realtà da incubo: il credo della superiorità razziale ariana ha soffocato ogni volontà o possibilità di riscatto. l’Africa è ridotta a un deserto, vittima di una soluzione radicate dì sterminio, mentre, in Europa, l’Italia ha ottenuto solo le briciole di questo immenso potere, e i nazisti si preparano a inviare razzi su Marte. Nel loro settore degli Stati Uniti i giapponesi sono ossessionati dagli oggetti del folclore e della tradizione americana, che collezionano con avidità, costringendo gli sconfitti a forme disperate dì resistenza o di accettazione. Tra loro vi è l’antiquario collaborazionista con i suoi altolocati clienti, l’artigiano ebreo che gli fornisce falsi oggetti d’epoca, la maestra di judò che insegue un’impossibile verità, spie e cospiratori… In questo scenario due libri segnano il destino collettivo, influenzando scelte e comportamenti: un testo antico, il millenario I Ching, l’oracolo della saggezza cinese, che diffonde la spiritualità orientale nei costumi americani, e viene usato come sostegno morale per ogni decisione. E poi un romanzo moderno, un misterioso libro underground che minaccia di sovvertire l’ordine mondiale basato su! predominio assoluto dei vincitori. Si tratta di La cavalletta non si alzerà più, un best-seller vietato in tutti i paesi del Reich, che racconta come se fosse fantascienza una realtà in cui l’Asse non ha vinto la guerra ma è stato sconfitto dagli alleati…

The Man in the High Castle – questo il titolo originale – presenta un classico tema dickiano: chi ci dice che la realtà che ci circonda è la vera realtà e non uno sfondo di cartapesta costruito a nostra immagine e somiglianza? Dick riscrive la storia a modo suo, spostando il confine dell’Immaginario. Il romanzo doveva essere nelle intenzioni dello scrittore un trampolino di lancio verso quella letteratura mainstream a cui Dick aspirava da tempo. Finì invece per vincere il premio Hugo, ma diventò ben presto la sua opera più matura e un capolavoro assoluto.

Dick ha cercato, attraverso la sua narrativa intrisa di speculazione religiosa e filosofica, di scompaginare la realtà che lo circondava e destabilizzare il suo e il nostro orizzonte percettivo. Un tratto che è visibile nella caratterizzazione psicologica dei personaggi dei suoi romanzi, a cominciare proprio da quelli di L’Uomo dell’alto Castello.