J.T. Leroy è nato nel 1980: ha pubblicato parecchi racconti su molte riviste underground del panorama americano. La sua carriera come scrittore è iniziata intorno ai sedici anni sotto lo pseudonimo di Le Terminator. Sarah, pubblicato in America, è stato tra i romanzi di esordio più venduti nel 2000; Sarah, dopo esser stato pubblicato in Italia, sta anche per uscire in Inghilterra, Francia, Germania e Giappone. Gus van Sant sta lavorando insieme allo stesso Leroy a una trasposizione cinematografica. J.T. Leroy è stato salutato dalla critica come un novello Burroughs, un paragone un po' eccessivo; Leroy sa scrivere ma è mortalmente noioso: dopo le prime pagine ci si rende presto conto di aver a che fare con una favola nera il cui esito è scontato. Eppure in America è stato uno degli avvenimenti letterari più esaltati dalla critica, una critica che, evidentemente, o è diventata di manica larga capace di accontentarsi di qualsiasi scartafaccio perché fondamentalmente prezzolata, o le giovani leve della critica statunitensi sono all'asciutto di una vera cultura letteraria, quindi Leroy, per loro, può essere un grande scrittore al pari di Burroughs e Faulkner. La critica si è così espressa: Un romanzo formidabile che suona come una favola perversa, un'Alice nel paese delle meraviglie in acido (New York Times Book Review); ...straordinario... un debutto mozzafiato (The Guardian); il Wonderboy della letteratura...(Spin); ...una vera e propria rivelazione (Dennis Cooper); ...magico, comico, nero, indimenticabile (Suzanne Vega).

Sarah è basato su vicende autobiografiche, è la storia del dodicenne Cherry Vanilla, figlio della prostituta Sarah, che, in gara ideale con sua madre, inizia una grottesca carriera di 'lucciola' per camionisti nel West Virginia. Cherry Vanilla adotta come nome d'arte lo stesso di sua madre, Sarah. Si mette sotto la protezione del pappone Glad, che subito se ne innamora prevedendo per il giovane prostituto una grande carriera. Sarah emula la madre: fa gare di blowjobs, si veste come lei, emula ogni suo atteggiamento e positura; meta ultima di Cherry Vanilla è quella di esser donna, una donna migliore della madre, Sarah vuole essere una grande prostituta, la primadonna del West Virginia. All'inizio il giovane prostituto viene ben accolto nell'ambiente: le lucciole gli spiegano i trucchi del mestiere, ma lui vuole di più, ed allora fugge, fugge lontano. Si allontana dalla protezione di Glad e finisce fra le morbose mani di uno squallido quanto moderno Barbanera, LeLoup, che, in un primo momento, lo accoglie a braccia aperte vedendo in Sarah la 'santa delle prostitute', poi le cose cambiano.... La mercificazione del proprio corpo viene tradotta in santificazione: LeLoup crede che Sarah sia di sesso femminile, ma quando scopre che in realtà è un maschio non esita a castrarlo con le proprie mani e ad immolarlo sull'altare delle prostituzione. Per Sarah inizia un periodo assai duro: castrato, spogliato dei suoi abiti femminili, si ritrova a fare le marchette vestito da maschio con squallidi camionisti pervertiti. Sarah deluso/a cerca rifugio nell'alcol: ormai è diventato/a un marchettaro, un essere insignificante, il suo sogno di poter essere una lucciola è stato tagliato via dal suo destino; può dar via il culo ancora, può fare i migliori pompini del mondo, ma non potrà più vestire i panni femminili, questo Sarah lo sa perfettamente. La perdita del sesso segna inequivocabilmente una trasformazione dentro Sarah: la castrazione ha significato la perdita della sua presunta santità, della sua arte sessuale come prostituto. Suo desiderio è tornare a casa, dalla madre e da Glad; dopo mirabolanti avventure, Glad riesce a trovare Sarah, il suo protetto, e lo riconduce a casa. Ma una volta a casa, Sarah scopre che la madre se ne è andata via per sempre: ha fatto i bagagli e ha tagliato la corda senza neanche chiedersi che fine avesse fatto lui/lei, Sarah, suo/a figlia. La delusione è grande, forse più grande della perdita del pene; Glad, senza mezzi termini, gli fa capire che non potrà mai più tornare ad essere la Sarah di un tempo: ormai Sarah è un volgare marchettaro alcolizzato, un prostituto che ha perso la madre, la giovinezza, l'innocenza di prostituirsi per arte, per amore dell'arte. Sarah riconosce questa verità: non batte ciglio. La favola nera di Leroy si conclude così, niente di più.

Il libro è scritto con tono vivace, a volte l'ironia è macabra ma non manca di far sorridere; romanzo di iniziazione alla vita, favola moderna, stanca il lettore dopo le prime venti pagine; ci si rende conto che Sarah (Cherry Vanilla) vuole una madre e non potendo averne una, finisce con diventare madre di se stesso pur non rinunciando ad invocare e a cercare la genitrice naturale. La prostituzione di Sarah è all'inizio una forma espressiva, ma una volta che LeLoup scopre il suo vero sesso e lo castra, Sarah non può più essere madre di se stesso, deve quindi ritornare dalla sua genitrice, tentare almeno: tornare indietro fra le braccia della lucciola Sarah, La Madre, è l'unica possibilità che Cherry Vacilla/Sarah ha per tentare di acquistare una propria identità. Ma come si è detto, La Madre non c'è più: per lei Cherry Vanilla valeva poco o nulla e così muore per il giovane prostituto la speranza di riacquistare una sua identità, un conforto materno. Sarah/Cherry Vanilla diventa una Barbie senza né anima né corpo, una volgare Barbie che per continuare a tirare avanti non può far a meno di ubriacarsi.

Sarah è un romanzo che tenta di imitare la lucidità acida paranoica chirurgica antropologica di W. S. Burroughs, ma il risultato è tutt'altro che lodevole; manca di pathos, lo stile di J.T. Leroy è una pallida imitazione dello stile di Burroughs e Ballard. Imitare non significa aver stile, saper scrivere: per questo Sarah è un romanzo veramente palloso che dimostra come l'America, la sua nuova generazione di scrittori, è abituata a sfornare prodotti commerciali piuttosto che romanzi destinati a durare nel tempo. Sarah, romanzo di debutto del giovane Leroy, sarà presto dimenticato: dubito seriamente che in futuro sentiremo ancor parlare di lui. Tuttavia sono convinto che la critica americana esalterà ben presto un nuovo autore esordiente, lo porterà alle stelle per farlo durare giusto il tempo di consumare la moda del momento storico/letterario, e poi lo getterà tra le paglie delle sue innumerevoli stalle che accolgono tante e tante vittime del mercato letterario.