Un collage di omaggi - o scopiazzature a seconda dei gusti - al centro dei quali c’è la solita noiosissima storia familiare. Potremmo sintetizzare così il nostro giudizio su Terra Nova, la nuova serie creata da Craig Silverstein e Kelly Marcel e prodotta da Steven Spielberg che ha esordito con un doppio episodio pilota nei giorni scorsi sul canale americano Fox e che a breve andrà in onda anche in Italia sul canale omonimo di Sky.

Per correttezza nonostante il giudizio tranciante va riconosciuto alla serie un buon ritmo, per cui la visione è comunque piacevole. Molto probabilmente uno spettatore meno esperto non riconoscerà molti “riferimenti” e l’effetto collage sarà meno accentuato.

La parte iniziale dell’episodio è ambientata tra un paio di secoli su una terra desertificata. La descrizione è quella di un mondo al collasso, in cui non si può girare all’aperto senza filtro per respirare a causa della polvere. La popolazione è eccessiva e per legge non si possono avere più di due figli, e proprio questo è il crimine di cui sono colpevoli i protagonisti Jim Shannon (Jason O’Mara, Life on Mars) e la moglie Elizabeth (Shelly Conn): hanno una terza figlia, che tengono accuratamente nascosta. La situazione precipita e Jim finisce in galera per qualche anno, finché alla moglie non si presenta l’opportunità di emigrare a Terra Nova, un insediamento nel Cretaceo. La moglie fa fuggire il marito dal carcere con un espediente che sarebbe stato adeguato per una storia della Banda Bassotti (in sostanza la classica lima nella torta) e in qualche modo si ritrovano tutti dall’altra parte del tunnel temporale, 85 milioni di anni nel passato.

Qui finalmente vengono poste le basi narrative della serie. Conquista della frontiera? Misteri? Avventura? Non esattamente. Abbiamo invece una moglie scocciata perché il marito è riuscito a ridiventare un poliziotto anche in questo universo, un figlio che odia il padre perché s’era fatto mettere in galera, una figlia grande disadattata perché è troppo intelligente e una figlia piccola che si mette nei guai. Insomma, quello che potremmo definire “il tocco di Steven Spielberg”.

L’obiettivo principale degli sceneggiatori sembra essere quello lavorare su questi temi, mentre per quanto riguarda ambientazione e il corredo narrativo lo sforzo è stato ridotto al minimo, pescando a piene mani da panieri altrui.

Se le ambientazioni iniziali e soprattutto la scena in cui Jim porta a casa tra lo stupore della famiglia una vera arancia potevano farci sorridere accettandolo come omaggio al film degli anni settanta 2022 I sopravvissuti (Soylent Green), una volta piombati nel passato le somiglianze cominciano a risultare più fastidiose.

Innanzitutto, l’impianto generale della storia appare essere sostanzialmente identico a quello della serie britannica Outcasts. In quel caso era un pianeta, in questo caso il passato, ma la differenza è solo tecnica. Come in Outcasts abbiamo un insediamento su un pianeta vergine, popolato gradualmente da diversi scaglioni di immigrati (là erano astronavi, qui li chiamano “pellegrinaggi”, senza spiegare come mai la porta verso il passato venga aperta solo una volta all’anno). Come in Outcasts, scopriamo esserci un gruppo di rinnegati che mette in pericolo la neonata città di Terra Nova, e come in Outcasts scopriamo esserci tracce di vita intelligente che non dovrebbero esserci. Ci aggiungiamo che casualmente il protagonista in entrambi i casi è un poliziotto che nella vita precedente ha avuto guai con la giustizia?

Ci sono differenze, certo. In Outcasts i coloni vivevano in baracche di metallo prefabbricate, adattandosi a una vita di frontiera. In Terra Nova appena arrivata la famiglia Shannon riceve in dotazione una splendida villetta con giardino, tre camere, tutti i comfort elettrici ed elettronici, pavimenti di marmo e decorazioni alle pareti. Difficile immaginare come in una situazione del genere sia stato possibile investire tanti soldi per ogni singola famiglia di coloni (che non si sa quanti siano ma a giudicare dall’enorme colonna di persone che entra nel gate insieme agli Shannon sono tanti).

La differenza più rilevante però è la figura del capo dell’insediamento ed è spietato il confronto tra la figura controversa interpretata da Liam Cunningham in Outcasts e il “capo” tutto d’un pezzo, Nathaniel Taylor (il nome è un omaggio al Pianeta delle scimmie?), duro ma capace di riconoscere al volo le potenzialità dei suoi sottoposti, interpretato da quello Stephen Lang già visto nella parte del cattivissimo monodimensionale di Avatar.

La parte visiva è ovviamente in gran parte Jurassic Park con ampi riferimenti proprio ad Avatar. Abbiamo i soliti dinosauri carnivori grossi che inseguono le automobili (importa a qualcuno che siano carnotauri invece che carnosauri?), abbiamo i soliti dinosauri carnivori piccoli ma pericolosi e astuti (importa a qualcuno che siano acceraptor e non velociraptor?) e abbiamo anche i soliti dinosauri-mucca grandi grossi e bonaccioni (stavolta non banali brontosauri ma brachiosauri).

La serie è comunque stata messa in mano a gente che sa lavorare. Le riprese sono spettacolari, gli effetti speciali eccellenti, il ritmo è abbastanza sostenuto.

Gli attori almeno in questo primo episodio non hanno saputo mostrare gran che, forse con l'eccezione di Allison Miller (che qualcuno ricorderà nella bella e sfortunata serie Kings).

Quello che abbiamo visto però era il pilot, e ci chiediamo come possa proseguire la serie. Il nostro timore è che si sprecherà un sacco di tempo seguendo i problemi interpersonali della famiglia Shannon, che a ogni puntata a rotazione uno dei figli si metterà nei guai e sarà necessario salvarlo, che le scene madri saranno gli abbracci tra padre e figlio o le loro litigate, e via di seguito. Le altre linee narrative messe in campo per il momento appaiono molto deboli: sono sostanzialmente due, il conflitto con i sixers e il mistero del figlio scomparso di Taylor. Ma è possibile che i prossimi episodi introducano qualcosa di nuovo.

Il primo episodio in USA ha avuto ascolti non del tutto soddisfacenti, e va ricordato che tra i produttori c’è Brannon Braga, al quale ultimamente riesce difficile arrivare anche solo alla fine della prima stagione.

Le risorse per fare una buona serie le hanno, vedremo se riusciranno a trovare anche le idee. Per ora non ne abbiamo viste.