Chissà che non sia lo spunto per il rilancio in grande stile della space opera. Arriva dagli USA l’annuncio che la Nasa ha raggiunto un accordo con Tor Books per la pubblicazione di romanzi fantascientifici ispirati alle future missioni americane nello spazio (se ce ne saranno, visti i chiari di Luna…). In particolare il Goddard Space Flight Center di Greenbelt fornirà tecnici e scienziati, Tor Books ci metterà gli scrittori (o i ghost writer, non è chiaro).
"Chi lavora in ambito scientifico o tecnologico riconosce spesso che la fantascienza è stata motivo di ispirazione per le proprie scelte lavorative. La popolarità del genere è l’elemento chiave dell’accordo. L’obiettivo è far leva sui romanzi per gettare un ponte su un pubblico ampio e generare consapevolezza sul ruolo significativo della NASA nella quotidianità delle nostre vite”.
Sono le dichiarazioni dell’ufficio stampa NASA, che fanno il paio con quelle non meno soddisfatte di Tom Doherty, fondatore del gruppo editoriale che porta il suo nome, di cui fa parte anche la Tor Books: “Quando ero piccolo, i romanzi di Isaac Asimov, Robert Heinlein e altri loro colleghi mi hanno trasmesso il fascino dello spazio e delle tecnologie che ci avrebbero consentito di raggiungerlo. Da Fulton e la sua nave a vapore fino alla Silicon Valley e Internet, gli americani più innovativi hanno costruito il futuro in cui guidiamo il mondo".
Dichiarazioni trionfalistiche a parte, l’intento di generare interesse sulle attività Nasa, in particolare fra gli studenti STEM (acronimo inglese che raccoglie quattro materie: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) rimette al centro dell’attenzione la fantascienza come genere, affidandole compiti educativi e sociali. Un ruolo strategico che altrove fatica a essere riconosciuto (eufemismo per l’Italia).
Se poi, giova ricordarlo, scende in campo un gigante della fantascienza come Tor Books, vincitore dei Locus Awards come miglior editore per vent’anni di fila e con una scuderia di nomi in stile “dream team” (Charles Stross, John Scalzi, Cory Doctorow, Robert J. Sawyer, Stephen Baxter, tanto per citarne qualcuno a caso…), c’è da sperare in qualche buona lettura. Non resta che aspettare le prime pagine stampate, augurandosi che la Nasa si veda garantiti i fondi per poter raccontare, più che immaginare, avventure fra le stelle. O magari su Marte.
2 commenti
Aggiungi un commentoOperazione che mi trova pienamente d'accordo, sia come lettore di SF che come "divoratore" di divulgazione scientifica.
Leggendo le biografie dei grandi della scienza, ricorre spesso un racconto o un libro di fantacienza che in qualche modo li ha ispirati nelle loro scelte scolastiche e professionali.
Non c'è da meravigliarsi se i tanti gadget che si trovano ormai normalmente nelle nostre case o nelle nostre tasche assomigliano così tanto a quelli descritti nella fantascienza di qualche anno fa!
Considerata la moda odierna per la letteratura fantasy, il rischio di trovarci tra qualche hanno più aspiranti alchimisti che chimici, più astrologhi che astronomi, più "maghi" che ingegneri, è forte!
E' già così. Hai presenti tutti quei laureati che finiscono a lavorare nei call center ?
Più seriamente, la mia impressione è che (almeno qui in italia) la formazione scolastica è assai carente dal punto di vista scientifico.
Certi concetti di base vengono insegnati come si insegna la grammatica e questo porta a "perdere" un sacco di studenti che finiscono con il pensare che matematica e scienza non facciano per loro; alla fine il sistema educativo produce scienziati ed ingegneri in gamba non perchè "funziona bene" ma perchè viene fatta una selezione inutilmente brutale.
Non so se succede a tutti, ma avete presente quando un modello teorico o un concetto diventa "parte di noi", quello che in altri contesti viene detto "acquisire lo Zen" oppure "grokkare" (termine coniato da R.A. Heinlein in Straniero in Terra Straniera) ?
Intendo quando qualcosa diventa "semplice come respirare" che richiede comunque uno sforzo mentale, ma non più come prima quando lo si stava apprendendo.
Ecco, quello dovrebbe essere l'obiettivo finale.
Un esempio classico sono i numeri complessi, è estremamente raro trovare qualcuno che insegni il concetto in modo "semplice ed immediato" e per molti restano "qualcosa di strano ed alieno" quando invece sono banalmente semplici una volta capito da dove spuntano fuori.
Idem per il calcolo matriciale (ed in particolare) i determinanti.
Il più delle volte li si insegna a colpi di definizioni e teoremi senza spiegare "il grande schema" che c'e' dietro (ed e' pure semplice da capire) e che permette ci comprendere e ricordare il tutto in modo più semplice e veloce.
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