Prima parte dell'ultimo capitolo della saga cinematografica di Harry Potter, I doni della morte è un film che, evidentemente, più di altri è destinato principalmente ad un pubblico di fans e, soprattutto, a chi ha seguito i sei film precedenti che questo decennio ci ha mostrato.

Una pellicola necessariamente più adulta e dinamica rispetto alle altre che incontra due ostacoli: quello di non finire (l'ultimo film uscirà a metà del prossimo luglio) e quello di avere qualche momento di noia in più per una strana ricerca intimista, talora, apparentemente ridondante.

In realtà, però, Harry Potter e i Doni della Morte - Parte I è il film più maturo dei sette che abbiamo visto e non solo perché, come i protagonisti, il pubblico di riferimento è cresciuto. Il motivo è più complesso e, certamente, più problematico. Voldemort, rappresentato con una punta di agghiacciante follia da Ralph Fiennes, dimostra il suo desiderio di epurazione etnica di babbani e mezzosangue, puntando ad una razza pura di maghi. Ecco, perché il Ministero della magia assomiglia ad uno dei centri di potere della Berlino hitleriana ed ecco anche perché i toni del film ricordano le tante pulizie etniche del Novecento.

Perso progressivamente il tono puramente fantasy e leggero, la saga di Harry Potter al cinema, ha assunto sempre di più una forza espressiva dinamica e dark che fa riferimento a temi più adulti in cui i protagonisti in piena adolescenza, sentono fortemente agitarsi le pulsioni del cuore oltreché quelle della paura nei confronti di un avvenire che questo film presenta in maniera decisamente tetra.

Non c'è tempo, però, per innamorarsi e nonostante il matrimonio che apre il film, è la guerra a dominare questa storia che racconta di un Harry Potter braccato insieme ai suoi amici e di un mondo magico oppresso dal potere di Voldemort e del suo potere malvagio.

Un film, in un certo senso, deprimente, perché deprivato dell'inevitabile catarsi finale, lascia Harry Potter & Co. alle prese con un momento drammatico con 'voi sapete chi' che entra in possesso di un potere enorme che lo renderà ancora più pericoloso e molto difficile da sconfiggere. 

Interessante dal punto di vista emotivo ed educazionale, più curato sotto l'aspetto della psicologia dei personaggi, il film, però, soffre della regia discontinua di Yates che utilizza la sua esperienza nel genere thriller e una fotografia piuttosto cupa per un'azione piena di momenti drammatici, puntellati da momenti più 'leggeri' e divertenti come nella tradizione di Harry Potter.

Notevole, come sempre, la parata di grandi attori britannici cui si aggiungono un cattivissimo Peter Mullan e un'interpretazione straordinaria da parte di Helena Bonham Carter.

Sebbene non straordinario, un film interessante e commovente che, però, senza alcun crescendo, lascia in sospeso troppi quesiti e che apprezzeremo certamente molto di più quando potrà essere visto insieme alla sua seconda parte in cui avverrà l'inevitabile scontro finale tra Harry Potter e Voldemort.