Praticamente è la versione shooter di un editor di livelli. O la rivisitazione sparacchina di un god game. Avviato Populous, la prima cosa che si sperimentava era plasmare il territorio alzando montagne con la potenza di un dio. Su queste dinamiche i Day 1 Studios di Mechassault hanno costruito un gioco tutta azione, Fracture, ambientato in un'America del futuro devastata dalla guerra civile.

Star indiscussa del videogame è l'entrencher gun, l'arma in grado di modificare il terreno, esattamente come si fa in cabina di regia quando si disegna una mappa, con la differenza che nel titolo Lucasarts ogni alterazione avviene in tempo reale, mentre infuria la battaglia. Un sistema con il quale spezzettare la carneficina con enigmi morfologici e che aggiunge variabili interessanti ai soliti scontri uno contro tutti, consentendo per esempio di erigere barriere di fortuna istantanee dietro cui ripararsi dal fuoco nemico così come scavare trincee o, per chi preferisce un atteggiamento più offensivo, far letteralmente scomparire il terreno sotto i piedi degli avversari.

Pur rivelandosi in fin dei conti uno shooter in terza persona piuttosto classico e per certi versi derivativo, accanto alla visione futuristica di questa o quell'arma e alle granate deformanti in tema con l'entrencher, gli artificieri di Day 1 si sono divertiti a realizzare un arsenale vivace, che conta, tra gli altri, un cannone molecolare capace di materializzare massi che rotolano addosso a chiunque nei paraggi (attenzione al fuoco amico!), un raggio congelante per poi mandare in frantumi le belle statuine con il calcio del fucile, una bomba dalla quale scaturisce un vortice inarrestabile espressione delle più sofisticate leggi fisiche oggi tanto di moda e un lanciamissili sotterranei, che ricorda la mitica Land Shark gun di Armed and Dangerous. Elementi che però tutti assieme non sempre scorrono felici, complice un'intelligenza artificiale più interessata alle zuffe che al ragionamento.

La stessa ambientazione, sulla carta affascinante speculazione su riscaldamento globale e ricerca genetica, alla base della divisione degli Usa in due blocchi contrapposti, non gode di abbastanza spazio nell'economia dell'avventura. La storia viene relegata eccessivamente sullo sfondo, personaggi e situazioni sono abbandonati troppo in fretta e senza motivi apparenti, se non la corsa alla chiusura di un primo capitolo, che ovviamente rimanda a ipotetici sviluppi successivi. Il problema è che Fracture, come prologo, fa poco per spingere a chiederne ancora, nonostante il videogame abbia idee originali e i suoi momenti: l'inizio, giocato nella baia di San Francisco, attorno al Golden Gate, al cospetto di un colosso robotico, e più avanti, in missione tra i resti scheletrici della capitale degli States in rovina. Oltre alla colonna sonora firmata da Michael Giacchino.