Un ibrido avveniristico di cyberpunk, western e steampunk ambientato in quello che potrebbe assomigliare ad un incubo sul giappone medioevale proiettato nel futuro...

Alex Shiekman si è sempre occupato di illustrazioni per giochi di ruolo concedendosi solo brevi e non significative puntate nel mondo del fumetto. I suoi disegni si trovano disseminati nei vari manuali della casa editrice White Wolf a ritrarre con atmosfere cupe ed un pò visionarie vampiri, lupi mannari o maghi dai poteri mistico-tecnologici. Quasi a voler dimostrare che non è solo un artista one-shot, che si ferma ad un buon istinto grafico ma senza nulla sotto, l'autore concepisce Robotika: un'opera completa e fortemente ambiziosa in cui lo vediamo sia ai disegni che alla sceneggiatura ed ai dialoghi.

La prima impressione è quella di trovarsi proprio in un contesto da gioco di ruolo in cui i partecipanti, non riuscendo ad accordarsi su di una linea di fondo, abbiano provato a mischiare nello stesso contenitore tutto quello che poteva rivelarsi cool al momento. Il difficile, leggendo questo fumetto, non è tanto riuscire ad inserirlo in un qualche particolare ambito narrativo quanto districarsi fra le innumerevoli suggestioni che sono state pigiate a forza le une sulle altre nella storia. Cercate un pistolero dalla battuta facile e con un passato burrascoso, tentacoli che farebbero invidia a Lovecraft, un silenzioso protagonista abile nei duelli di spada, biotecnologia, cyborg o avvenenti e discinte donne killer? Qui troverete tutto questo ed anche di più condito in tavole dalla struttura fluida, dai colori brillanti e dal'estetica impeccabile. Non tanto impeccabile si rivela però l'economia della vicenda che tratta in modo superficiale tutti i suoi elementi, come a voler ricordare che non sempre la quantità è indice di qualità. Un ritmo narrativo con alti e bassi porta il lettore attraverso eventi che mancanto spesso di coerenza e si legano a fatica con quanto li precede, lasciando l'amaro in bocca di un incompiuto che avrebbe potuto essere ma non è. I personaggi finiscono per diventare solo stereotipi e si muovono come burattini retti da fili troppo evidenti mossi così male da eliminare anche il pathos dato dalla loro condizione ineluttabile. Un'opera insomma da inizio carriera che pecca sì di eccessiva ambizione ed ingordigia ma che potrebbe essere un buon punto di partenza per l'evoluzione di un artista solo agli esordi nel mondo del fumetto. Un guazzabuglio di trovate originali e a volte geniali, come il lettering verticale di Cherokee Geisha, perdute in qualcosa che le affoga invece di esaltarle.

Arte ben congegnata, più attinente al campo grafico e delle illustrazioni che al classico disegno “da fumetto” e piena di suggestioni art-nouveau quanto asiatiche con brillanti colori ed un buon uso dell’effetto di chiaroscuro. Un po’ in difficoltà nel ritrarre scene d’azione ma ottima per gli sfondi, le ambientazioni e le inquadrature statiche.