La scorsa settimana il britannico Charlie Stross è stato invitato a Monaco per parlare di futuro. L'occasione è stata offerta dall'open day organizzato dalla società tedesca di consulenza informatica TNG Technology Consulting, specializzata nel settore dell'information technology. La scelta del nome non sembra essere stata casuale, vista l'affinità di Stross con tutto quanto concerne la tecnologia, come testimoniano le sue opere e i riconoscimenti tributatigli tra gli altri anche dalla WTA, l'associazione che raccoglie i transumanisti di tutto il mondo. In questi giorni Stross approda dopo una lunga attesa anche nelle librerie italiane con Giungla di cemento (vincitore del Premio Hugo 2005, DelosBooks Odissea), che sarà seguito a breve da quella che è già considerata una pietra miliare dell'emergente filone postumanista, l'acclamato Accelerando (in uscita per Armenia quest'estate).

A Monaco Stross ha colto la palla al balzo per fare subito una distinzione tra la futorologia e la fantascienza: un genere letterario non può avere come unico obiettivo l'anticipazione del futuro, ha ribadito ai presenti. A dimostrare quanto sbagliato sia questo preconcetto, Stross ha confessato che sono ormai quasi quarant'anni che aspetta quelle macchine volanti che gli venivano promesse dai fumetti, dai libri e dai film che costituivano la sua dieta culturale da adolescente. "Le previsioni di uno scrittore di fantascienza possono rivelarsi altrettanto sbagliate di quelle di chiunque altri" ha ribadito, avvisando poi: "Piuttosto, siccome non siamo legati a un campo specifico, dovremmo riuscire a tenere gli occhi aperti, pronti ad eventuali sorprese".

Una delle più grandi sorprese del XX secolo è stata per Stross la ridefinizione dei ritmi del progresso che ha avuto luogo tra gli anni '50 e i

'70. "Fino al 1800 un uomo non poteva andare più veloce di quanto gli fosse concesso da un cavallo lanciato al galoppo. L'esperienza del viaggio era scomoda, lenta [...] ma poi è accaduto qualcosa di imprevisto: la velocità, da costante quale era stata durante tutta la storia dell'umanità, divenne all'improviso una variabile". Il limite superiore concesso a un uomo già nel 1980 si era spostato nell'intervallo tra Mach 1 e Mach 2 (ovvero tra una e due volte la velocità del suono nell'aria, pari a poco più di mille chilometri orari), ma da allora non è più cresciuta di molto. Se volessimo rappresentare graficamente la curva del progresso nei trasporti, ha fatto notare Stross, troveremmo il classico andamento sigmoidale che si riscontra in molti fenomeni naturali (come per esempio la crescita demografica di popolazioni umane e animali): dopo una lunga, impercettibile crescita, il progresso s'impenna all'improvviso ma poi si addolcisce e si assesta verso un valore asintotico di equilibrio: "Oggi, il veicolo più veloce che sia mai stato costruito, ovvero la sonda della NASA New Horizon attualmente in viaggio verso Plutone, viaggia a 21 chilometri al secondo, che è appena il doppio della velocità di una navetta Apollo degli anni '60. Quarantacinque anni per raddoppiare la velocità massima; negli anni '30 ci sarebbero voluti solo dieci anni!" ha osservato Stross. "Ma un effetto collaterale dell'accorciamento dei tempi di trasporto è stato che la gente ha cominciato a viaggiare di più. Con una semplice ricerca su Google ho appreso che nel 1900 un cittadino americano medio percorreva 210 miglia all'anno su un treno a vapore, e 130 miglia sulle linee elettrificate. Oggi un uomo percorre in media 16mila chilometri tra strada, rotte aeree e ferrovia [...] con una riduzione di cinque volte del consumo di energia necessario", anche se poi l'entità maggiore, più popolare e più veloce degli spostamenti "comporta in definitiva un consumo energetico notevolmente maggiore".

Ma anche il progresso su quel fronte è stato niente rispetto all'avanzamento conosciuto dalla tecnologia dell'informazione: a questo proposito Stross mette in evidenza come il grafico della crescita, a differenza della velocità dei trasporti, non mostra segni di indebolimento ma descrive una curva esponenziale la cui pendenza dall'Ottocento all'alba del nuovo millennio, e ancora oggi nel 2007, continua ad aumentare sempre di più, diventando sempre più ripida. Il progresso in questo campo riflette l'aumento della scala di integrazione dei chip su silicio, che secondo la celeberrima Legge di Moore raddoppia ogni 18 mesi. Questa ipotesi, formulata negli anni '60, finora non è mai stata smentita: la tecnologia è effettivamente avanzata attenendosi al monito silenzioso di questa legge empirica, comportando un raddoppiamento delle prestazioni dei dispositivi elettronici con cadenze periodiche, ogni anno e mezzo. La tendenza proseguirà ovviamente fino a incontrare il suo limite fisico, rappresentato dalla barriera della nanoscala: dopo, la tecnologia dovrà trovare un nuovo sbocco per il suo impulso. "Andrà avanti" ha commentato Stross, "finché un giorno non ci sveglieremo e scopriremo di avere infranto quell'ultimo muro". Ma non c'è da preoccuparsi, ci rassicura, "i computer e i microprocessori non sono il futuro. Sono il futuro di ieri" ha chiosato, "e il futuro sarà sicuramente qualcos'altro". La naturale evoluzione della Legge di Moore non a caso è la Teoria della Singolarità Tecnologica, che sancisce l'impossibilità di estrapolazione oltre una certa soglia, proposta per la prima volta dallo scrittore Vernor Vinge all'inizio degli anni Novanta, e divenuta da allora argomento di discussione tanto per la comunità scientifica quanto per le nuove generazioni di scrittori, tra cui primeggia la leva britannica di cui Stross è parte.

Direttamente collegata all'incremento nella velocità dei trasporti e al processamento dell'informazione è l'estensione dell'ampiezza di banda delle comunicazioni. Viviamo in un paesaggio ipertecnologico, in cui microprocessori sempre più compatti per l'elaborazione veloce dei segnali sono praticamente ovunque intorno a noi, hanno invaso il nostro ambiente quotidiano e il nostro spazio domestico. "Già oggi ci sono quasi più cellulari nell'Unione Europea di quanti siano i suoi abitanti. Ogni cellulare è un computer in miniatura, e mentre la tecnologia UMTS di terza generazione si appresta a tagliare il traguardo del Megabit, lo standard 4G della prossima generazione mira già ai 100 Mbps". Ma l'assalto delle nuove tecnologie non sarà privo di conseguenze. "Tipicamente occorre una generazione prima che l'impatto sociale di una tecnologia largamente diffusa risulti evidente. Noi oggi siamo consapevoli della rivoluzione comportata dal trasporto privato ad altra velocità: le arterie di comunicazione hanno modellato le nostre città e il paesaggio delle nostre nazioni, producendo effetti collaterali che i nostri antenati non potevano prevedere, come l'inquinamento da polveri sottili, l'urbanizzazione selvaggia e il degrado di alcuni centri cittadini". Questo ha comportato anche una delocalizzazione delle comunità: non è più così insolito come lo era un secolo fa per una persona vivere lontano dai parenti o dal luogo di lavoro, per esempio, oppure è facile notare come i principali esercizi commerciali lungo le vie maggiori delle grandi città si somiglino tutti, come se tra il Giappone, la Gran Bretagna, l'Italia, la Francia o gli Stati Uniti non esistesse alcuna differenza. La tecnologia modella il paesaggio e di conseguenza il mondo in cui viviamo, ci ha tenuto a mettere in evidenza Stross. "Capita così che spesso non conosciamo i nostri vicini così bene come gente che abita a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. Ma siamo ancora agli albori delle comunicazioni mobili. Le linee fisse tradizionali connettono luoghi: quando componiamo un numero dobbiamo sperare di trovare presso il recapito selezionato il destinatario della chiamata. I cellulari connettono al contrario persone, non luoghi. Quando componiamo un numero non sappiamo dove si trovi la persona all'altro capo della linea, ma sappiamo chi troviamo dall'altra parte. Questo ha interessanti effetti sociali, alcuni benigni, permettendoci di non perdere i contatti con i nostri conoscenti; altri negativi, come l'adozione dei cellulari in numerosi episodi di bullismo".

"E' ancora più complicato prevedere le conseguenze del secondo ordine delle nuove tecnologie quando queste cominciano a incontrarsi, fondersi e ibridarsi reciprocamente" ha sottolineato Stross, lanciandosi subito dopo in una entusiasmante cavalcata di fantasia, su come potrebbe cambiare per esempio il nostro approccio all'immagazzinamento dei dati. Oggi per alcune decine di euro possiamo procurarci una memoria FLASH da 1 Gb, fra dieci anni sarà possibile arrivare a 100 Gb e nel giro di due decadi potrebbero essere commercializzate memorie non volatili in stato solido da 10 Tb. 10 Tb, grosso modo un megabit per ogni secondo dell'anno, ha voluto rimarcare Stross, apprestandosi al balzo successivo. Immaginiamo cosa potrebbero permetterci di fare le nanotecnologie, potendo manipolare direttamente gli atomi di Carbonio-12 e Carbonio-13 che si alternano nel reticolo cristallino di un diamante. Codificando con coppie di atomi i bit 0 e 1, sarebbe sufficiente un diamante del peso di 600 grammi per immagazzinare i dati di cui l'intera popolazione mondiale fa uso in un anno. 60 kg basterebbero per un secolo. "Secondo una stima del 2006 gli archivi di Google ammontavano a 4 petabytes (4000 Tb) di RAM: poco più di dieci milligrammi. Occorrerebbe un microscopio per vederli su un diamante".

Da questo discorso Stross si è riallacciato alla Singolarità. A distanza di

circa quindici anni dalla sua formulazione pubblica, si tratta di un tema che continua a stimolare il dibattito. A prescindere dalla possibilità o meno di arrivare un giorno a costruire la prima Intelligenza Artificiale, che da quel punto in poi guiderà da sé (con le sue successive generazioni) l'evoluzione del progresso, alternative a questa strada sono rappresentate dall'amplificazione cognitiva, dallo sviluppo della Rete o dall'uso di protesi mnemoniche, magari derivate direttamente dall'idea di realizzarle in piccoli cristalli adamantini. Ma esiti altrettanto sorprendenti possono essere auspicati valutando la convergenza del progresso nei trasporti, nel processamento dell'informazione e nell'estensione della banda adottata per le comunicazioni. Lanciandosi in un ultimo volo nel futuro, Stross ha immaginato gli abitanti del domani, quando la facilità di immagazzinamento dei dati renderà possibile la costruzione di una "Storia Totale", permettendo di documentare tutte le esperienze di vita di ogni singolo abitante della Terra, e quindi tutti gli eventi: "Sono sicuro che il rapporto dei nostri discendenti con la loro storia sarà completamente diverso dal nostro, in quanto loro potranno scrutarla con un livello di profondità e chiarezza che nessuno ha mai sperimentato prima".

Ma ci sarà anche un controllo più diffuso, quasi capillare, con la complicità della videosorveglianza satellitare. "I nostri discendenti non sapranno cosa vuol dire perdersi, non capiranno il senso della parola "privacy" e prima o poi avranno accesso a una rappresentazione storica della nostra specie che sfida la comprensione. […] Queste tendenze si stanno già manifestando nell’inclinazione attuale dell’industria delle telecomunicazioni e probabilmente diverranno evidenti come gli stravolgimenti culturali di maggior rilievo nel giro di dieci-trent’anni. Nessuna di esse richiederà altro se non una progressione lineare dal suo stato attuale, in una direzione in cui già ora si stanno muovendo. E nessuna di queste stime tiene in debito conto gli effetti delle eventuali sinergie tecnologiche esterne, cose non tanto ovvie né facilmente preventivabili come l’interfaccia mente/macchina, l’intelligenza artificiale e altre meraviglie". Qualsiasi cosa possiamo immaginare oggi, il futuro riuscirà a riservarci delle sorprese. Parola di Charlie Stross.