Anche quest’anno gli editori hanno voluto confezionare per gli appassionati italiani di fantascienza un’estate all’insegna di Charlie Stross. Il poliedrico autore inglese sbarca nelle nostre librerie con due titoli nel giro di qualche settimana, il presente L’alba del disastro e la novella Universo Distorto (Delos Books), di cui parleremo presto. E dopo il duplice evento del 2007, quando Armenia ci offrì finalmente l’acclamato Accelerando come titolo d’esordio della sua nuova collana fantascientifica e la Delos Books presentò lo sfrenato Giungla di cemento, possiamo tranquillamente affermare che il ritorno di Stross non è stato meno esplosivo.

L’alba del disastro è in realtà il titolo più vecchio tra quelli di Stross finora usciti in Italia. Risale infatti al 2004 e insieme allo scenario riprende anche alcuni personaggi di Singularity Sky (il suo romanzo d’esordio, datato 2003), ma è sufficientemente slegato da questo da renderne perfettamente godibile la lettura stand alone. Gli eventi evocati tra queste pagine, come pure il ritorno di Rachel Mansour e del suo compagno Martin Springfield, non appesantiscono o complicano la comprensione dello sfondo, ma anzi servono a regalare al lettore una visione prospettica di cui non si può che essere grati all’autore. L’universo messo in piedi è di quelli complessi e affascinanti che ogni amante della space opera non può non apprezzare: viaggi a velocità iperluce, società planetarie evolutesi da un sostrato comune che le accomuna al di là delle ultime divergenze storiche, entità oscure che trascendono le azioni e la cognizione degli uomini. L’invenzione più originale di questo scenario futuro è senz’altro Eschaton, un’entità postumana emersa dagli albori della singolarità e presto trascesa in una sorta di imperscrutabile Demiurgo. Per proteggere la propria linea di vita (il proprio “cono storico di luce”), nel futuro come nel passato, Eschaton non ha esitato a operare una vera e propria deportazione di massa dell’umanità, disperdendo tra le stelle il seme dell’uomo:

Nella scia della singolarità, Eschaton era apparentemente svanito dalla Terra, lasciandosi alle spalle una rete danneggiata, città spopolate, il periodo che generalmente segue un disastro che scuote un pianeta… e tre comandamenti intagliata sul fianco di un cubo di diamante compatto di dieci metri:

1. Io sono Eschaton. Non sono il tuo dio.

2. Discendo da te ed esisto nel tuo futuro.

3. Tu non violerai la causalità all’interno del mio cono storico di luce. Altrimenti…

A circa tre secoli dall’evento, ci ritroviamo nel ventiquattresimo secolo e le minacce portate alla sicurezza del demiurgo e alla sopravvivenza dell’umanità come noi la conosciamo non sono affatto scongiurate. Una complessa e oscura cospirazione viene infatti architettata da una ambigua fazione politica dagli inquietanti tratti nazistoidi: si fanno chiamare RiMasterizzati e, un pianeta dopo l’altro, stanno infiltrando decine di società in un’avanzata silenziosa e strisciante che ha come obiettivo finale l’assimilazione dell’umanità, la cancellazione di Eschaton e la sua sostituzione con l’insieme simulato delle coscienze dei loro estinti, che loro chiamano “dio non nato”. A contrastare questi folli piani di conquista dovranno pensarci proprio Rachel, agente della Camera Nera al servizio delle Nazioni Unite, e Martin, l’uomo di Eschaton.

L’avvio è di quelli mozzafiato, che calano subito nel cuore degli eventi. E l’evento, in questo caso particolare, è l’alba del ferro echeggiata nel titolo originale del romanzo (Iron Sunrise), l’improvvisa trasformazione di una comune stella gialla di classe G, nel cuore della sequenza principale del suo ciclo evolutivo, in una supernova, con conseguente annientamento delle comunità umane stanziate nella sua orbita. Una delle poche sopravissute al disastro, la giovanissima Wednesday Shadowmist, viene guidata dal suo amico immaginario, uno spettro digitale di nome Herman, alla scoperta di una terribile verità nascosta dietro il genocidio di Nuova Mosca. E mentre emergono ulteriori risvolti, si scopre che prima della sua cancellazione il governo di Nuova Mosca aveva predisposto un piano vendicatore come misura estrema a un eventuale attacco nemico: quattro bombardieri in grado di distruggere un pianeta sono ora in viaggio verso una destinazione non ancora certa. Quello che è certo è che il loro intervento, qualora non venisse richiamato dal corpo diplomatico superstite del governo estinto, potrà portare a nuove tragiche conseguenze per miliardi di esseri umani.

Tra capovolgimenti di fronte e colpi di scena, Stross accompagna il lettore in questo tour de force spaziale, seguendo lo svolgimento degli eventi da molteplici punti di vista, portando in scena una galleria di personaggi che passano dalla definizione compiuta delle psicologie femminili (e molte sono le donne che si contendono la scena del romanzo) a quelle più sfumate dei comprimari maschili. Senza risparmiarci sorprese nella consueta rete delle citazioni (che stavolta spazia da L’incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon al conflitto tra la Federazione e i Borg di Star Trek), Stross non rinuncia nemmeno alle numerose trasfigurazioni letterarie della sua cultura informatica, anche se il risultato è meno pervasivo di Accelerando e deve senz’altro molto al mondo di Ghost in the Shell creato da Masamune Shirow e sdoganato dai lungometraggi di Mamoru Oshii. Un punto di forza de L’alba del disastro è senz’altro la maturità di non indulgere nel ricorso al deus ex machina, che risulterebbe fin troppo facile con un’entità come Eschaton a manovrare sullo sfondo. L’impiego dei suoi agenti da parte di Stross è invece dosato nella giusta misura, in modo da non risultare mai invasivo né scontato.

Se confrontato con Accelerando, questo romanzo risulta molto meno ambizioso, ma non è certo questo un punto di debolezza. Lascia piuttosto perplessi, in alcuni punti nel corpo centrale del libro, l’alternanza tra il tono grave richiesto da un argomento come il genocidio di un popolo e l’estirpazione delle radici culturali, sociali e familiari della sfortunata Wednesday e l’alleggerimento di alcune parentesi, anche frivole, tendenti a un umorismo di marca inglese. Ma questa dissonanza percepita in corso di lettura si risolve compiutamente nel finale, dove tutti i nodi finiscono per sciogliersi e si lascia Stross con la convinzione di una ennesima ottima lettura, impreziosita dal coraggio di aver riportato in ambito fantascientifico un tema scottante come lo sterminio di massa. Dopo i Balcani, dopo il Kurdistan, dopo il Ruanda, rendono merito alle capacità di analisi e responsabilizzazione del genere lavori come i romanzi di Richard K. Morgan o come questo di Charles Stross.