Robert J. Sawyer è considerato unanimemente tra i più interessanti scrittori di fantascienza degli ultimi anni. Vincitore di un Premio Nebula e finalista più volte allo Hugo, Sawyer riesce a contaminare i generi letterari, regalando al lettore romanzi di indubbio fascino. Ne è un lampante esempio La genesi della specie (Hominids, 2002), pubblicato da Fanucci Editore e vincitore del Premio Hugo 2003.

In una Terra parallela alla nostra, abitata da una moderna società di Neanderthal, Ponter Boddit è uno scienziato che durante un esperimento di calcolo quantistico viene accidentalmente scagliato dal suo al nostro universo. Il Neanderthal diviene inevitabilmente l'oggetto di studio di un gruppo di ricercatori ed esperti, tra cui la genetista Mary Vaughan. Nello stesso tempo, nella dimensione dei Neanderthal, il compagno di Ponter, Adikor Huld, viene accusato del suo omicidio e costretto a subire un processo.

Sawyer sviluppa una credibile società di Neanderthal, pescando a piene mani dalle conoscenze antropologiche che abbiamo sulla specie estinta, a cui aggiunge la sua fervida immaginazione. Ne vien fuori il ritratto di una comunità che non conosce la religione, dove chi commette un crimine è sterilizzato - così come i suoi parenti prossimi - e dove vige una rigida separazione fra i sessi, finalizzata al controllo della natalità. Ogni Neanderthal è dotato fin dalla nascita di un computer incastonato nel braccio che registra tutta la vita di chi lo porta. Ma lo scrittore canadese usa il corpo sociale dei Neanderthal per analizzare i difetti e le storture della nostra realtà postindustriale. Quella dei nostri "cugini" sembra una società utopistica, che però per certi versi assomiglia a Dysneland e per altri all'universo razionale e meccanico de Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley.

Il plot si divide a metà tra la vicenda di Ponter Boddit, intento a scoprire e svelare le contraddizioni del nostro modo di vivere, e le vicissitudini legali del suo amico Adikor Huld nella società Neanderthal. E' intrigante come Sawyer riesca a mescolare il legal thriller con la fantascienza, anche se la storia non raggiunge la giusta tensione, a causa soprattutto della prosa un po' ripetitiva e didascalica. Sawyer sembra preoccuparsi più della verosimiglianza scientifica della vicenda che della scrittura e della psicologia dei personaggi.

Un po' stereotipati anche i personaggi, soprattutto quelli umani - a cominciare dalla genetista Mary Vaughan, lo scienziato terrestre che si prenderà più cura del Neanderthal -, e alcune vicende secondarie che compongono la struttura della storia.

Nel complesso La genesi della specie è un romanzo che si lascia leggere, ma lascia la sensazione di aver letto un bel romanzo senza però mordente.