In un episodio della terza stagione di Star Trek della serie classica, Viaggio verso Eden (The Way to Eden), lo spettatore non può non riconoscere nel personaggio del Dottor Sevrin - e del gruppo di giovani idealisti di cui è il leader - il rappresentate tipo della cultura hippie. Non è un caso. La serie televisiva di Gene Roddenberry ha avuto anche il merito di raccontare l’America degli anni in cui è stata prodotta ed è andata in onda: i favolosi anni ’60. Un decennio ricco di fermenti culturali, sociali e politici i cui effetti si sarebbero riversati, come un magma ribollente, anche nei decenni successivi. Di quel periodo e, soprattutto, della cultura e della controcultura in America rende efficacemente conto il volume di Salvatore Proietti Hippies! Dall’India alla California la road map del ’68 (Cooper, 2008).

Il saggio - che è l’aggiornamento di un precedente lavoro del critico letterario - può essere letto su più livelli. Il primo è quello storico. Proietti illustra le linee storiche sulle quali si è fondato quel mitico decennio, linee che passano sia per le prime comunità a sfondo religioso, linguistico e culturale che durante tutto l’Ottocento si formarono in America sia per le nuove forme di socialismo riproposte dai gruppi più vivaci di intellettuali ed artisti. Senza dimenticare la tensione ancora presente verso la frontiera, verso nuovi territori che negli anni Sessanta si trasformerà nella ricerca verso nuove forme di frontiere: religiose, psichedeliche, musicali. Un secondo livello di lettura è quello culturale. L’autore propone una lettura apparentemente a macchia di leopardo di storie e personaggi della cultura alta e bassa, di personaggi che hanno fatto la storia culturale e sociale degli Stati Uniti. Ma in realtà parlando di Rock come di fantascienza, o di poesia e letteratura mainstream, Proietti ci restituisce un quadro d’insieme della cultura e della controcultura americana molto lucido e puntuale, che offre al lettore più di un motivo di riflessione su cosa realmente hanno significato quegli anni. In questo quadro, trova una sua ragion d’essere anche l’escursus nella fantascienza di quegli anni. Qui Proietti individua in Philip K. Dick la figura centrale del decennio, definito allo stesso tempo il “più interno all’ambiente controculturale […] e il più critico dei suoi presupposti”.

Un terzo livello è quello sociale e politico. Un discorso sugli anni Sessanta non può prescindere dalla tensione sociale di quegli anni che prefigurava la possibilità di una società più giusta, in cui venivano riconosciuti i diritti di tutte le minoranze, a partire da quella afroamericana. E anche qui il saggio dà conto di questi movimenti, dei personaggi storici che animarono e tennero viva l’attenzione di tutti su questi temi, da Martin Luther King a Malcom X, passando per J.F. Kennedy. Senza dimenticare che gli anni Sessanta sono quelli in cui i giovani prendendo coscienza dei propri ruoli e delle proprie funzioni, contestando sia le strutture sociali sia le istituzioni culturali e politiche, ritenendole arretrate, autoritarie e repressive, e mettendo in discussione tutti i valori della società tradizionale.

A fare da sottofondo a tutto il discorso c’è, infine, l’ultimo - ma non meno importante – livello: il mito. I personaggi e gli eventi di quegli anni - che finirono per essere etichettati come “i favolosi Sixties” - assunsero nel corso dei decenni successivi la funzione di mito. E come ricorda Proietti, fra i tanti miti di quegli anni: “Un mito che tiene tutto insieme è quello dell’Lsd, nato nel 1964 quando iniziano le pubblicazioni divulgative di Timothy Leary, la droga sintetica (realizzata un ventennio prima nei laboratori di una multinazionale svizzera della chimica) presentata come catalizzatrice di una ennesima nuova frontiera, mentale e psichica, in grado di aprire sterminati territori – una retorica, negli Stati Uniti, tutt’altro che nuova, e forse proprio per questa capace di trovare un posto nell’immaginario”.

Nel tracciare la storia degli hippies non c’è dubbio che l’autore volge il suo sguardo anche al nostro presente. Non si può non riconoscere nell’ecologia, nell’antiglobalismo, nel rifiuto della guerra come strumento coercitivo, nella cultura New Age, nei costumi sessuali degli adolescenti i riferimenti a ciò che negli anni Sessanta accadde.

Il saggio ha anche il notevole pregio di lasciarsi leggere quasi come un romanzo, verrebbe da dire un romanzo generazionale, grazie alla prosa equilibrata e mai dottrinale dell’autore.

Un saggio di cui non si può non consigliare la lettura, per capire quel periodo storico, ma anche per riflettere sul momento storico e culturale odierno.

Ai lettori di Fantascienza.com il nome di Salvatore Proietti è noto sia per essere saggista, traduttore e collaboratore di Delos Science Fiction sia per essere il curatore della collana Nuova Galassia della Armenia Editore. Ma ricordiamo anche che Proietti è uno dei più apprezzati  Americanisti, pubblicando in Italia e all'estero saggi sulla cultura statunitense e su utopia e fantascienza. Ricordiamo che in questa veste ha scritto il saggio Storie di fondazione: letteratura e nazione negli Stati Uniti post-rivoluzionari (Bulzoni Editore, 2002) e la traduzione del romanzo Plus di Joseph McElroy.