Scritto da David Mamet, Edmond è un lucido e disperato viaggio all'interno dell'ossessione. Un uomo d'affari di Los Angeles rinuncia inconsapevolmente alla sua vita - apparentemente felice, ma certamente noiosa - per l'avventura di una notte nel cuore pulsante di una città pericolosa e sensuale.

Tra sesso a pagamento e facili emozioni, tra contrattazioni 'sul dollaro' e speranze di qualcosa di nuovo ed estremo, Edmond scivola nella propria mediocrità, tirando fuori da se stesso il mostro che è realmente. Un essere inquietante quanto semplice, che declina la propria follia in un continuo blaterare pieno di frasi fatte ed ovvietà. Una pellicola dall'impianto quasi kierkegaardiano che analizza impietosamente il peso delle proprie scelte e il valore degli aut - aut.

Diretto dal maestro del genere Stuart Gordon, Edmond è decisamente qualcosa di più di un horror metropolitano. E' l'inquietudine di un uomo diventata sistema o ideologia nel cui nome si può iniziare a massacrare (in molte maniere) il prossimo in nome del proprio diritto alla felicità.

Interpretato da un apparentemente inerme William H. Macy, il film si traduce in un inno contro l'America di Bush e dei suoi uomini d'affari dove gli alti valori precipitano sotto il peso sonante del dollaro, del razzismo e di sorprendenti vizi e vicissitudini.

Un film duro e tutt'altro che facile, pieno di grandi attori in tanti piccoli ruoli dal carattere fortemente ambiguo, per raccontare - ancora una volta - l'odissea di una notte, per un personaggio tutt'altro che simpatico e che non può nemmeno ambire al titolo di antieroe.

Un atto d'accusa raffinato e spietato che si traduce in un thriller inquieto e disperato, dove - attraverso il suo finale ironico e a sorpresa, lo spettatore riesce finalmente ad esprimere compassione nei confronti di un mostro urbano 'di seconda mano' tanto vigliacco quanto refrattario al buon senso.