di Luigi Pachì e Silvio Sosio

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Quando si parla delle capacità precognitive della fantascienza si indicano spesso il personal computer e internet come due fra gli errori più evidenti commessi dagli scrittori-profeti.

Chi si occupa di science fiction sa bene che, passata l'era di Hugo Gernsback, ben raramente chi scriveva fantascienza cercava di predire il futuro. Lo scopo se mai era quello di speculare su come poteva cambiare la vita dell'uomo in presenza di determinate condizioni - il viaggio spaziale, la sovrappopolazione, la diffusione dei robot - operazione che certo comporta descrivere un futuro possibile, ma senza il vero intento di fare predizioni accurate.

Resta il fatto che volontariamente o meno la fantascienza ha anticipato molti fenomeni della società attuale. Alcuni in un certo senso non li ha solo anticipati, ma indotti: non possiamo pensare altrimenti quando vediamo passeggiare il robot a forma umana della Honda, che guarda caso è stato battezzato "Asimo".

A proposito di Asimov: proprio il grande scrittore di origine russa aveva scritto un bel racconto, La risposta, che voleva essere quasi un riassunto della storia dell'informatica del futuro: da computer che avevano bisogno di un'intero piano di un palazzo si passava a computer così grandi che dovevano essere collocati in orbita; poi a computer grandi come pianeti, e poi ancora più grandi, tanto da essere collocati fuori dallo spazio-tempo.

All'epoca in cui Asimov scriveva questo racconto, i computer funzionavano a valvole. Poi furono inventati i transistor, e poi i circuiti integrati. Oggi un qualsiasi telefonino ha una potenza di calcolo molto superiore all'enorme Univac della Sperry che aveva ispirato il Multivac di Asimov. I computer non vengono manovrati da cervelloni in camice bianco, ma da chiunque, anche dai bambini e per gli scopi più diversi. Anche se, dobbiamo ammetterlo, ancora nessun computer è in grado di dare una risposta alla domanda di Asimov (secondo alcuni comunque sarebbe "42").

Asimov non era certo uno sprovveduto: semplicemente, la rivoluzione del computer personale non era prevedibile. Forse non era neppure plausibile: è probabile che se Asimov avesse scritto un racconto descrivendo la diffusione attuale dell'informatica John Campbell glielo avrebbe rifiutato: troppo poco credibile.

Il mondo dell'informatica è intrinsecamente difficile da prevedere. Anche su tempi brevissimi. E non ci sono solo gli scrittori di fantascienza che ci provano: ci sono fior di analisti di mercato sulle cui previsioni si basano investimenti di miliardi. Qualche errore famoso: la Microsoft era sicura che internet sarebbe rimasta un giocattolo per universitari e che il vero futuro era nei grandi servizi stile bbs, come America Online, Compuserve o la prima versione di MSN. Qualche anno fa tutte le società di consulenza erano convinte che di lì a un anno sarebbe esplosa internet sulla TV, portando finalmente la rete al vero utente finale: la massaia (la quale nel frattempo aveva però imparato a usare il PC). E vogliamo parlare di internet sul telefonino? L'anno scorso era la parola d'ordine: il web è finito: il futuro è nel wap! Povero wap...

In altri casi c'è stato chi aveva visto giusto, ma con troppo anticipo: basti pensare a John Sculley, allora CEO della Apple, che era sicuro che il computer del futuro sarebbe stato il palmare, e investì tutte le risorse della sua azienda nello sviluppo di Newton: un fiasco colossale. Poi alcuni suoi ingegneri, licenziati dopo il fallimento del progetto, andarono alla U.S. Robotics e con i pezzi di Newton crearono il sistema operativo Palm, oggi leader assoluto del ricco mercato dei palmari. L'idea era giusta, il momento sbagliato.

Per restare in ambito Apple, ecco un'interessante visione del computer del futuro: non più come strumento per fare tutto, ma come fulcro di una galassia di dispositivi digitali che giorno dopo giorno diventano sempre più indispensabili nella vita quotidiana. Il digital hub, come è stato definito da Steve Jobs in uno dei suoi famosi keynote, è lo strumento sul quale convergono macchina fotografica digitale, telecamera, telefonino, palmare, lettore MP3, dvd: tutti quegli strumenti digitali che hanno il vantaggio della praticità e della maneggevolezza, ma che non potranno mai offrire - anche a causa delle ridotte dimensioni - un'interfaccia per lavorare in modo completo. Ecco quindi che nel computer si riversano le fotografie per ritoccarle e archiviarle, si montano i filmati e li si riversa su dvd, si creano compilation di brani MP3 per ascoltarli col lettore da tasca o per masterizzarli su cd, si rileggono le note buttate giù sul palmare per riorganizzarle in un programma di scrittura.

Questo è un futuro immediato plausibile per il computer. Per il pc è finita la corsa alla miniaturizzazione (finché non verranno miniaturizzati anche gli esseri umani, schermi e tastiere hanno bisogno di una certa grandezza per essere utilizzabili) e sta per finire, o almeno per rallentare, anche la corsa ai megahertz e ai gigabyte, che ormai devono crescere solo per sopportare sistemi operativi sempre più lenti e meno ottimizzati. Il computer ora deve crescere in usabilità, e la grande sfida è quella di rendere usabile non solo sé stesso, ma tutta quella miriade di strumenti che ci permetteranno di vivere nel mondo del futuro. Che sarà un mondo digitale.

O no?

Il numero estivo di Delos è uno speciale: dando l'appuntamento a settembre per tutte le nostre rubriche, ospitiamo un'antologia originale di fantainformatica: Delos Ex Machina. Quattordici eccellenti racconti inediti firmati dai migliori autori della scuderia di Delos sul tema del futuro del computer introdotti dal curatore che li ha raccolti: Franco Forte. In coda, restando in qualche modo in tema, abbiamo anche i primi due racconti classificati al Premio Tolkien Online, che coniugano il mondo del Signore degli anelli con internet. Da leggere ce n'è: ma mi raccomando non portatevi il computer in spiaggia per leggere Delos, decliniamo ogni responsabilità riguardo a sabbia nella tastiera e acqua nei circuiti.

Buone vacanze a tutti, e arrivederci a settembre.


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