Il ritorno di Ridley Scott alla fantascienza con Prometheus è stato senza dubbio l’evento dell’anno

 nel cinema di genere. Anche se l’Italia ha dovuto subire l’incredibile decisione della distribuzione di ritardarne l’uscita nei nostri cinema di oltre tre mesi, l’esperienza vale senz’altro l’attesa. E non solo perché Prometheus rinnova uno dei più importanti franchise del cinema fantascientifico, la saga di Alien da Scott iniziata nell’ormai lontano 1979; ma anche perché, nel realizzare questo film, il regista ha voluto creare qualcosa di completamente nuovo, tornare cioè a dire la propria nel cinema di fantascienza dopo aver firmato, oltre ad Alien, quello che è senz’altro uno dei capolavori indiscussi del genere, Blade Runner. E Prometheus è appunto ciò che Ridley Scott voleva: un fermo-immagine sullo stato dell’arte della fantascienza cinematografica degli anni ’10 di questo XXI secolo, capace di far restare tutti di nuovo a bocca aperta.

Se ne parlava da dieci anni, di un nuovo capitolo della saga di Alien. Ma, come già per un altro franchise di successo come Star Trek, i risultati di pubblico e critica erano andati scemando di capitolo in capitolo, facendo presagire un clamoroso flop al botteghino nel caso di un sequel pedissequo e senza impegno. La 20th Century Fox dal canto suo aveva provato a rimescolare le carte con un crossover che non aveva convinto affatto né Scott né James Cameron, il regista di Aliens, che dopo aver visto Alien vs. Predator aveva deciso di abbandonare ogni progetto sulla serie. Nel frattempo a Hollywood era scoppiata una nuova moda, quella dei “reboot”, e dopo il successo dello Star Trek di J.J. Abrams targato Universal ci si era detti che i tempi erano maturi per rinnovare anche la serie di Alien sulla stessa falsa riga. Una sfida che Scott decise di accettare perché gli lasciava mano libera nell’immaginare qualcosa di completamente nuovo e al tempo stesso rispondente alle attese degli appassionati. Non è un caso se, nei mesi precedenti l’uscita del film, il regista e i produttori abbiano giurato e spergiurato che la storia non sarebbe stata un prequel di Alien, ma una storia a se stante – i fatti hanno poi dimostrato che la verità sta nel mezzo.

Dopotutto, la saga di Alien lasciava diverse domande senza risposta. Sembrava appurato che gli xenomorfi, gli orribili alieni protagonisti del ciclo, fossero una specie di arma biologica di distruzione di massa. Ma restava da capire chi li avesse creati e a quale scopo. Una delle ipotesi avanzate dagli appassionati puntava i riflettori sulla creatura soprannominata “Space Jockey”: il mastodontico essere morto e apparentemente fossilizzato, ritrovato dai protagonisti del primo Alien ancora seduto sulla poltrona di comando dell’astronave da dove tutta la vicenda ha inizio. Chiaramente, lo “Space Jockey” doveva essere un alieno, di natura ben diversa da quella degli xenomorfi, apparentemente umanoide. È da questo punto che prende le mosse Prometheus.