I due film producono così la faticosa e dolorosa conquista del punto di vista dell'altro, ma senza creare la totale identificazione con l'umano che ritroviamo, ad esempio, al termine de L'uomo bicentenario. Batty e Hal non aspirano a diventare uguali, ad essere inclusi, ma solo ad essere lasciati liberi di esistere; a questa diversità Batty in particolare si aggrappa fino all'ultimo ('ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare...'). Ma è proprio l'ambiguità della loro natura, il loro affacciarsi ai confini dell'umano pur senza oltrepassarlo, a mettere in crisi i criteri di accettazione dello spettatore. Si crea così una tensione tra empatia e distanza, tra tolleranza e rifiuto, che incrina le certezze su cui si fonda la nozione di famiglia umana, e con lei quelle di società, convivenza, diritti.
Il riconoscimento dei diritti umani passa attraverso l'immedesimazione con la sofferenza di un altro essere, e la realizzazione che potrebbe essere la nostra; che ad unirci non è solo l'appartenenza alla stessa famiglia, allo stesso partito o alla stessa nazione, ma la capacità di soffrire in maniera uguale il dolore, l'ingiustizia, la povertà o l'abbandono. Combinando e ricombinando infinite variazioni sul tema dell'altro, la fantascienza civile di film come Il golem, L'invasione degli ultracorpi o Blade Runner ci ricorda che il mostro, l'alieno, il cyborg non sono altro che incarnazioni di noi stessi, rappresentano l'umanità ai margini che preme per conquistare il centro, ovvero il diritto alla vera cittadinanza. Se questa fantascienza fa paura, è solo perché ha scelto di giocarsi il futuro anziché difendere un presente in cui i diritti appartengono a troppo pochi.
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