O sciocu, vegne su da spiaggia a curiusà,

pe’ creuze se sente udu’ de mà

(Bruno Lauzi)

Quella mattina Luca Pescetto venne convocato d’urgenza al quartier generale dell’Ufficio per i Rapporti con gli Alieni: un’altissima torre di vetro e acciaio, che sorgeva alla periferia occidentale della metropoli di Genova. Il vento di scirocco aveva spazzato via la maggior parte dello smog e portato tra gli edifici l’odore del mare. Raggiungere il palazzo in fretta era un’impresa: tra il traffico d’auto delle strade sopraelevate e quello dei velivoli monoposto, la città era più caotica che mai. All’ingresso, non ebbe bisogno di identificarsi con le abituali complicate procedure: impronta digitale, immagine della retina, chip identificativo. Bastavano e avanzavano le lettere greche psi e alfa, che portava in bella evidenza sulla giacca, ricamate in oro. La psi era il simbolo della sua appartenenza al Corpo degli Agenti Metapsichici, mentre l’alfa indicava il grado delle sue capacità: solo chi aveva poteri telepatici o psicocinetici molto sviluppati la poteva indossare. Nessuno, né tra gli umani né tra gli extraterrestri, sapeva perché le persone con questi poteri nascevano solo nel vecchio continente e solo nelle località vicine al mare. Forse alla base c’era una continua e secolare mescolanza di geni. Le guardie all’ingresso lo trattarono con molto rispetto e con circospezione, tenendosi debitamente a distanza nel timore che leggesse i loro pensieri nascosti. Era una cosa vietata dalla legge e i portatori di psi si sottoponevano a un lungo addestramento per evitare che ciò accadesse: tuttavia il timore e il sospetto nella gente comune rimanevano. Salì rapidamente all’ultimo piano, mediante un ascensore diretto, e arrivò nell’ufficio del suo capo sezione.

Court val Stygo era uno dei membri più importanti del Commonwealth Interstellare sulla Terra. Era un umanoide proveniente da Capella. Come tutti gli abitanti del suo pianeta era in grado di trasmettere i suoi pensieri con la mente in maniera naturale: non aveva bisogno di nascere con una mutazione genetica, come Luca e gli altri terrestri. Era altissimo e aveva un aspetto molto simile a quello di un umano, anche se la sua cute aveva una sfumatura azzurrognola. Indossava il simbolo della psi, ma non accompagnato dall’alfa, perché le sue capacità non arrivavano al livello di Luca. Guardava fuori dalla vetrata panoramica, spingendo lo sguardo a Ponente, dove un tempo sorgeva la pineta di Arenzano e dove ora, dopo lo spianamento delle alture, sorgeva il campo di atterraggio delle navette spaziali. Non si preoccupò neppure di girarsi per guardare in faccia il suo interlocutore: non era necessario, tra telepati. La loro conversazione si svolgeva in silenzio, attraverso il contatto mentale.

Hai saputo che cosa è successo lungo la costa ligure?” [immagine mentale di una mappa del Levante]

Intendi dire la barriera invalicabile?” [immagine di un grande muro, fatto di blocchi di vetro-cemento]

Esatto. Una cupola di pura energia, presumibilmente elettromagnetica, ha avvolto l’area delle Cinque Terre. E nessuno riesce a superarla. Nemmeno la tecnologia di Capella riesce ad aprirsi un varco. In più, c’è un muro metapsichico che impedisce a chiunque sia dotato di poteri mentali di superarlo. Umano o alieno che sia. Una crisi simile non si era mai verificata, da quanto c’è il Commonwealth Interstellare. Neanche i Vegani, per quanto abili, riescono a fare qualcosa.” [veloce scorrere di immagini di volti di alieni d’aspetto umanoide, appartenenti alle varie razze]

“Io che cosa posso fare?”

“Sei il telepate più potente su questo pianeta. Più forte anche di noi Capellani. Vorremmo che provassi tu a superare quelle barriere. Forse il fatto di appartenere a questo territorio potrebbe essere un aiuto.”

“Ma chi c’è oltre le barriere?”

“Una razza extraterrestre, riteniamo. Umanoide, ma che non appartiene al Commonwealth. Sono arrivati qui con un’astronave che si muove in base a principi fisici sconosciuti e che si è subito allontanata.” [immagine poco dettagliata di un enorme macchinario volante di color nero, che schizzava via rapidissimo verso il cielo] “Non capiamo che intenzioni abbiano, né chi siano realmente. Dovrai andare da solo e cercare di scoprire qualcosa.”

Luca venne portato da un anfibio militare al largo di Manarola, poi dovette gettarsi in mare e proseguire a nuoto. Indossava una muta da sub e un giubbotto salvagente, ma non aveva idea se gli sarebbero serviti per arrivare fino a riva. In effetti, più nuotava e più gli sembrava di essere immerso in qualcosa di semiliquido, come un fango termale, o qualcosa di simile. L’acqua di mare aveva il solito aspetto di sempre, ma sembrava opporsi in modo elastico alle sue bracciate. Nel frattempo, sentiva un peso opprimente sulla testa, come se qualcosa o qualcuno volessero comprimergli il cranio. Presumibilmente, sapevano che stava avvicinandosi qualcuno. Quelli dovevano essere gli effetti dello sbarramento mentale.

Proprio quando cominciava a pensare che sarebbe annegato e che non avrebbe mai raggiunto la riva, la resistenza cessò. Cominciò a nuotare con rapidità fino a raggiungere il porticciolo e si issò sul molo, ansando per la fatica. Subito gli si fecero incontro tre individui di aspetto del tutto umano, ma che umani non erano. Lo si percepiva chiaramente dalla potenza delle loro emanazioni mentali. I loro pensieri erano schermati e non trasmettevano alcuna immagine associata.

Avete una forza mentale incredibile,” trasmise a loro. “Chi siete?

Noi siamo custodi. Ti è stato permesso di arrivare qui perché la creatura che custodiamo ha chiesto di vederti.”

Salirono lungo le stradine lastricate di sassi del paese, completamente deserte. I negozi e le locande erano stati chiusi e le abitazioni abbandonate. Gli abitanti erano stati tutti allontanati. C’era un silenzio irreale, disturbato solo da qualche folata di brezza tra le fronde delle siepi. Superato il paese, continuarono a salire, seguendo un sentiero sterrato. Camminarono lungo i filari delle viti, difesi dai muretti a secco, e infine arrivarono a un casolare situato in cima a un’altura. Dal patio si poteva vedere al di sotto la distesa delle viti e degli ulivi, i binari a cremagliera per il trasporto dei raccolti, i tetti rosso ocra delle case, le tinte pastello delle pareti, e infine il mare. Qualche gabbiano volava, molto in alto, ma non osava avvicinarsi alla costa. Nel silenzio, il rumore della risacca risaliva fino al casolare, nonostante la notevole distanza.

Luca venne sospinto dentro la casa e lasciato solo. Nella penombra, di fronte a una grande finestra, stava il corpo di una persona. Stava semisdraiata su una poltrona circondata da apparecchiature elettroniche, il cui scopo era incomprensibile ma ovviamente deputato a qualche funzione medica. Aveva l’aspetto di un uomo molto vecchio, magro e sofferente. Differiva da un terrestre solo per pochi dettagli, come le dita abnormemente lunghe e sottili e le orecchie appuntite. Respirava a fatica, ma con regolarità. Lo fissava con due occhi neri vivi e penetranti.

Luca cercò di contattarlo telepaticamente e …

Ebbe uno shock. Barcollò all’indietro, come se fosse stato colpito da un pugno in piena faccia. Dio, che potenza mentale! Se avesse voluto, avrebbe potuto bruciargli letteralmente in cervello in pochi minuti.

Sei quello mandato per fermarmi?

La voce gli rimbombò in testa, come se avesse avuto un altoparlante vicino all’orecchio.

Sì. Perché hai creato questa barriera a cupola e non capiamo il motivo. Ma ora che ti sono vicino, capisco che nessuno è in grado di fermarti. Nemmeno io.”

Tuttavia ci proverai comunque, vero? Perché questo è il tuo dovere. Sei tu quello con i poteri metapsichici più forti, su questo mondo.”

Il vecchio sollevò una mano aperta, compiendo un gesto vago, come a significare che non aveva importanza. Poi la mano ricadde stancamente sulla poltrona.

Non preoccuparti, non sarà necessario. Avvicinati.”

Luca era un po’ riluttante a obbedire, ma non riusciva a resistere alla volontà del vecchio. Camminò verso di lui come un automa.

Guarda fuori dalla finestra. Cosa vedi?

Il posto dove sono cresciuto. Le Cinque Terre, il mare…” 

“Lo senti il rumore del mare? La risacca? Senti l’odore di salsedine e delle macchie di arbusti?”

“Sì.”

“Io trovo che sia uno dei posti più belli del vostro pianeta. Gli abitanti del mio mondo vivono in genere fino a quattrocento anni: io li ho ormai superati e sono prossimo alla fine. Ma noi non abbiamo più da molto tempo qualcosa di simile. Il progresso scientifico e l’evoluzione biologica ci ha portati a essere così come siamo ora, ma per ottenere ciò lungo il cammino abbiamo cancellato tutte le bellezze del nostro pianeta.” [immagine di una sfera planetaria ricoperta completamente di edifici, vetro, cemento, metalli, plastica; senza un metro di suolo libero] “Ora io sto per morire e voglio farlo qui, in questo posto. Voglio guardare il verde delle colline, osservare il volo degli uccelli marini, ascoltare il grido dei gabbiani e il rumore del mare. Senza essere disturbato.”

Luca rimase in silenzio. Non c’era nulla che valesse la pena di commentare.

Molte specie di alieni pensano che voi terrestri siete pazzi. O comunque molto strani. Come la mia specie quando era più giovane e meno saggia. Avete ancora tutta questa bellezza e vi state dando da fare per cancellarla. Io non posso impedirvelo, se non temporaneamente e in un’area limitata. Ma finché sarò ancora vivo – e non sarà per molto – desidero che tutto resti così come lo vedi tu ora. Per questo ho creato il muro mentale.”

Capisco.”

Tu sì, può essere. Ma la tua gente no. Non credo. Porta questo messaggio, ai tuoi superiori. Lasciatemi in pace. Quando non ci sarò più potrete fare di questo territorio quello che vi pare, ma fino ad allora non osate più avvicinarvi. Hai capito bene?”

Quest’ultima frase risuonò nella mente di Luca come un urlo a squarciagola. Gli tremarono le gambe.

Ora vattene. Torna da dove sei venuto. Voglio sentire ancora la risacca e il profumo del mare.”