Può essere un matrimonio tranquillo e appagante oppure una relazione tormentata, con addii e ritorni, ma la fantascienza è sempre una passione dalla quale è difficile sfuggire.

Il rapporto tra Robert Silverberg e la fantascienza è stato uno di quelli difficili e complicati, iniziato nel lontano 1955 con Revolt on Alpha C, pubblicato da noi come La pattuglia dello spazio nel 1959.

Un romanzo per adolescenti che parla di cadetti spaziali e della loro prima crociera di addestramento… riuscireste a immaginare qualcosa di più scontato?

In effetti la produzione iniziale di Silverberg non si distaccava dai canoni della classica avventura spaziale, il seguito sarebbe stato molto diverso.

Anche in questa prima fase Silverberg mise in mostra ottime qualità, infatti nel 1956 vinse il premio Hugo come miglior scrittore esordiente, un premio assegnato con grande lungimiranza.

Sino agli inizi degli anni '60 la produzione di Silverberg fu molto elevata ma sempre con opere puramente avventurose.

Poi la crisi del mercato convinse lo scrittore a rallentare il suo impegno nella fantascienza, preferendogli altri generi, i pochi romanzi fantascientifici del periodo sembrarono preludere all'addio del promettente scrittore.

Ma le cose cambiarono quando l'editore e amico Frederik Pohl lo convinse a tornare all'antico amore.

Il periodo dal 1967 al 1976 vide un impressionante numero di opere innovative e sofisticate, tra tutti i romanzi cito solamente Ali della notte (Nightwings, 1969), straordinaria storia di un'invasione aliena molto diversa dal solito.

Sentendosi incompreso dai lettori e dagli editori, che evidentemente avevano ancora in mente l'autore di appassionanti space opera, Silverberg si ritirò ancora dalla scena, stavolta per quattro anni dal 1976 al 1980, per poi tornare con il romanzo fantasy Il castello di Lord Valentine (Lord Valentine's Castle, 1980).

Da allora la sua produzione non ha più conosciuto soste, nonostante abbia ormai passato i settanta anni.

Il romanzo Roma eterna è del 2003, una storia alternativa dove l'impero romano è sopravvissuto alla crisi del quinto secolo, arrivando sino ai giorni nostri. Il volume si apre con un prologo (ambientato nel 1203 a.u.c) dove si spiega il punto di svolta, l'evento che ha cambiato il corso della storia, in questo caso il fallimento dell'Esodo.

Gli ebrei guidati da Mosè sono stati raggiunti dalle truppe del faraore e ricondotti in Egitto (perlomano i sopravvissuti).

Questo ha impedito la nascita dello stato giudeo e del cristianesimo, la sopravvivenza dell'impero romano ne è stata la conseguenza più eclatante.

Così nell'anno 1282 a.u.c. nessuno ha mai sentito parlare di Gesù Cristo e Giustiniano, imperatore d'oriente, è pagano come i suoi antenati.

Roma guida un impero d'occidente in crisi, l'imperatore Maximilianus sta morendo e l'erede Heraclius è debole e incapace, solo l'aiuto della parte orientale potrebbe aiutare l'impero, minacciato dai barbari del nord

Per raggiungere un accordo Faustus tesse la sua trama, ma poi le cose cambiano di colpo.

Scena dopo scena la storia alternativa immaginata da Silverberg si dipana, la scoperta dell'America, i contrasti con i "fratelli" orientali, le lotte intestine, le crisi e le rinascite compongono un quadro affascinante.

Il finale è inaspettato, chiude il cerchio del romanzo, ma apre a un rinnovamento che si pensava impossibile, in un mondo dove la "Pax romana" si stende come una pesante coltre, soffocando ogni speranza di rinnovamento.

Per quanto Roma eterna non abbia elementi rivoluzionari ci fa vedere come Silverberg riesca sempre a scrivere una storia appassionante e non banale.

Duemila anni di storia vengono percorsi in poco più di trecento pagine, la nostra storia viene rivista come attraverso una lente deformante.

Le cose cambiano di poco o drammaticamente, come nel caso dell'ascesa di Maometto, alla quale viene trovata una soluzione decisamente risolutiva o della "conquista" delle americhe, in ogni caso la storia alternativa immaginata da Silverberg suona decisamente convincente.

Lo scrittore ci dice come la storia è un susseguirsi di crisi, dalle quali le civiltà possono risollevarsi ma dove possono trovare la fine.

Nessuno società è mai al sicuro, per quanto la sua potenza sia grande e la sua superiorità tecnologica sia avanzata, una lezione che anche noi, che contiamo gli anni dalla nascita di Cristo e non "Ab Urbe còndita", dovremmo tenere bene in mente.

Una lezione divertente da leggere, Silverberg si rivela sempre scrittore di razza, che ha avuto molto dalla fantascienza ma che ha dato tanto, un rapporto complicato ma meraviglioso.