Leggendo L’ombra della stella cometa di Maurizio Cometto la prima cosa che mi ha colpito avendo letto il suo precedente romanzo Le leggi dell’ordine etico (Odissea Fantascienza n. 147, Delos Digital, 2024; una mia recensione di questo romanzo è apparsa su Fantasy Magazine il 6 maggio 2024) e la sua raccolta Cambio di stagione (Il Foglio, 2011; Odissea Fantasy n. 46, Delos Digital, 20 giugno 2023; di questo libro ho scritto due recensioni: la prima è apparsa su Carmilla il 29 luglio 2011 e la seconda su Fantasy Magazine il 26 giugno 2023) è stata l’apparente mancanza, almeno a prima vista, dello straniamento che di norma accompagna la sua scrittura. Mentre nei racconti questo straniamento era prodotto dall’imrrompere dell’inspiegabile nella vita di tutti i giorni, nel precedente romanzo l’effetto straniante era legato alle caratteristiche asfittiche e claustrofobiche del mondo distopico in cui Cometto aveva rinchiuso i suoi personaggi (letteralmente, data la presenza fisica di una muraglia).

Qui ci troviamo oltre la grande muraglia introdotta nel primo romanzo. Siamo fuori dall’Italia, e per l’esattezza in Svizzera, in cui si sono rifugiati alcuni dei centomila italiani in fuga da una non meglio precisata e misteriosa catastrofe, collegata a una guerra interna tra due fazioni, della quale peraltro nesssuno di loro ha una memoria specifica, e che ha lasciato l’intera penisola avvolta da una fitta nebbia (forse radioattiva).

A parte questo mistero, e malgrado l’ambientazione futuristica, la vita di questi emigranti forzati somglia a quella di coloro che erano espatriati in precedenza dall’Italia verso i paesi confinanti, come Svizzera e Francia. Si ha dunque l’impressione di leggere un romanzo quasi mainstream, nel quale Cometto segue i suoi personaggi con la consueta attenzione, mostrandone la complessità per mezzo di un linguaggio che invece è scorrevole e lineare, ingannevolmente semplice.

Ma, in realtà, lo straniamento è in agguato, e fa capolino un po’ per volta, prima con l’accenno a una misteriosa Stella Cometa che ha accompagnato la “Dispersione” (ovvero la fuga dall’Italia) poi con l’apparizione di un bollettino che censisce gli italiani “dispersi”, cioè rifugiati in una quindicina di paesi diversi. Più volte si accenna allo “Sharing”, cioè a una pratica di condivisione che potrebbe forse permettere ai migranti di recuperare alcuni dei loro ricordi, ma che gli italiani espatriati tendono a rifiutare.

Lo sharing si effettua con un dispositivo simile a quello che si potrebbe usare per la realtà virtuale, ma riesce a trasmettere sensazioni ed emozioni che ricordano più la telepatia. Lo vediamo all’opera in un’occasione in cui si viene a sapere che molti (o tutti) gli italiani dispersi avvertono il forte impulso (il “Richiamo”) di riattraversare la barriera, posta dalla muraglia e dalla nebbia, per rientrare in Italia. L’origine di questo impulso è ignota. Chi lo avverte non si pone domande, ma il fenomeno attira l’attenzione di potenti gruppi affaristici e di potere, e il romanzo, a sorpresa, assume un ritmo concitato e, al tempo stesso, cospiratorio.

Rispetto al romanzo precedente c’è un rovesciamento. Lì eravamo al di qua della grande muraglia, qui siamo invece al di là. Ma, di nuovo, non sappiamo bene cosa ci sia oltre quel muro, perciò siamo ancora al di qua, a pensarci bene. La circostanza non è casuale. Cometto sembra suggerire che c’è sempre un muro che ci impedisce di vedere oltre, anche se non ci impedisce di passare.

Ma il problema non è il passaggio, il problema è il non essere (o il non sentirsi) a casa propria. Se siamo migranti, non siamo più a casa nostra. È come avere l’anima in un corpo estraneo, come se fosse lei a emigrare altrove. Perciò gli italiani dispersi devono rientrare a tutti i costi, perfino nel caso in cui oltre il muro non ci fosse più nulla, o ci fosse il goveno liberticida da cui volevano fuggire. È come se questo muro non fosse solo fuori ma anche dentro di loro, come se li separasse da se stessi. E allora ecco il Richiamo, e poi il rientro, ed ecco la Stella Cometa, anzi la sua ombra, alta nel cielo e incombente: una guida, una protezione, oppure un monito, una presenza maligna, o altro ancora?

Questa sorta di migrazione al contrario narrata da Cometto assume un po’ per volta i contorni dell’alienità, nel doppio significato di alienazione e di non-umano, e in questo senso la materia trattata è fantascientifica. Solo che si tratta di un’alienità che sembra sgorgare non dallo spazio profondo ma dall’interno dell’animo umano, dal suo stesso spirito.

Il romanzo è attraversato da domande inespresse, una delle quali è se la comunanza emotiva dello sharing possa sostituire la relazione comunicativa tra persone che mantengono invece la propria individualità. La risposta implicita, ma secondo me chiara, è negativa. Altri lettori potrebbero però trovare una risposta diversa e non meno valida.