Negli ultimi anni, la fantascienza sembra essere ritornata a interessare i cineasti di casa nostra. Ne sono una riprova alcune pellicole proposte anche a festival importanti, come ad esempio L'ultimo terrestre (2011) di Gian Alfonso Pacinotti (Gipi), noto anche per essere un famoso disegnatore di fumetto, e L'arrivo di Wang (2011) di Antonio e Marco Manetti (Manetti Bros), ben noti agli appassionati del cinema di genere.

A questi due film si aggiunge una nuova proposta che s’inserisce nel filone della "fine del mondo nel 2012" e non a caso l’’uscita della pellicola è per il 6 dicembre. Il film s’intitola Pandemia ed è del giovane regista Lucio Fiorentino, autore anche della sceneggiatura insieme a Paolo Miorandi, Alessandro Scippa. Il cast degli attori è formato da giovani: Marco Foschi, Alice PalazziVeronica De Laurentiis, ai quali si sono aggiunti due veterani come Massimo Foschi (noto doppiatore) e Hanna Schygulla. La pellicola, girata nel 2010, è stata prodotta dalla Transitans Film e dalla Cavecanem Cinemedia e distribuita dalla Whiterose Pictures.

Il film è stato girato a Romagnano al Monte e Castelluccio frazione di Sicignano degli Alburni, entrambe in provincia di Salerno, località scelte proprio per la loro asprezza e quindi adatte a fare da scenario ad un mondo che è sull’orlo della fine. Nella sceneggiatura abbondano i riferimenti letterari a Niffoi, Saramago e a James Ballard, in una storia sempre raccontata da una voce fuori campo.

Ecco la trama: Siamo nel 2012. La fine del mondo è arrivata e il contagio è in atto. Le cause sono sconosciute, si sa solo che l’epidemia è arrivata con la pioggia e ha decimato la popolazione. Si fanno sentire la scarsità di acqua potabile e di generi alimentari e i superstiti, allo stremo delle forze, sono costretti al baratto di qualsiasi cosa pur di restare vivi.

In questo scenario post-apocalittico, due giovani, Arno e Lidia, intraprendono un difficile viaggio per sfuggire da desolazione e violenza, in cerca di una vita migliore. Arno torna a casa, in una piccola comunità dove tutti vagano sospesi in una lunga attesa ed in cui tutto sembra abbandonato. Qui vivono i suoi genitori, la giovane Lidia e suo nonno Simone. Attorno a loro deve essere successo qualcosa di enorme, terribile. Si parla di un’epidemia arrivata con la pioggia. Mesi, forse anni sono passati dalla diffusione del contagio. L’emergenza è ormai cronica e la vita dei sopravvissuti è organizzata tra scarsità d’acqua e rapporti umani pieni di diffidenza. Ben presto Arno scopre l’atmosfera di decadenza che attanaglia tutto e decide di ripartire. Lidia, fuggita dalle case, lo raggiunge. Lungo la strada i due ragazzi incontrano un mondo di desolazione e violenza ma anche speranza e dolcezza in cui, sullo sfondo di una natura selvaggia che cancella ogni traccia umana, portano un insensato desiderio di vita e di riscatto fino al termine del loro viaggio e ancora oltre verso le nuove piogge.

Il regista Lucio Fiorentino è nato a  Napoli, nel 1969. Nel 2000 ha diretto il corto L’ombra della bellezza che riceve vari premi e riconoscimenti in molti festival nazionali ed internazionali, come il premio Miglior Attrice a Sandra Ceccarelli al Fano Film Festival. L’anno seguente gira il secondo corto, Anna, dopo il quale Fiorentino si dedica all’opera documentaristica, dirigendo cinque documentari tra il 2004 e il 2012, in vari Paesi e luoghi dell’Europa e dell’Asia.

“Come genesi di Pandemia – spiega il giovane regista - inizialmente avevo alcune immagini di uomini che vagavano in una natura forte e selvaggia con la quale non hanno più nessun contatto. Poi è arrivata la suggestione che fossero circondati da qualcosa di enorme ma in apparenza nascosto. Uomini che vivessero una vita svuotata di senso, senza tempo e in giornate uguali a se stesse, come in una lunga attesa. Lentamente è arrivata l'idea che fossero dei sopravvissuti ad un enorme catastrofe arrivata con la pioggia e in attesa delle nuove piogge e forse della fine definitiva. Insomma, tranne che per la pioggia (almeno per ora non contaminata), è quello che siamo noi: sopravvissuti quotidiani in attesa della fine. Soltanto dopo ho iniziato a scoprire che le post-apocalissi sono un genere prolifico e antico quanto l'uomo anche se poco visitato dal nostro cinema. Poi tutto si è spostato su come raccontarlo e qui il desiderio di uscire dai cliché e la mancanza di soldi mi ha aiutato a spostare tutto su un piano interiore, come se la vera pandemia fosse dentro di noi.”