Grande Kunkel. Il primo romanzo di questo trentenne del Colorado, incensato unanimemente dalla critica, torna oggi in libreria per l’elegante edizione economica di Rizzoli e conferma, per chi ne avesse bisogno, che i luoghi comuni sulla letteratura americana sono veri.

Torna Dwight B. Wilmerding, ventotto anni, in affitto con tre amici a Manhattan, che talvolta si accoppia con una bellissima creatura, assume generalmente pastiglie e risulta indeciso su tutto: “Il mio sistema consisteva nel lanciare una monetina (…). Testa, accettavo; mentre se usciva croce fingevo di avere altri impegni. Andavo fiero di quel sistema”. Dwight resta paralizzato davanti al menù di un ristorante, figuriamoci alle prese con l’eventualità di troncare (/continuare) la relazione con Vaneetha, di abbandonare (/proseguire) il suo lavoro di help desk informatico per una ditta farmaceutica, etc.etc. Ma nel prologo, curiosamente, lo troviamo sull’aereo per Quito (Ecuador), in viaggio verso Natasha, la più figa della sua classe del liceo, che l’ha invitato per e-mail: cosa è accaduto? Come ha potuto Dwight prendere una simile decisione? E’ merito dell’Abulinix: il suo cinico coinquilino, studente di medicina, gli ha proposto un farmaco sperimentale che ammazzerà per sempre l’indecisione.

Su questo plot approssimativo – sarebbe criminale dire oltre – fiorisce un esordio letteralmente scoppiettante: da un’idea angolare tutta da amare, ovvero considerare l’incapacità di scegliere come il Grande Male dell’epoca corrente, Indecision inchioda una generazione, la nostra, alle sue meschine debolezze, alle responsabilità inevase che la chiudono nella mediocrità. Qui e ora la famiglia va in pezzi: i genitori hanno divorziato, Dwight non nasconde l’attrazione incestuosa per la sorella Alice, comunista ripulita su cui muove l’ombra di Saffo, la madre è ossessivamente devota alla chiesa episcopale, il padre regala uno dei personaggi più amaramente comici nell’antologia del postmoderno (attenzione: Dwight gli chiede i soldi ma – per pudore!!! -  intasca l’assegno senza sbirciarne l’ammontare, nelle spire di un confronto duro, stringente e rivelatorio). Tra le sbarre di una vita qualunque, il nostro si cura di rimandare ogni brandello di scelta all’istante in cui l’Abulinix inizierà a fare effetto…

Diviso tra New York e il Sud America, Ground Zero e l’Ecuador, itinerante come cifra costitutiva, il libro mantiene salda questa dualità; infiltrandosi nella mente del protagonista, recuperando ricordi del passato nordamericano anche in piena foresta orientale, moltiplica i piani e rende la lettura un’esperienza sfaccettata, mai univoca, ufficialmente modulata sul tono comico/sarcastico ma densa di sottintesi dolorosi e pungenti sfumature. Come l’indifferenza generalizzata di Dwight; l’uomo qualsiasi osserva gli effetti dell’11 settembre, rincoglionito dall’ecstasy della sera prima, e Kunkel dipinge un incontro singolo/Storia raramente così efficace e sconvolgente. Pagine da ricordare: il lungo confronto con Brigid nella foresta, l’incontro esilarante con la turista israeliana, il discorso incartato alla cena di classe, le maliziose tracce metaletterarie (Dan avverte il lettore: “Dwight, la gente non fa più queste cose. Non si va in America Latina a prendere droghe psichedeliche e scoprire la liberazione sessuale con un’abbronzata dea del socialismo internazionale”); infine l’intera parte finale, che pare sciogliere la problematica ma in realtà la rivolta, domandando di nuovo, mettendo ancora in dubbio.

Tutto questo in una prosa impeccabile – ottima traduzione di Annalisa Garavaglia – che, attraverso metafore ampie e cesellate, riscuote miracolosamente effetti semplici (“Passammo accanto al lago di Lakeville, che brillava di leggeri riflessi, come l’acqua fatta oscillare in una pentola”), collocando il volume in uno stato di piena felicità espressiva.

Un romanzo magnifico.

Forse.

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BENJAMIN KUNKEL, Indecision (2005) – Drammatico – Edizioni Rizzoli – Collana Bur 24/7 – 2007 – pagine 328 – prezzo 8,60 euro – giudizio 4 stelle