Programmazione cerebrale

Esistono diversi modi con cui i memi entrano nella nostra mente e lì mettono radici. Il primo e forse il più comune, è la ripetizione. Fin dall'infanzia ci vengono ripetute cose che sono entrate nella nostra testa e sono diventate "io". Ci hanno programmato, ci hanno forgiato al punto che spesso non siamo neppure in grado di mettere in discussione quello che ci è stato ripetuto. Sono cose che diventano parte di noi e nel contempo noi diventiamo automi al loro servizio. La distinzione spesso è impossibile a farsi. Le idee religiose sono l'esempio più calzante. Il catechismo ripete continuamente gli stessi concetti.

Per anni ascoltiamo i medesimi riti nei quali vengono pronunciate le stesse cose un'infinità di volte, spesso ossessivamente. E benché la ragione non c'entri un bel niente con esse, complici i meccanismi di cui abbiamo parlato prima, tradizione, evangelizzazione, senso di appartenenza e paura del pericolo, alla fine si instaurano stabilmente nel nostro cervello. Ma anche le più basilari tecniche di insegnamento si basano sul concetto di ripetizione. A furia di ripetere un concetto, quello finirà nella tua testa. Tanto la fede in una religione, come le province di una regione non nascono spontaneamente nel nostro cervello, sono memi che ci vengono ripetuti e con i quali veniamo "programmati". Se il processo ha uno scopo vantaggioso e produttivo per la persona si chiama educazione, altrimenti si può chiamare plagio. Il problema sta nel discernimento dei memi che servono al buon fine della nostra esistenza e cui siamo noi, consapevolmente, ad aprire la porta della nostra mente, da quelli che condizionano la nostra vita e i nostri pensieri in maniera subdola e negativa, senza che noi ce ne accorgiamo. La differenza a volte può essere sottile, ma esiste. Anche la pubblicità si basa spesso sul metodo della ripetizione, con lo scopo di far penetrare nel cervello dei memi-associazione.

Gli spot dei gelati, prodotti tipicamente estivi, vengono sovente associati a situazioni piacevoli: giovani, spiagge, divertimento, frescura, per non parlare di corpi ostentati, in cui il richiamo dell'istinto "sesso" è palese. Si crea così un condizionamento per il quale il nostro cervello verrà istintivamente orientato ad avere una sensazione positiva riguardo a un prodotto piuttosto che a un altro. Questo potrà valere molto nel momento in cui dovremo scegliere tra due prodotti analoghi di marche diverse, oppure quando ci imbatteremo nell'immagine del gelato sull'espositore davanti al bar che ci farà venire voglia... Più spesso di quanto si creda, i meccanismi pubblicitari non agiscono a livello conscio e noi ne siamo preda tanto più facile, quanto più siamo inconsapevoli del loro potere e delle leve istintive su cui vanno ad agire. Un'altra tecnica di condizionamento è quella che viene chiamata dissonanza cognitiva. In pratica si tratta di creare ad hoc una sensazione di disagio che viene poi allentata ad arte, causando così una sensazione di maggior benessere.

Questo è tipico, ad esempio, delle tecniche di vendita in cui viene prospettata un'offerta irripetibile che però dev'essere colta entro una determinata scadenza. Se il prodotto già ti allettava, l'ultimatum ti mette in una condizione di conflitto che puoi risolvere solo comprando o scappando. Ma comprando, il benessere che ne riceverai sarà maggiore, perché andandotene, il meme: "se non compro entro il... perderò un'occasione unica", si sarà conquistato una parte del tuo cervello e ti perseguiterà. Così la dissonanza cognitiva è una sorta di trampolino mentale.