Delos 1: Cyberpunk CYBERPUNK

Tra letteratura e realtà virtuale

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di Franco Forte

La letteratura cyberpunk nasce ufficialmente nel 1984, sulla spinta del successo tributato al romanzo Neuromante dello scrittore William Gibson (Editrice Nord, Milano). Dapprima intesa come una semplice branca della fantascienza legata alle teorie speculative sullo sviluppo dell'informatica e dei computer, il cyberpunk (parola coniata da Gardner Dozois, editor della Isaac Asimov Science Fiction Magazine, che vuole far coesistere in un unico termine le componenti cibernetiche della nuova rivoluzione industriale con l'attività trasgressiva delle ideologie punk) acquista improvvisamente una sua piena autonomia e un nutrito schieramento di appassionati in tutto il mondo, esprimendosi come qualcosa di molto vicino alle tendenze sociali del secolo e alle angoscianti problematiche che attanagliano l'individuo contemporaneo.
Bruce Sterling, lo scrittore considerato il teorico del gruppo, ha le idee chiare in proposito.
Lo sviluppo vertiginoso e incontrollato dell'informatica e dell'interazione elettronica con tutte le attività umane, ha portato a un improvviso mutamento delle prospettive, tanto che la letteratura cyberpunk, da aggressiva propedeutica di un modo immaginifico di descrivere il futuro possibile, si è tramutata in sintassi corrente, in espressione politica e ideologica di un diverso modo di interagire tra biologia e sviluppo tecnologico. Questo apparente scarto, un superamento dovuto più alla presa di coscienza degli autori cyberpunk che alla dilatazione dell'universo informatico, ha gettato le basi per un nuovo ordine sociale, la consapevolezza che dietro gli strumenti di potere a cui vengono abbinate le più grandi conquiste dell'elettronica (il mondo corre ineluttabilmente verso l'unificazione globale delle correnti di pensiero telematiche) vi sono i media tecnologici che possono innescare problemi a vastissimo raggio.
La Green Peace dei computer, per intenderci, è l'esigenza ormai soffocante di arrivare a una pianificazione totale del mondo attraverso una distribuzione etica e razionale delle risorse tecnologiche.
E non sono da meno le spinte ecologiste della New Age votate al risparmio di una natura in delirio, oppure la ridefinizione strutturale delle classi sociali dopo questa sottile ma impressionante rivoluzione industriale legata all'avanzata degli elaboratori elettronici; l'ufficializzazione di quei poteri occulti che già dalle pressanti denunce di romanzi come 1984 di Orwell si sono strettamente rivelati connessi con gli strumenti dell'era tecnologica; le nuove prospettive aperte all'immaginazione in relazione al vertiginoso sviluppo (ancora impossibile da quantificare) delle realtà virtuali; e infine la ridefinizione stessa delle carateristiche biologiche dell'umanità alle soglie del 2000, attraverso l'amplificazione dei percorsi interattivi tra natura e fredda scansione elettronica.
Il passo dalle iperboli della letteratura immaginifica alla pura e semplice applicazione della tecnologia è stato più breve di quanto lo stesso William Gibson aveva potuto prevedere, e adesso, nel suo nuovo romanzo intitolato Virtual Light, uscito recentemente in Italia e ambientato in un prossimo futuro in cui le realtà virtuali hanno sostituito egregiamente le pulsioni tecno-culturali dell'umanità (nonché ideologiche), appare già scontato il cammino forzato verso l'improbabile verità prima ancora che l'autore possa imporre le sue intime angosce e le sue oscure previsioni avveniristiche rivolte a un domani che bussa già alla porta.
Un'improbabile verità che i migliori autori cyberpunk stanno cercando con tutte le loro forze di scongiurare e guidare su binari più accessibli, attingendo alla forza pura delle ideologie in contrapposizione alle mere impalcature dell'universo narrativo.
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