Non stupisca l'inserimento di questa recensione all'interno di un sito solitamente dedicato al fantastico nelle sue più varie accezioni: il recente romanzo La Leggenda di Otori, opera prima dello scrittore e critico cinematografico inglese (trasferitosi in Australia) Lian Hearn, pur presentandosi al lettore poco attento come una drammatica saga storica, una documentata vicenda non vera ma verosimile, suggerisce fin dalla nota editoriale la presenza di un elemento sovrannaturale, magico, scopertamente fiabesco che non mancherà di sollecitare la curiosità degli abituali frequentatori della narrativa dell'Immaginario. Tale elemento - che curiosamente non fa la sua comparsa prima di una settantina di pagine - è costituito dalle stupefacenti capacità del protagonista, il giovane Takeo, innocente ma non ingenuo ragazzo che nell'antico Giappone feudale insanguinato dalle faide tra clan atavicamente rivali imparerà a conoscere - e ad accettare - i propri incredibili doni (un udito eccezionale, la capacità di sdoppiarsi) destinati a proteggere le persone che ama e a salvare la sua stessa vita.

Fortunosamente scampato alla strage della propria famiglia voluta dal crudele Iida, e sfuggito alla morte per l'inaspettato, ma non del tutto casuale, intervento del nobile Shigeru, Takeo inizia un lungo viaggio in un Paese terribile e stupendo, che lo porterà a scoprire, in un complesso gioco d'intrighi dove anche le passioni più impetuose seguono i dettami di un'esasperante formalità sancita da una tradizione millenaria, la duplice natura dei sentimenti umani; un viaggio in cui l'accidentata orografia dei luoghi richiama di continuo la tormentata geografia interiore, dove la dolorosa perdita della propria purezza si confonde con l'euforica scoperta dei propri pericolosi poteri, dove l'ambiguo piacere della vendetta non esclude l'impenetrabile legge del perdono, e l'appagante, durevole sicurezza dell'odio consuma non meno delle gioie fugaci di un impossibile amore. All'onore meschino, alla brutale cortesia degli spietati signori della guerra Takeo imparerà a contrapporre la pietosa violenza della spada e l'irragionevole logica della dissimulazione e dell'astuzia in un crescendo di tensione fino ai tumultuosi eventi finali.

Primo capitolo di una trilogia che pur non rinunciando all'invenzione fantastica si prefigura scevra dai consueti stilemi del Fantasy o della narrativa avventurosa, il libro ci trasporta con uno stile sobrio ma assolutamente efficace nel cuore di una vicenda antica e perennemente attuale, in un mondo violento ed affascinante come la vita, in cui "niente era come appariva" e ognuno sembra essere - o fingere di essere - qualcun altro, anche all'insaputa di se stesso.