Così si chiude la sinossi di questo romanzo: dove i conti magari non tornano, ma si fanno eccome. Ci insegna la fantascienza, fantascienza che Barbieri conosce e cita molto bene, che in un mondo dove regna la follia sistemica essere "squinternati" è sintomo di salute. Proprio "squinternati" sono definiti i due protagonisti, ovvero gli autori stessi, forse perché mai redenti, mai ricondotti alla follia del mondo. 

Daniele Barbieri, "sessantottino", e Gianluca Cininelli "settantasettino": giornalisti, scrittori, uomini che vivono le loro vite. In un giorno come un altro, vengono prelevati dalla Polizia, perché chiamati in causa da un misterioso terrorista che dopo un paio di azioni dimostrative annuncia che a distanza di 365 giorni esatti ucciderà una persona molto importante, a meno che proprio Barbieri e Cicinelli non risolvano il mistero della sua identità. 

I dodici capitoli del romanzo scandiscono così i dodici mesi dell'anno che passa, misurati da messaggi di 365 (questo il nome assegnato al vilain), e costellati da un'indagine che si disintegra presto in mosse dello Stato e contromosse di Barbieri e Cicinelli. I due a volte si contrappongono tra loro, e sempre di più allo Stato che al terrorista solitario. E l'ombra dello Stato si staglia sui personaggi, più grande e oscura e minacciosa di qualsiasi criminale. A sottolinearlo è la dedica del romanzo: Il libro è dedicato a Luigino Scricciolo [giornalista e sindacalista militante, nonché amico degli autori] che fu inquisito dallo Stato per 7171 giorni per poi essere assolto e morire poco dopo

È dunque breve il passo verso il rovesciamento delle prospettive: chi è il cattivo? Chi il criminale? Chi il vero antagonista narrativo? 

«…Ci pedinano, ci intercettano e non vedono l'ora di sbatterci dentro. Come se noi sapessimo chi cazzo è 365… Lui, almeno, è 365, noi siamo solo due contro lo Stato. Non ti fa ridere?»

«Battuta fiacchissima Gianlù…»

Parliamone, di queste prospettive rovesciate: sono le prospettive che ormai consideriamo consuete, sia nella quotidiana ordalia del senso comune, e sia – ahimé – nella narrativa sempre più assuefatta a regolette anglofone, sempre meno capace, come invece sono Barbieri e Cicinelli, di inoltrarsi in un intreccio e sporcarsi le mani nell'enigma della sua costruzione, per trarvi apertamente quello che conta e quello che si vuole dire, il cosiddetto "messaggio politico" che oggi a troppi sembra ridicolo o passato di moda, ma che i due autori non esitano a mettere al primo posto. 

Grazie a una serie di tappe forzate, che io vedo passare tra l'omicidio per mano delle Brigate rosse di Aldo Moro (Brigate rosse infiltrate dallo Stato) e l'omicidio del generale Dalla Chiesa per mano della mafia (fiancheggiata da altri pezzi di Stato e pezzi di merda vari), lo Stato ha vinto e i giovani hanno perso. Siamo stati noi a perdere la grande battaglia cominciata con il Sessantotto: la Waterloo della primavera di Parigi è stata l'inverno cupo degli anni Ottanta.

Questo non è 365, ma un racconto che mi è tornato in mente in parallelo: Arrivano i NAM, di Pietro Colaprico, operetta singolare e per molti aspetti speculare a 365, una storia sinistra, quanto il romanzo di B&C è agrodolce. Perché gli anziani ex Sessantottini di Colaprico hanno preso la strada della violenza politica, mentre i due protagonisti-autori di 365 l'hanno rifiutata, a beneficio della lotta culturale, dell'azione nonviolenta, dell'indagine attraverso le lenti unificatrici e rizomatiche della musica e della letteratura. In 356 il jazz e la fantascienza la fanno da padrone, con citazioni, interpretazioni, dialoghi gustosissimi e scelte di intreccio che non potrebbero essere tali se i personaggi non fossero convinti portatori “sani” (perché “squinternati”) di tali culture. 

Leggere questo romanzo malinconico, ironico, strampalato, scoppiettante, fantascientista-jazzista e fuori dalle righe permette anche una riflessione profonda (o una conoscenza inedita, per chi è a digiuno dei temi) sulla storia del nostro Paese: dalla contestazione sessantottina, passando per le lotte degli anni Settanta: oggi ricordate come cariche di tensione e contrasti, ma oggettivamente latrici di importanti conquiste, come la sanità pubblica, che già a partire dagli anni Ottanta il potere ha iniziato a ri-smantellare. 

Non deve essere stato facile vivere tutto questo e arrivare al tracollo turboneoliberista di oggi, per chi aveva creduto di poter costruire un mondo migliore e ha il coraggio di dirsi che ciò non è avvenuto. La generazione degli autori è quella che ha sperato, che ha sognato, che ha lottato e che ha conquistato; e che poi ha in gran parte mollato, ha visto distruggere tutto, ha ignorato le generazioni successive limitandosi a registrare laconicamente tutti i passi indietro a nostro discapito (chi scrive è nata negli anni Ottanta del "diventa miliardario dal tuo garage"), per noi che ci siamo visti espropriati senza capire cosa stesse succedendo. Leggendo "365", forse lo capiamo un po' di più, cos'è successo; e di conseguenza possiamo smettere di farne una colpa ai sessantotto-settantasettini, perché l'avversario che hanno fronteggiato a viso aperto è peggiore di ogni possibile previsione distopica (o, per lo meno, di una vigliacca), e anche solo non aver perso la propria buona volontà nel guardarlo in faccia è una vittoria da tenere cara.

Dice il protagonista di "Arrivano i NAM": 

Eravamo là, nel presente, ma era come se io fossi altrove. No, non nel passato, il passato è morto.

Risponde il personaggio Daniele Barbieri, in uno dei tanti battibecchi con il personaggio Gianluca Cicinelli, che così lo apostrofa: 

«Daniele ma di cosa stai parlando? Abbiamo già vissuto più di quello che camperemo ancora, non abbiamo perso una sola occasione per rovinarci la vita e incasinare quelli che ci hanno voluto bene, sempre per eroici principi. Certo, ci siamo anche divertiti, questo sì, e abbiamo fatto belle cose, te ne do atto. Però che dici se gli ultimi anni anziché finire di nuovo nei casini ci godiamo la pensione, a minima tu e a miseria io, pensando con soddisfazione a quanto eravamo belli, bravi e rivoluzionari?»

«Tu dai per scontato che io insegua i vecchi e forse cattivi maestri. Ma io te ne propongo uno nuovo: Asimov!»

C'è una sola e definitiva sconfitta, ed è rinunciare a credere (a sapere!) che il futuro rimane aperto e lo rimarrà sempre. La fantascienza è uno dei modi più belli per tenerlo a mente.