Calvino lo avvicinava a Jules Amédée Barbey d'Aurevilly e Auguste de Villiers de L'Isle-Adam, Carlo Bo lo indicava come secondo solo a D'Annunzio per capacità di giocare con la lingua italiana. Susan Sontag lo collocava idealmente tra Jorge Luis Borges e Karen Blixen, altri hanno indicato parallelismi con Edgar Allan Poe e Gogol'. Stiamo parlando di Tommaso Landolfi, uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento e, in quando autore di opere decisamente fantascientifiche, di conseguenza uno dei maggiori autori italiani del fantastico.

Tra le opere più spiccatamente di fantascienza c'è Cancroregina, uscito nel 1949 e riproposto ora da Adelfi.

Il libro

Cancroregina è il nome di una fantastica astronave, dal dorso lustro e dai mille occhi, dall’«umor bizzarro», dalle «multiformi e complicate viscere». Il già vasto bestiario landolfiano si arricchisce qui di una cosmica belva, nel cui ventre il protagonista trascina la sua eternità, diviso fra la nostalgia di una vita pur ritenuta «impossibile» e il desiderio di una morte che pare aver perduto i suoi connotati di certezza. A Cancroregina l’angosciato avventuriero di questo lungo racconto, che apparve per la prima volta nel 1950, aveva affidato il ruolo di «liberatrice, quella che sulle sue ali (del tutto metaforiche) doveva trasportarmi (non metaforicamente) fuori del mio ingrato mondo». Naturalmente l’impresa ha tragico epilogo (quasi tutto finisce male, in Landolfi) – e nulla cambia nell’opaco orizzonte del personaggio: «Io sono solo qui dentro, solo e senza speranze, press’a poco come prima di cominciare questo folle volo». La fulgida disperazione dell’autore, il suo sguardo volto verso l’interno, impietoso nel valutare la dolorosa impasse di mezza vita e mezza morte in cui soltanto riconosce la propria esistenza – e forse quella comune –, si dilatano in parole d’ampia eco, nel diario di un antichissimo astronauta della mente e del cuore.

L'autore

TOMMASO LANDOLFI è uno scrittore, poeta, traduttore e glottoteta italiano. Nato da famiglia nobile, si laurea in Lingua e Letteratura Russa all'Università di Firenze nel 1932. In gioventù frequenta la cerchia degli ermetici e collabora a «Letteratura» e «Campo di Marte». Landolfi esordisce come narratore nel 1937 col racconto umoristico e concettuale Dialogo dei massimi sistemi. Alimentato da infinite suggestioni letterarie (da Rabelais a Gogol' passando per i simbolisti…), il discorso narrativo di Landolfi verte soprattutto sull'incontro-scontro tra istinti e ragione, tra consapevolezza e inconsapevolezza, registrato con ironia e e lirismo. Tra i successivi libri di narrativa ricordiamo Il mar delle blatte e altre storie (1939), La pietra lunare (1939), Racconto d'autunno (1947, da cui sarà tratto un film), Ottavio di Saint Vincent (1958, premio Viareggio), Rien va (1963), Le labrene (1974) e A caso (1975, premio Strega). Ha scritto anche opere di poesia, tra le quali Viola di morte (1972) e Il tradimento (1977, premio Viareggio), e un volume di critica letteraria: Gogol' a Roma (1971). Per il teatro ricordiamo Landolfo VI di Benevento (1959), Scene della vita di Cagliostro (1963), Faust '67 (1969). Landolfi è considerato uno dei massimi scrittori del Novecento: in Italia le sue opere sono pubblicate presso Adelphi. Da ricordare che Italo Calvino, che apprezzava particolarmente il suo lavoro, ha curato un'antologia di racconti landolfiani nel 1982.

Tommaso Landolfi, Cancroregina, Piccola Biblioteca Adelphi, pagg. 96, euro 12, ebook euro 6,99.