Spoiler o non spoiler? La recensione come strumento critico può avere due funzioni: dare indicazioni a un lettore indeciso per permettergli di capire se valga la pena leggere un certo libro o vedere un certo film; e imbastire una discussione.

Star Wars Gli ultimi Jedi, è evidente, è un film che praticamente tutti i lettori del nostro sito andranno a vedere (se non l’hanno già fatto ieri sera), e in ogni caso non sarà leggendo una recensione che prenderanno questa decisione. Inutile quindi privarsi della possibilità di discutere a fondo il film: diamo per scontato che l’abbiate già visto, e se non l’avete fatto chiudete la pagina e tornate qui solo dopo la proiezione.

Lasciamo ad altri commenti sulla qualità visiva del film, sulla tecnica di regia, i chiariscuri, i tramonti, l’uso dei colori, così come i riferimenti a un’estetica manga (i Jedi non sono in fondo una sorta di supersayan? Provate a negarlo dopo aver visto Luke Skywalker che si spazzola la spalla quando il fumo del borbardamento a cui l’hanno sottoposto si disperde). E non addentriamoci neanche nel terreno minato della coerenza mitologica. Altri li affronteranno con più competenza di noi. Da parte nostra vorremmo dare una proposta di lettura un po’ particolare.

Star Wars Gli ultimi Jedi è il secondo film della terza trilogia. Da copione, se Il risveglio della Forza ricalcava Una nuova speranza, Gli ultimi Jedi dovrebbe ricalcare L’impero colpisce ancora. E in parte si può dire che lo faccia: analogie nella trama ce ne sono, e inevitabilmente il film è più cupo del Risveglio. Inevitabilmente perché, essendo il film “di mezzo”, come accade in ogni trama deve rappresentare il momento della crisi, alla quale seguirà la vittoria nella terza parte.

In realtà il film di Rian Johnson si distacca decisamente dal canovaccio della trilogia originale, molto più di quanto avesse fatto Abrams con Episodio VII. Potremmo dire, anzi, che ci fa assistere al vero e proprio momento di emancipazione della nuova generazione, che definitivamente prende il posto di quella vecchia, andando verso un futuro che dovrà costruirsi da sola.

Questa dichiarazione di intenti viene esplicitata persino verbalmente da Kylo Ren, quando dice che tutto il vecchio deve morire: Snoke, Primo Ordine, Ribelli, per dare inizio a qualcosa di nuovo. A Rey il “nuovo” prospettato da Ren non piace, ma è lei stessa a emanciparsi dalla vecchia generazione mollando un recalcitrante Luke Skywalker al suo destino e decidendo di prendere in mano la situazione da sola.

È un po’ una rivoluzione, se vogliamo. Una rivoluzione che viene dal basso: sono ormai almeno due o tre anni che i fan si chiedono di chi sia figlia Rey, dove stia la sua “nobiltà” di sangue, e la risposta (sempre che Ren non abbia mentito) è la migliore che potessimo aspettarci: non c’è nessuna nobiltà. Rey non è figlia di Luke, di Obi Wan e nessun altro, è figlia di nessuno, di due persone del tutto insignificanti che l’hanno abbandonata. Tra i temi dello Star Wars tradizionale che vengono abbandonati, quello “dinastico” lo lasciamo da parte più che volentieri. Del resto se la Forza pervade l’universo, perché dovrebbe essere più forte in chi è figlio di qualcuno in particolare? (se qualcuno dice “midichlorian” vada in castigo dietro la lavagna). Così i nuovi Jedi nascono dalla classe operaia, dagli sfruttati, dai negletti. Da una spazzina di un pianeta inutile, da un ragazzino addetto alle stalle (l’avete vista anche voi, vero, la scopa che si avvicina da sola alla mano, in una delle ultime scene?). Gli eroi sono un soldato semplice disertore e una “addetta ai cavi” che ha sempre vissuto nelle retrovie. Non c’è bisogno di scoprire che hanno sangue nobile: sono giudicati per quello che fanno.

In questa visione “di sinistra” di Gli ultimi Jedi, potremmo andare anche oltre e annoverare tra gli aspetti positivi del film (o della trilogia) anche quello che altri potrebbero considerare un punto debole: la relativa debolezza dei cattivi.

Crediamo ci sia poco da discutere se diciamo che il personaggio che ha davvero “sfondato” nell’immaginario collettivo, parlando di Star Wars, sia Darth Vader. Spesso il fascino del cattivo rappresenta buona parte della forza di un film di questo tipo.

La nuova trilogia non ha un cattivo così netto e affascinante. Snoke è un fantoccio, un cattivo maligno bidimensionale senza alcun tipo di carisma, ed è un bene che venga tolto di mezzo. Il Darth Vader della nuova trilogia è chiaramente Kylo Ren, che è un personaggio magnifico, complesso, che riesce a riunire in sé stesso un’enorme determinazione e un’enorme indecisione. Ma non ha, né può avere proprio per queste sue caratteristiche, il carisma del cattivo. E questo in qualche modo ci piace: siamo un po’ stufi di villain che ispirano, forse il mondo ha bisogno di vedere i cattivi per quello che sono, ingranaggi di sistemi più grossi di loro, mossi da meschinità personali e tutto sommato non così bravi, così forti, così astuti. I veri cattivi, quelli che davvero tirano le file e si godono i frutti di tutta questa “grande macchina”, come la definisce DJ, sono i ricchi mercanti d’armi che si godono la bella vita, coi soldi ricavati dalla vendita di AT-AT al Primo Ordine e di X-Wing alla Resistenza.

La mancanza di carisma dei cattivi viene sottolineata in tutti i modi, anche tramite gag forse un filo eccessive. Anche se è vero che i cattivi in Star Wars sono sempre stati un po’ tonti: Stormtrooper addestratissimi incapaci di centrare un bersaglio, armi gigantesche lasciate invariabilmente con un punto debole a portata di mano, lassismo nel controllo dei gusci di salvataggio (che rischio vuoi che ci sia se fuggono due droidi, in un universo in cui i droidi sono praticamente persone), e così via. 

In questo film abbiamo un superpotente lord Sith capace di manipolare chiunque e vedere nella mente di chiunque che si fa fregare come un pollo dal suo stesso discepolo. Abbiamo una corazzata che va in battaglia praticamente indifesa (anche se lì accanto c’erano parecchi Star Destroyer, che per qualche motivo stanno a guardare mentre il loro pezzo migliore viene distrutto). L’impreparazione dei cattivi è tale che persino i buoni vengono in aiuto, facendo viaggiare i propri bombardieri abbastanza vicini da far sì che una volta colpito uno, l’esplosione coinvolga anche quasi tutti gli altri.

E finalmente arriviamo all’ultimo passo, i cattivi che vengono addirittura sbeffeggiati quando un’intera flotta che si ferma davanti a un caccia dando il tempo a Poe Dameron di prendere in giro l’ammiraglio.

La cancellazione del fascino del cattivo è completa: resta, se vogliamo, il fascino del ribelle, che paradossalmente non è un Ribelle nel senso starwarsiano del termine, ma il capo dello pseudo-Impero. Kylo Ren non è affascinante perché è cattivo, ma perché è tormentato, perché è in cerca di qualcosa senza sapere cosa, perché potrebbe da un momento all’altro passare dalla parte giusta. Ma non lo fa.

Ora la palla torna in mano a JJ Abrams, per il terzo film della saga. Se nel Risveglio della forza il tentativo di Abrams era stato quello di ricucire i fili della vecchia trilogia, nel terzo capitolo dovrà lasciarsela definitivamente alle spalle, scomparsi Han Solo e Luke Skywalker, e con la scomparsa forzata, purtroppo, anche di Leia. Ma sappiamo già che all’Episodio IX seguiranno un X, un XI, un XII. Almeno l’ansia di dover fare un finale del tutto convincente, questa volta, dovrebbe essere mitigata.