Questa avversione per un genere narrativo qual è la fantascienza, non era – scoprii dopo, come già accennato – solo di mio padre o del gruppetto dei coetanei. Era ed è certamente causata tuttora da una

scarsissima o deviante conoscenza che si ha dell’argomento, nonché da un assoluto disinteresse per la materia, a sua volta derivante in buona parte dalla diffusa carenza di una sia pur minima cultura scientifica di base. Anzi, per la scienza non pochi avevano e hanno addirittura avversione, ritenendola più una sciagura che un vantaggio. Il che, spesso e purtroppo, si ripercuote nell’insegnamento. È trascorso un bel po’ di tempo, ma ricordo una mia insegnante convinta che mai si sarebbe potuto volare nello spazio, perché lì non c’è atmosfera e un razzo cade se non c’è l’aria a sostenerlo. A gettare benzina sul fuoco, erano talora anche nomi notissimi, che magari in tv o altrove parlavano a una platea di milioni di persone. Non dimentico il veneratissimo Mike Bongiorno che dal podio televisivo di “Lascia o raddoppia” (milioni di ascoltatori) definiva con tono supponente la fantascienza “falsa scienza”. Ancora peggiore perché riveniente da persona ritenuta di altissima cultura, Giorgio Manganelli(traduttore, giornalista, scrittore, critico letterario, esponente della neoavanguardia letteraria degli anni Sessanta) fu una definizione della fantascienza come “fantascemenza” in quanto narrativa “analfabeta, infantile, demenziale” (correva l’anno 1977).  E se possibile, peggiore del peggiore, in quanto parole del direttore d’una importantissima rivista di fantascienza, Galaxy (fine anni Cinquanta), Riccardo Valente, la dichiarazione rilasciata durante una intervista: “…Siamo un popolo di santi, di navigatori, di poeti, di precursori, di geni incompresi (…) ma non, enfaticamente non, di scrittori di fantascienza”. Questi ultimi episodi non sono mia esperienza personale, diretta, ma ne scrivo perché lo diventa in via indiretta, ritrovandoci noi tutti co-destinatari di pareri, critiche, menzogne e insulti del genere.Alcuni giudicano positivamente il ventennio di Fruttero e Lucentini curatori di Urania. Personalmente lo considero una catastrofe, e non riesco a capire perché i due avessero accettato un impegno del genere, visto che di fantascienza non avevano mai preso un libro in mano. E infatti, poi lessi rarissimamente sceglievano i testi per Urania: c’era chi lo faceva per loro. 

James Ballard
James Ballard
L’unico lato positivo della loro gestione, credo che sia l’aver “scoperto”, e/o presentato più di frequente, autori grandissimi quali Thomas Disch, Raphael A. Lafferty, James G. Ballard, Philip K. Dick, Mack Reynolds, Ian Watson. La rubrichetta “Il Marziano in cattedra”, che inventarono e mantennero per lungo tempo, a me è sempre parsa più una beffa alla fantascienza italiana, con i raccontini di mezza paginetta, la poesiola, il disegnino: magari a volte c’era qualcosa di gradevole, ma per cortesia, non parliamo di sf italiana. Un prezioso irripetibile ventennio sprecato, perché quello spazio sarebbe stato utilissimo alla presentazione di nostri autori ormai cresciuti e certamente degni di pubblicazione e di ulteriori sviluppi. Penso ad Aldani, a Curtoni, a Pestriniero e a tanti altri. Molti dei nostri autori della prima ora, va anche detto, sebbene promettenti furono costretti ad abbandonare la fantascienza, visto che non offriva una  minima occasione di lavoro, di una collaborazione sia pur saltuaria. Gli unici racconti italiani pubblicati nella gestione dei due furono Il punto nero di Aldo Palazzeschi (!), che tra l’altro fantascienza non era, e altri tre o quattro racconti di autori con nomi strani che poi, si scoprì, erano pseudonimi degli stessi Fruttero e Lucentini. Ma non finisce qui. 

Pochissimi sanno che negli anni Settanta, il quotidiano “Paese Sera” pubblicò una lunga intervista a Fruttero e Lucentini, che – su questo convengo – sono stati autori e co-autori di romanzi mainstream e “gialli” d’innegabile pregio e originalità. L’intervista riguardava, appunto, l’attività culturale dei due, ma nel leggerla, alla fine rimasi sbalordito nel constatare che i due non avevano fatto, tra i vari episodi del loro movimentato curriculum, il minimo riferimento alla loro attività di curatori della collana mondadoriana. La cosa mi indignò non poco, e decisi di inviare al quotidiano una lettera di protesta. La mia indignazione crebbe ulteriormente allorché mi giunse per posta una lettera in cui la Direzione di “Paese Sera” mi chiedeva di riscrivere la mia lettera eliminando alcune frasi che – sottolineo – non erano offensive, ma che chiedessero solo ai Gent.mi Sigg.ri Fruttero e Lucentini di raccontarci qualcosa anche sulla loro esperienza mondadoriana. La lettera fu pubblicata, ma ulteriormente censurata, e in pratica era uno scritto che non diceva nulla. E nulla venne dai due. Da quel giorno non lessi più “Paese Sera”. Peccato. Era una testata molto interessante, e diceva cose che altri quotidiani non riportavano. Ma evidentemente la fantascienza era (è) un qualcosa ancora più pericoloso delle bugie, o della mafia eccetera.