Quando il Signor Lovecraft chiede aiuto per districare un assalto interdimensionale e transtemporale che si dipana da Tunguska fino ai giorni nostri, solo la miglior creazione di Nikola Tesla può buttarsi a capofitto nel problema.

Siamo ormai al terzo episodio per una serie indipendente di pura fantascienza che riesce costantemente a migliorare fin dagli esordi. Nato nel 2007 assieme alla casa editrice Red 5, Atomic Robo si distingue rapidamente per idee originali, uno stupefacente ritmo narrativo, un'ottima ironia ma ancora qualche incertezza iniziale. Verrà in effetti assimilato da subito alla versione fantascientifica del celebre Hellboy di Mike Mignola con cui condivide però, a saper guardare meglio, solamente uno stile anticonvenzionale ed un certo sense of humor. Mentre il capolavoro di Mignola affonda a piene mani nell'immaginario fantastico e mitologico della cultura occidentale, Brian Clevinger, l'autore di Atomic Robo, non solo mette in campo i miti della fantascienza del ventesimo e del ventunesimo secolo ma riesce anche a far salire alla ribalta le più accattivanti personalità scientifiche degli ultimi cento anni, il tutto shakerato in un cocktail psichedelico annaffiato, per finire, da un pizzico di sovrannaturale ed uno di horror. Si potrebbe dimostrare molto difficile mantenere un equilibrio in queste condizioni ma Clevinger si rivela un acrobata esperto tanto da accaparrarsi già ben due nomination agli Eisner.

Costruito da Nikola Tesla nel 1923, il nostro protagonista meccanico si trova a dover affrontare, nella New York degli anni '30, un mostro interdimensionale scaturito nientedimeno che dalla testa di Howard Phillips Lovecraft, rimasto infettato dalla creatura dopo averla affrontata a Tunguska proprio assieme allo stesso Tesla. Un inizio al fulmicotone, per il terzo volume della serie, che decisamente non si affievolisce nel resto della narrazione in un crescendo di colpi di scena che si dipanano almeno su quattro piani temporali diversi. Dalla New York degli anni '30 di Lovecraft e Charles Fort, celebre occultista di inizi secolo, si passa all'Oregon degli anni '50, in piena guerra fredda, per poi arrivare agli anni '70 con Carl Sagan coinvolto in una improbabile avventura africana assieme al nostro protagonista, chiudendo infine al giorno d'oggi con un colpo di scena che tira le fila di tutta la vicenda. I piani temporali sono mischiati ad arte in un gioco di carte frizzante e divertente che garantisce al lettore alcune buone sorprese unite ad un eccellente ritmo narrativo e condite da dialoghi superbi. Per la prima volta vediamo solo di sottofondo la Tesladyne, impresa fondata da Robo per la ricerca scientifica ai margini dell'impossibile, e nessun intervento della Lega degli Scienziati d'Azione, braccio "armato" della Tesladyne per gli interventi sul campo. Tutta la struttura narrativa si accentra sul protagonista che ne regge benissimo il peso e può sbizzarrirsi nel mostrare lati di sé stesso che non apparivano nei primi volumi. Robo non è solo un divertente martello pneumatico intellettuale, costruito per farsi strada a cazzotti nel mondo della scienza, ma in primo luogo un degno successore del suo creatore, la cui mente sveglia e curiosa riesce perfettamente, o quasi, a tenere il passo delle vicende allucinanti in cui si trova coinvolto.

Sempre perfetti i disegni di Scott Wegener che si dimostrano tagliati apposta per il personaggio e per lo stile narrativo di Clevinger. Lo stile semplicissimo ma ricco di dettagli di questo artista, unito all'inchiostratura magistrale di Ronda Pattison, danno il meglio sia nel rendere un contesto storico di inizio secolo sia nei più pindarici voli d'immaginazione dello scrittore, mantenendo sempre e comunque una buona attenzione all'espressività dei personaggi e soprattutto del protagonista. Riuscire a mostrare la varietà delle emozioni umane sul volto meccanico del protagonista e far in modo che siano subito riconoscibili al lettore, portandolo anzi ad immedesimarsi facilmente in un automa, è un'impresa che merita un plauso particolare già di per sé stessa.

Ci troviamo di fronte quindi a quasi centocinquanta pagine di pura fantascienza, così rara in questa forma nel mondo dei fumetti, che spaziano dalle più classiche storie di mostri spaziali fino ad arrivare alle teorie sui computer quantici e sulle dimensioni parallele, il tutto senza mai scordare un buon apporto di puro divertimento: più che un capolavoro un'impresa che sembra impossibile.