E' raro trovare film interessanti come Stigmate in grado di offrire tanti piani di lettura differenti. Innanzitutto l'aspetto meramente visivo della pellicola è a dir poco emozionante. Uno stile da videoclip è lo spartiacque narrativo ideale tra la serietà austera del Vaticano e la vita da single emancipata di una ventitreenne newyorchese, atea, disinibita e vagamente ignorantella. Eh già, perché se non fosse stata Patricia Arquette con la sua sensualità languida come si sarebbero altrimenti potuti perdonare altrimenti sviste e svarioni religiosi che la portano a confondere un rosario con una catenina e a non sapere nulla se non di Padre Pio, nemmeno delle stigmate di San Francesco o del modo in cui era stato crocefisso Gesù Cristo? E' vero siamo in America, la nazione dell'ignoranza enciclopedica, ma alcune lacune sembrano motivate principalmente dal copione per consentire al sacerdote "strafico" interpretato da un tenebroso e straordinario Gabriel Byrne di potere spiegare che cosa sono quegli strani accadimenti che martoriano il corpo della giovane. Fortunatamente Stigmate perde la strada della falsariga dell'Esorcista per seguire una trama molto più avvincente e intrigante. La strana possessione di cui è vittima la ragazza la costringe suo malgrado ad essere un messaggero che porta con sé un mistero in grado di destabilizzare la Chiesa fin nel profondo delle sue radici. Ed è proprio grazie a questo intrigo a metà tra mistica e fantapolitica che Stigmate decolla. L'intreccio di musica e immagini è in grado ­ sorprendentemente ­ di spiegarci cos'è la santità attraverso il suo contrario. Sebbene gli effetti speciali che riecheggiano un po' Carrie di De Palma lascino leggermente a desiderare, Stigmate è un film originale ed emozionante in cui il gotico post ­ moderno conquista una dimensione visiva e spirituale nuova e dove ansie escatologiche e dubbi metafisici e politici si scontrano contro il muro del dogma.