Atteso con una certa curiosità – e un certo timore – dagli estimatori di Philip K. Dick, è arrivato l’episodio pilota di The Man in the High Castle, la serie tratta dal romanzo omonimo noto in Italia col titolo La svastica sul sole.

Rispondiamo subito alle domande più pressanti: ci è piaciuto? Molto. È fedele al libro? Non del tutto. Ma abbastanza. Siamo ansiosi di vedere i prossimi episodi? Assolutamente sì, ma qui sono dolori.

L’episodio non è andato in onda su nessuna emittente; la produzione, affidata alla Scott Free Production (compagnia di Ridley Scott) da Amazon, è stata pensata per la distribuzione diretta via streaming su Amazon.com. Il pilota è disponibile gratuitamente (anche se solo per clienti dotati di carta di credito rilasciata in USA), ma la serie seguirà solo se il primo episodio avrà riscosso un adeguato successo, in termini di numero di download e di giudizi espressi. Potrebbe passare anche molto tempo, fino a un anno, prima di avere un responso definitivo, quindi non ci si può aspettare di veder continuare la serie molto presto.

Ma torniamo al pilota, un’ora tonda (non la solita ora televisiva americana di 45 minuti) che si apre con una sigla accompagnata da una ninna nanna tedesca cantata in stile anni cinquanta, che per chissà quale associazione ci fa venire in mente Blade Runner. E non è un collegamento sbagliato.

Toni cupi, scenografie, ritmo ricordano molto da vicino il capolavoro di Ridley Scott tratto da Philip Dick (verso la fine c’è anche una piccola citazione, ma vi lasciamo la soddisfazione di trovarla da soli). Il gruppo di Scott riesce a ricreare una versione anni Sessanta degli Stati Uniti occupati straordinariamente credibile. Ovunque loghi con la svastica, cinegiornali, trasmissioni televisive in cui si scorge un vecchio Hitler coi capelli bianchi nella parte ambientata nella costa orientale, ormai annessa al Grande Reich Nazista; bandiere imperiali del Giappone e insegne scritte in Kanji nella San Francisco degli Stati Uniti del Pacifico sotto il dominio giapponese.

Il cast non comprende grandi star – a parte Rufus Sewell, se vogliamo definirlo tale, nella parte dell’Obergruppenfuhrer Smith – ma gli attori principali sono ben selezionati.

Parlando degli attori cominciamo anche a parlare delle discrepanze tra libro e film. Alexa Davalos interpreta Juliana Crain, nel libro ex moglie di Frank Frink; qui è la fidanzata e i due abitano insieme. Dopo aver ricevuto un pacchetto misterioso dalla sorella, che poco dopo sarà trucidata dalla polizia giapponese, deciderà di partire abbandonando Frink.

Rupert Evans interpreta Frank Frink, l’orafo di origini ebree che vive a San Francisco. Come nel libro viene arrestato dalla polizia, ma è diversa la motivazione: nel telefilm è per aver cercato di coprire Juliana, non per aver sabotato il suo posto di lavoro come nel libro.

Luke Kleintank interpreta Joe Blake; nel libro il personaggio si chiama Joe Cinnadella, un emigrato italiano (di Milano).

Sono presenti altri personaggi, come l’ispettore Kido, Nobusoke Tagomi, lo svedede Victore Baynes, manca invece completamente Robert Childan, l’antiquario, uno dei personaggi chiave del libro. Non è il caso di preoccuparsi più di tanto: è probabile che possa fare la sua comparsa negli episodi successivi.

Il cambiamento più interessante rispetto al libro riguarda The Grasshopper Lies Heavy, l’opera del misterioso uomo nell’alto castello in cui si narra una realtà alternativa in cui gli Stati Uniti hanno vinto la guerra. Nel libro di Dick si tratta di un libro: qui di tratta invece di un film. E la cosa ha perfettamente senso: a parte l’ovvio vantaggio di poterlo far vedere, mentre un libro avrebbe dovuto essere raccontato, viene mantenuto l’effetto di “abisso”, in Dick era un libro di storia alternativa dentro un libro di storia alternativa, qui è un film dentro un un film.

Si vede qualche breve scena, riprese dello sbarco in Normandia e altri momenti della “nostra” Seconda guerra mondiale. 

Qui c’è un frammento di pochi fotogrammi che a nostro avviso potrebbe rappresentare lo scostamento più grave dallo spirito di Dick.

Uno degli aspetti più intriganti del libro risiedeva proprio nel fatto che la realtà alternativa descritta in La cavalletta non si rialzerà più non era affatto simile alla nostra. La Germania e il Giappone avevano perso, ma la guerra era andata molto diversamente. Roosevelt non era stato rieletto presidente nel 1940, l’Inghilterra non aveva subito la perdita dell’Impero e si era anzi rafforzata, e alla sconfitta dell’Asse ne era uscito un mondo in cui la Guerra Fredda era tra USA e UK, anziché tra USA e URSS. In questo modo, Dick riusciva a creare un’incredibile sensazione di straniamento nel lettore. 

Nel frammento a cui facciamo riferimento si vede un filmato girato a Teheran nel 1943 con Stalin, Churchill e Roosevelt, che nella versione del libro non avrebbe dovuto esserci. Almeno fin qui, insomma, la realtà del film dell’Uomo nell’alto castello non sembra divergere dalla nostra.

Comunque sia, un libro è un libro e un film è un film – o una serie tv è una serie tv. È normale e giusto che ci siano differenze fin tanto che lo spirito viene conservato. Una serie tv deve funzionare come tale e di sicuro questa funziona.

Soggetto e sceneggiatura sono di Frank Spotnitz, un veterano di X-Files che di recente ha lavorato anche nel Regno Unito sulla serie sull’MI6 Strike Back. Se va fatto un appunto al suo lavoro è forse la freddezza, probabilmente voluta per rappresentare lo stato di oppressione, ma che almeno in un caso appare eccessiva, quando viene uccisa Trudy e sua sorella Juliana non ha alcuna reazione emotiva.

Viceversa, il film riesce a creare forti reazioni emotive nello spettatore con semplici dettagli. Il Nazismo al potere non è soltanto un po’ di svastiche in giro e SS pronte a torturare il partigiano di turno. Il Nazismo è anche un pullman sul quale si trovano persone di colore o di religioni "sbagliate", o una coppia di ragazzi Down, e improvvisamente ti rendi conto che tutte quelle persone sotto al Nazismo sarebbero condannate a morte. Il Nazismo è anche uno sceriffo di campagna che dice come se fosse la cosa più normale del mondo che quella cenere che c’è nell’aria viene dall’ospedale, dove al giovedì bruciano gli invalidi e i malati terminali.

Ora ci sediamo ad aspettare che arrivino le altre puntate. Speriamo solo di non dover attendere troppo.