Mentre sulla stampa nostrana tiene banco il vivace dibattito se del dilagare delle minzioni stradali sia maggiormente responsabile la soppressione dei vespasiani pubblici o l'abuso diabolico di birra (rif. Claudio Magris, Corriere della Sera on line, pagina culturale del 31 agosto 2008) e s'indaga l'emergenza di un nuovo preoccupante costume sociale legato alla valenza pornografica di elaborate pietanze (rif. Benedetta Perilli, Repubblica on line, Tecnologia & Scienza del 29 agosto 2008), altrove si tende a guardare al di là dell'ombelico e a questionare un po' meno sul computo dei peli limitrofi. Forse è il clima che si respira in questa fase particolarmente accesa della campagna elettorale americana in vista della fatidica data del 4 novembre, ma è un segnale senza dubbio incoraggiante che le pagine del Los Angeles Times abbiano ospitato il 22 luglio scorso una interessante riflessione sul futuro dell'umanità. Autore dell'articolo è Michael Shermer, un divulgatore scientifico con un feeling particolare con la fantascienza, come dimostrano le prime due storiche copertine della rivista Skeptic (da lui fondata nel 1992), che ritraggono rispettivamente il compianto Isaac Asimov (all'epoca recentemente scomparso) e un robot intento a leggere proprio il primo numero del magazine.

Shermer, fondatore della Skeptics Society, articolista dello Scientific American e personalità di sicuro fascino letterario (come avranno intuito i lettori del premio Hugo 2006 La voce dall'aldilà, di Connie Willis), non ha scelto un approccio di convenienza, anzi, ha resistito a qualsiasi concessione per sferrare un attacco frontale all'insidiosa materia. E ha auspicato un'evoluzione convergente delle nostre strutture politiche, economiche ed energetiche per l'obiettivo che si propone, evocando fin dal titolo la nozione di Civiltà di Tipo I della scala di Kardashev. Personalmente, ho avuto modo di affrontare a più riprese l'argomento. Come illustravo sul mio blog un po' di tempo fa, il cosmologo russo Nikolai Kardashev mise a punto nel 1964 un metodo di classificazione delle civiltà sulla base del livello tecnologico raggiunto. Il sistema prese quindi da lui il nome di scala di Kardashev. Sinteticamente, Kardashev individua 3 punti di transizione per diversificare il livello di evoluzione di una ipotetica civiltà interplanetaria. La prima transizione conduce a una Civiltà di Tipo I, capace di sfruttare una quantità di energia confrontabile con quella disponibile sulla Terra (per una potenza di 1,74 ×1017 W); la seconda a una Civiltà di Tipo II, in grado di ricavare energia da una stella per sostenere il proprio fabbisogno (4 ×1026 W); la terza a una Civiltà di Tipo III, di proporzioni galattiche (4 ×1026 W).

La ricetta di Shermer si articola in alcuni punti chiave. Innanzitutto, non si

può prescindere dalla transizione dai combustibili fossili alle nuove fonti energetiche rinnovabili, pena l'impaludamento nelle tensioni e nei conflitti che hanno segnato la storia dell'ultimo mezzo secolo. L'obiettivo che si propone l'autore, ovvero il raggiungimento del primo livello sulla scala di Kardashev, non può essere guadagnato facendo leva sulle fonti tradizionali che, con il picco dell'estrazione petrolifera ormai dato per imminente dagli esperti, tradiranno sempre più la loro inadeguatezza nel far fronte al fabbisogno dell'umanità. Attualmente il nostro collocamento sulla scala è stimato intorno a un livello pari a 0.72, ma la natura logaritmica del sistema di misura comporta un salto significativo nella produzione a fronte di un progresso anche minimo. Shermer individua nelle rinnovabili (solare, eolico e geotermico) un buon inizio ma crede che solo supportandole con l'energia nucleare si possa ambire a un traguardo tanto ambizioso. Dal mio canto, non posso non rilevare che il ricorso al nucleare si connota piuttosto come la scelta di un surrogato, che va a rimpiazzare una fonte in esaurimento con un'altra che potrebbe a sua volta raggiungere, nel giro di mezzo secolo o di un secolo al massimo, il suo picco estrattivo, riportandoci a quel punto nuovamente di fronte al rischio di una crisi mondiale, plausibilmente di livello "qualitativo" perfino superiore. Il discorso cambierebbe invece prendendo in considerazione la fusione in luogo dei classici reattori a fissione, ma la ricerca in merito è purtroppo ancora in alto mare.

Gli ostacoli, come osserva Shermer, non sono di natura esclusivamente tecnologica ma coinvolgono anche la volontà politica e gli interessi economici, tutti fattori non di secondo piano nella prospettiva di una rivoluzione epocale. L'elemento forse più interessante della sua riflessione è l'estrapolazione dalla scala di Kardashev dei mutamenti sociali in cui si è snodata l'evoluzione dell'umanità. In sintesi, Shermer individua i seguenti momenti-chiave: la gerarchia dominante e violenta delle società tribali dell'Età della Pietra come riflesso della tecnologia primitiva basata su semplici utensili (Tipo 0.1), l'organizzazione orizzontale ed egualitaria dei primi gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori (0.2), lo stile di vita agricolo e l'inizio delle gerarchie politiche e di una prima ripartizione del lavoro (0.3), che arriva presto a tradursi nell'emersione di diseguaglianze sociali e di una disparità tra classi inferiori produttrici di beni e classi superiori non produttive che si dedicano al consumo di questi beni (0.4); il Tipo 0.5 è consistito storicamente nell'affermazione del commercio mercantile e di stati dalla forte connotazione geografica, presto sfociata nell'imposizione delle logiche egemoniche di imperi transnazionali (Tipo 0.6); abbiamo dovuto attendere il Novecento per assistere all'emersione delle democrazie elettive fondate sulla distinzione dei poteri e l'esplosione

dell'economia di mercato (Tipo 0.7), situazione che nel corso del XXI secolo potrebbe condurre all'estensione globale del suffragio universale e all'attestazione di scambi a somma positiva grazie al commercio internazionale (ipotetico Tipo 0.8 sulla scala di Kardashev). Sempre nel campo delle estrapolazioni restiamo per illustrare il Tipo 0.9 con la sua proficua sinergia tra democrazie liberali e libero mercato e l'agognato Tipo 1: un mondo finalmente globale, percorso da flussi di dati accessibili a chiunque attraverso una rete wireless di estensione mondiale; un futuro in cui l'interferenza degli stati nel commercio è stata superata e il diritto di voto è diventato per tutti una certezza acquisita.

"Le forze all'opera per impedirci il salto verso una Civiltà di Tipo I" conclude Shermer nel suo articolo "sono principalmente di natura politica ed economica. La resistenza dei sistemi non democratici a concedere il potere nelle mani dei cittadini è considerevole, in modo particolare nelle teocrazie i cui governanti preferirebbero vederci regredire tutti a un Tipo 0.4. Ma l'opposizione a un'economia globale è determinante perfino nell'Occidente industrializzato, ancora retto da una logica economica di stampo tribale che impone la propria legge alle condotte di molti politici, intellettuali e semplici cittadini". Non si può concordare con Shermer che ci troviamo di fronte a una sfida. Se sapremo abbracciarla, credendo nelle possibilità di un futuro agalmico (parola che Shermer non cita nel suo articolo, ma a cui possiamo ricondurre certe sue visioni), che sostituisca all'economia della scarsità la logica di un benessere globalmente diffuso, le generazioni future conosceranno un mondo di benefici scientifici e tecnologici senza precedenti. Malgrado le resistenze di sistemi politici tribali sorti in un contesto completamente diverso, che solo tra qualche anno potrebbero rivelarsi addirittura preistorici, il "tempo profondo" degli evoluzionisti e la "prospettiva a lungo termine" degli storici guardano entrambi a quel traguardo.