Leggere la storia di grandi controversie scientifiche può essere entusiasmante e istruttivo. La lettura de "Le dispute della scienza, le dieci controversie scientifiche che hanno cambiato il mondo" diHal Hellman offre l'occasione per riflettere sul proprio scetticismo e rivalutare il periodo di meditazioni pieno di dubbi e fervido di indagini volte a smentire la nuova ipotesi che precede - o dovrebbe precedere - l'affermazione di una nuova teoria scientifica.

Lo scettico con l'assillo dei suoi perenni dubbi trova in questo volume dieci esempi da manuale della necessità di sforzarsi nella ricerca della falsificazione di una nuova ipotesi, ma nel contempo è portato a guardare in faccia l'altro lato della medaglia. Emergono chiaramente almeno tre domande importanti in materia di sociologia della scienza:

1. Cosa fa sì che una teoria valida venga rifiutata o semplicemente ignorata per lungo tempo?

2. Cosa fa sì che certe teorie in un dato momento siano considerate "mainstream"?

3. Perché certe teorie vengono rifiutate dall'insieme degli scienziati, e sono difese solo da una minoranza?

Per queste domande, che hanno un ruolo cruciale in qualunque dibattito sul progresso scientifico, non esistono risposte banali.

Con coraggio e onestà si deve riconoscere che dobbiamo rispondere "non so" e procedere con scetticismo e senso critico, con consapevolezza e cautela.

Le controversie affrontate da Hellman hanno luogo in periodi temporali disparati e discipline molto diverse, dunque abbondano problematiche. Per permettere al lettore di farsi un'idea più dettagliata, diamo un elenco in ordine cronologico delle dispute trattate: lo scontro tra Galileo e Urbano VIII; John Wallis contro Thomas Hobbes; Newton contro Leibniz; Voltaire e John Turberville Needham sulla generazione spontanea della vita; Darwin e le guerre contro l'evoluzione; Kelvin contro geologi e biologi sull'età della Terra; Edward Drinker Cope e Othniel Charles Marsh sui fossili, Alfred Wegener sulla deriva dei continenti; Donald C. Johanson contro Richard Leakey sull'anello mancante dell'evoluzione umana; Derek Freeman contro Margaret Mead nella discussione su natura e cultura.

I temi danno, giustificatamente, l'idea di un libro ricco e stimolante; l'unico neo riguarda la traduzione che forse non convincerà tutti.

Un buon punto di inizio per la lettura può essere la storia dell'ipotesi di Wegener sulla deriva dei continenti.

L'ipotesi di Wegener, sin dalla sua prima formulazione e per il mezzo secolo seguente, fu fortemente osteggiata dalla grande maggioranza della comunità scientifica mondiale. Era un'ipotesi rivoluzionaria rispetto a quelle allora diffuse nel mondo scientifico.

In una lettera in cui si sfogava col suocero Wegener scrisse: "Coloro che insistono a occuparsi solo dei fatti e non vogliono avere nulla a che fare con le ipotesi utilizzano essi stessi una falsa ipotesi senza ammetterlo! [...] Non c'è niente nella sua lettera per giungere al fondo delle cose ma soltanto sulla soddisfazione di svelare le limitazioni degli altri" (p. 185).

Leggere queste parole non può lasciare indifferente nessuno che si impegni per l'affermazione della razionalità e che fa dello scetticismo la sua arma.

Il confine tra critica costruttiva e distruttiva può essere sottile. Lo sforzo continuo verso la falsificazione dovrebbe essere accompagnato dall'impegno nel capire le ipotesi "eretiche".

E' necessario impegnarsi affinché il dubbio rimanga la nostra bandiera, lontani da ogni conservatorismo.