La mattina del secondo giorno comincia già in hotel, dove facciamo colazione con Bruno e Stefania degli Ovo che ieri sera hanno sonorizzato il leggendario Frankenstein con Boris Karloff. L’idea di sonorizzare quel film ci è venuta anni fa. Si lega perfettamente al nostro concetto di diverso dice Stefania sorseggiando un caffè. La proiezione aveva i sottotitoli perché vogliamo che la gente segua il film e che non sia un semplice concerto con visual aggiunge Bruno.

Tra uova e würstel di prima mattina (che Dio ci perdoni), scambiamo anche due chiacchiere con alcuni informatissimi colleghi, che su Future World (visto il giorno prima) sentenziano: La produzione ha pagato James Franco per fargli co-firmare questa schifezza e fargli almeno una possibilità di distribuzione. Al Café Rossetti, complice il cinquantenario dell’opera di Kubrick e la massiccia presenza al festival di Douglas Trumbull, si parla di 2001: un’odissea nello spazio e nel cinema. Interessante anche la chiacchierata sul progetto La Zona previsto per stasera: una sorta di spettacolo itinerante ispirato a Tarkovskij in cui tre attori accompagnano il pubblico all’interno delle gallerie sotterranee che compongono lo storico rifugio antiaereo Kleine Berlin. Come esperienza ricorda per certi versi il Museo del Sottosuolo di Napoli, complesso sotterraneo nato per lo stesso scopo e in cui un attore – nei panni di un irriverente fantasma chiamato Munaciello – accompagna il pubblico per una visita guidata dei bassi, anzi bassissimi fondi. Ma data l’abbondanza di attività del Trieste Science+Fiction, stasera non riusciremo a partecipare.

Il pomeriggio inizia con la prima abbuffata di cortometraggi al Rossetti, tra i quali menzioniamo il divertente e poetico The Delivery: un uomo in viaggio con una mandria di (quasi) pacifici zombi pian piano si affeziona a uno di loro. Come a dire: anche nel trito e ritrito scenario dei morti viventi, qualcuno può ancora avere un’idea originale. Palma per l’idea a Ipdentical: surreale e divertente la visione retrofuturista di una società in cui tutti hanno e fanno le stesse cose. Al Miela l’annunciato pomeriggio su Douglas Trumbull, creatore degli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner e Incontri ravvicinati del terzo tipo. Documentario, masterclass e proiezione di 2002: la seconda odissea. Ma noi aspettiamo il piatto forte previsto per domani pomeriggio, quando il maestro verrà insignito del premio Urania d’argento con tanto di proiezione della versione restaurata di 2001 (per quanto ci riguarda, prima e unica odissea).

Lo splendido cielo del Rossetti
Lo splendido cielo del Rossetti

A metà pomeriggio il vento della Corea del Sud inizia a soffiare nella sala del Rossetti. Con The Witch: Part 1 – The Subversion (dio fulmini i distributori occidentali), Park Hoon-jung tiene il pubblico in bilico tra divertimento e azione in una curiosa miscela a base di superpoteri, sangue e ottime coreografie. “Ero a Seul per vedere un film nei lussuosi uffici della Warner, quando ho avuto un attacco di panico” confessa il presentatore prima della proiezione. Dilaniati dal dubbio, decidiamo di dividerci per vedere due validi film dati in contemporanea.

Al Teatro Miela propongono Go Home – A casa loro, uno zombi movie italiano che, affiancando non morti, neonazisti e rifugiati politici, mette sul piatto la questione dell’altro da sé, dell’intolleranza e dell’incapacità di comunicare. Il tutto senza scadere nella banalità ed evitando inutili semplificazioni. Al Rossetti invece è il turno di Peripheral di Paul Hyett. Durante la stesura di un libro, una scrittrice precipita in una spirale fatta di solitudine, droghe e tecnologia per volontà dei suoi spietati editori. Echi di Cronenberg (Videodrome su tutti) e scelte musicali alla Carpenter, il film promette bene ma non spicca il volo, regalando comunque momenti di sano divertimento.

L'ampia selezione di film rende necessaria l'ubiquità
L'ampia selezione di film rende necessaria l'ubiquità

La chiusura della giornata – tralasciando Barbarella al Miela – spetta a The Night Eats The World, altro esempio di come un film di zombi può, pur senza allontanarsi da strade già parecchio battute, rivelarsi un’ottimo modo per parlare di solitudine, isolamento e paura della vita. Il protagonista affronta una battaglia con se stesso prima che con il mondo esterno, ormai abitato quasi solo da morti viventi: sopravvivere o vivere? Rimanere barricati in una zona comfort apparentemente sicura o affrontare il mondo, con tutti i rischi che comporta, alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena? Sorrisi e sentimenti per questa silenziosa pellicola francese, che incassa l’applauso più lungo finora sentito al Science+Fiction. Sarebbe bello addormentarsi così, se non fossimo obbligati dal mega-direttore a scrivere fino a notte fonda.