Il computer quantistico è un sogno proibito per tanti motivi. Per i fisici teorici potrebbe essere lo strumento con il quale realizzare un cosiddetto "simulatore universale", ossia un computer che al, contrario dei computer ordinari, possa andare oltre le simulazioni della meccanica classica, ma arrivare a simulare le dinamiche della meccanica quantistica, condizione teorizzata da Richard Feynman come necessaria per comprendere la natura complessa dell'universo.

Esistono alcuni esempi di computer che si avvicinano al concetto di computer quantistico (es. il Dwave), ma non sono realmente tali. Il problema è sempre lo stesso, la stabilità dei qubit, ossia il bit quantistico, del quale abbiamo parlato qualche tempo fa a proposito di una possibile soluzione al paradosso del Gatto di Schrödinger.

Il gatto di Schrödinger è vivo e lotta insieme a noi

Il gatto di Schrödinger è vivo e lotta insieme a noi

Articolo di Emanuele Manco Lunedì, 18 febbraio 2013

Sembra che si sia trovata una parziale soluzione a uno dei più famosi paradossi della meccanica quantistica, a patto di guardare per poco dentro la scatola.

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In una recente intervista pubblicata sul sito www.media.inaf.it il ricercatore italiano Fabio Franchini, del SISSA di Trieste, ha illustrato i risultati di un lavoro di ricerca pubblicato di recente sulla rivista, Physical Review X intitolato Local Convertibility and the Quantum Simulation of Edge States in Many-Body Systems (Convertibilità locale e simulazioni quantistiche degli stati di bordo nei sistemi a molti corpi), firmato da Franchini insieme Jian Cui, Luigi Amico, Heng Fan, Mile Gu, Vladimir Korepin, Leong Chuan Kwek e Vlatko Vedral.

L'equipe nella quale Franchini ha lavorato al MIT di Boston, grazie a una borsa di studio, è arrivata a dimostrare che per costruire un computer quantistico è necessario procurarsi un ingrediente, la cui reperibilità è tutta da dimostrare: i fermioni di Majorana.

I fermioni ipotizzati dallo scienziato siciliano sono una particella che è sia materia che antimateria. Ettore Majorana li ipotizzò nel 1937 come componente fondamentale della materia, ma a tutt'oggi non ne è stata dimostrata l'esistenza. La misteriosa scomparsa di Majorana nel 1938 non ha bloccato la loro ricerca, ma nessuno al momento li ha trovati. Recentemente, ha spiegato Franchini, si è ipotizzato che i fermioni possano essere identificati come particelle composite, come dei gradi di libertà non standard in alcuni materiali.

Quello che si è compreso inoltre è che se esistessero, sarebbe meglio che un computer quantistico li utilizzasse in qualche modo perché sono talmente stabili che impedirebbero ai qubit di collassare. In particolare è stato osservato che le proprietà di entaglement dei fermioni, rendono i materiali che li supportano "speciali", più adatti a sostenere una simulazione quantistica. Di conseguenza la presenza dei fermioni in computer quantistico è condizione necessaria affinché un simulatore possa definirsi come "universale", cioè in grado di riprodurre i fenomeni quantistici nella loro interezza.

Se questa è la teoria, la pratica ci dice che dobbiamo stare attenti. Secondo lo stesso Franchini, nella fase intermedia della loro esistenza i computer quantistici potrebbero causare  problemi.  "Se avessi un vero computer quantistico utilizzabile potrei entrare nelle casseforti elettroniche di qualunque governo, banca o associazione. Questo è il motivo per cui molti governi investono tanto nella loro realizzazione, ma la speranza è che non riescano mai a ottenere una macchina abbastanza potente da farlo, almeno non prima che la nostra società sia riuscita a evolversi e non soffrirne".

Intanto sappiamo che si può fare, avendo il materiale giusto. Ora ci tocca trovarlo però. La prospettiva sembra lontana, anche se il mondo scientifico ha talvolta avuto dei balzi in avanti improvvisi. Lo scorso Black Friday è stato bucato, li troveremo in vendita per il prossimo?