A ventotto anni Henry DeTamble s’imbatte in Clare Abshire tra gli scaffali della biblioteca Newberry di Chicago e resta subito folgorato. Quello che lo lascia interdetto, però, non è l’avvenenza della rossa ventenne, o almeno non solo quello; sono il modo in cui lei lo tratta, la familiarità che dimostra nei suoi confronti, e la rivelazione che lei gli fa nemmeno un minuto dopo che lui l’ha vista per la prima volta. Anche se Henry ancora non può saperlo, Clare lo conosce da quando aveva 6 anni. E lui 36. Impossibile? Non per Henry, che soffre fin da bambino di una disfunzione genetica nota come cronoalterazione: nel suo DNA è codificato il segreto del salto nel tempo, sebbene lui non abbia la facoltà di controllarlo e si ritrovi sballottato avanti e indietro nel tempo spesso senza un criterio preciso. Ed è così che lui ha incontrato sua moglie quando lei era ancora una bambina di dieci anni e lei già si ricordava di lui per averlo incontrato a sei (più un numero imprecisato di altre volte nel frattempo).

Passato e futuro, per Henry, si confondono in un eterno presente. Centocinquantadue date scritte su un quaderno con una calligrafia da bambina annotano le sue visite alla giovanissima Clare tra il 1977 e il 1989. Ma lui, quando per la prima volta la vede alla Newberry nel 1991, non può ancora ricordare i loro appuntamenti giù nel Prato dietro la tenuta di Meadowlark, le cose che si sono detti e quelle che hanno fatto assieme, per il semplice fatto che lui non le ha ancora vissute. Sono nel suo futuro, ma nel passato di Clare. Che per questo lo ama, prima ancora che lui scopra di amare lei. E di averla già sposata.

Questa è l’idea da cui muove La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, incredibile storia d’amore e di viaggi nel tempo narrata con garbo avvincente da Audrey Niffenegger: un romanzo che tiene il lettore incollato fino all’ultima pagina, e che stupisce per la quantità di trovate e la maturità della narrazione (si tratta pur sempre di un’opera prima). Scritto tra il 1997 e il 2001, il libro è stato rifiutato da 25 agenzie letterarie prima di ritrovarsi conteso da diverse case editrici newyorkesi. Nel 2002 Niffenegger decise di accettare invece la proposta di un piccolo editore di San Francisco e il romanzo uscì per i tipi di MadAdam/Cage nel 2003.

Per citare Scott Turow, che promuovendo quest’opera al talk show mattutino della NBC The Today Show ha contribuito a trasformarla in un caso letterario da due milioni e mezzo di copie vendute tra USA e Regno Unito, Niffenegger dimostra come si possa ancora scrivere una bella storia d’amore, ma fa anche di più: dimostra come si possa ancora scrivere senza annoiare una grande storia di viaggi nel tempo, inserendosi in uno dei filoni più prolifici del genere, che con i suoi titoli ha dato spessore e popolarità alla fantascienza. Da Mark Twain e La macchina del tempo di H. G. Wells (1895) ai romanzi di Wilson Tucker (vale la pena ricordare L’anno del sole quieto, 1970), passando per il racconto “Rumore di tuono” di Ray Bradbury (1952), La fine dell’Eternità di Isaac Asimov (1955), la Pattuglia del Tempo di Poul Anderson (1955-1990), e innumerevoli romanzi e racconti di Robert A. Heinlein e Robert Silverberg, senza dimenticare il Paratempo di H. Beam Piper (1948-1965) e Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut (1969) a cui questo The Time Traveler’s Wife è stato pure accostato, più che un sottogenere il “viaggio nel tempo” è stato una vena d’oro a cui tutti i maggiori scrittori di fantascienza, prima o poi, hanno attinto, incapaci di resistere alle sue lusinghe.

Niente di più difficile, insomma, che esordire con un titolo che pretende di inserirsi in questa tradizione. Bisogna quindi rendere doppiamente merito all’autrice americana (classe 1963) di essere riuscita in un’impresa ancora più difficile, che di sicuro sarebbe rimasta impossibile per uno scrittore con una scarsa o nulla conoscenza dei meccanismi e dei tòpoi di genere. Il segreto del suo successo può essere forse cercato nel coraggio di osare l’inaudito, ovvero togliere al viaggio nel tempo quella che finora è sempre stata la sua colonna portante: il debole per il paradosso. Non ve n’è praticamente traccia in questo romanzo. La storia de La moglie che viaggiava nel tempo segue i binari di una logica implacabile, imprigionando i protagonisti nella gabbia delle loro azioni che anzi, alla luce della possibilità che è concessa a Henry, si caricano alla fine di una valenza superiore. Definitiva. Audrey Niffenegger spazza via il campo di proposito da ogni possibilità di raggiro: non crede nell’ipotesi degli universi multipli e lo fa dire proprio al suo protagonista. Il conflitto tra libero arbitrio e predestinazione rivive così trasfigurato nelle pagine della storia d’amore tra Henry e Clare e non può essere casuale da parte di un’autrice che ammette di avere ricevuto un’educazione cristiana. Ma alla fine dei conti l’espediente altro non è che una interessante rivisitazione del tema della memoria, della sua persistenza e del suo rapporto con l’inconscio.

Decisiva a questo fine risulta la caratterizzazione psicologica dei due protagonisti. Tutti gli altri personaggi tendono a confondersi con lo sfondo, risaltando appena per la necessità della scena a cui prendono parte. Ma sono ombre sulle pareti della caverna e questo serve a tenere sempre Henry e Clare sotto la luce dei riflettori.

La storia è raccontata come un contrappunto delle loro due voci: sempre in prima persona, sempre al tempo presente, ma a volte dal punto di vista di Henry, altre da quello di Clare. Henry salta avanti e indietro nel tempo, attirato dai centri gravitazionali della sua esistenza. La terribile morte della madre in un incidente stradale quando Henry non aveva ancora compiuto sei anni, è il primo fulcro, la prima meta dei suoi viaggi nel tempo. Ha vissuto e continua a rivivere la scena così tante volte che ormai l’autostrada ghiacciata su cui si consumò la tragedia è in gran parte occupata da versioni di Henry di tutte le età, a coprire tutte le angolazioni possibili. Clare è il secondo centro di attrazione dei suoi involontari pellegrinaggi temporali: è l’amore che aiuta Henry a diventare l’uomo che è, a partire dal ragazzo speciale ma pur sempre inconsistente che è stato fino al suo primo incontro con lei. Ed è Clare ad aiutarlo a trovare un senso alla propria vita: questa ragione ha gli occhi e i capelli neri di Alba, la loro figlia, a lungo desiderata e affetta, proprio come Henry, dalla strana sindrome genetica. È una persona cronologicamente disorientata che cresce però in un mondo che, grazie all’esperienza di Henry e ai test condotti su di lui dal dottor Kendrick, ha imparato ad accettare – e, forse, anche a controllare – il disturbo del dislocamento spontaneo nel tempo. Naturalmente, in un universo soggetto alle rigide leggi di una natura maligna, in cui tutto è già stato, una storia d’amore non può che risolversi in una tragedia. Non è un caso nemmeno che, tra i diversi riferimenti letterari che aleggiano sulla scrittura di Niffenegger, da Rainer Maria Rilke a Antonia Byatt a Henry James, trovi il suo spazio d’onore William Shakespeare. E la tragedia debilitante che occorre a Henry DeTamble, sventurato cronoviaggiatore, serve anche per inquadrare nella giusta prospettiva la sua facoltà straordinaria, al contempo dono e dannazione.

Ma può un libro simile essere definito fantascienza? Può e deve, a mio avviso. E non solo per il grande rispetto e la conoscenza del genere dimostrata dall’autrice e testimoniata nelle sue interviste, ma anche per una ragione di matrice più strettamente tecnica. La fantascienza è per sua natura un genere portato all’ibridazione. Non deve stupire che per una volta il romance abbia preso il ruolo che più spesso tocca oggi alla crime fiction. Se il cuore della storia – è il caso di dirlo – è la storia d’amore di Henry e Clare, a renderla così speciale è l’angolazione fantascientifica. E sostengo questo malgrado le incursioni nel futuro di Henry ci rivelino ben poco del mondo che ci aspetta, che tristemente è sempre fin troppo simile a quello in cui viviamo. È il taglio, la prospettiva da cui Audrey Niffenegger inquadra la storia, che sarebbero stati impossibili senza l’audacia della fantascienza. È per questo che oso spingermi a parlare di “fantascienza ripotenziata”, in relazione a La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo. Una fantascienza astratta dal suo contesto specifico, ridotta all'essenza del suo immaginario di riferimento e applicata a una dimensione intimista, ma sempre capace di fare al meglio ciò per cui è nata, anche alle prese con una materia insolita, anche agli occhi di lettori non - ancora - necessariamente appassionati di questo genere. Dopotutto, cosa c’è di più meraviglioso di un amore sposato alla prospettiva dell’eternità?

Il 1° ottobre scorso è uscito sul mercato di lingua inglese il secondo romanzo di Audrey Niffenegger, Her Fearful Symmetry. Un titolo che richiama un celeberrimo verso di William Blake, per una storia gotica ambientata in una casa infestata.