Erano gli inizi degli anni Settanta e Burroughs rientrò in America dopo sette anni di residenza londinese. Il soggiorno in riva al Tamigi era stato interrotto solo per una pausa effimera, nell’agosto del 1968, quando Burroughs aveva preso parte nelle vesti di inviato speciale alle manifestazioni pacifiste in occasione della convention democratica di Chicago. In quell’occasione Burroughs aveva preso in considerazione l’idea di diluire un po’ di LSD nell’acquedotto cittadino, ma poi aveva ripiegato su una fantasiosa miscela di acido e miele (il merito della ricetta andava spartito equamente con Ginsberg) che veniva distribuita ai manifestanti. L’ombra lunga dei massacri indiscriminati del Vietnam e il sospetto che nel Sud-Est Asiatico l’America non stesse facendo propriamente gli interessi dei suoi figli al fronte, né tanto meno delle popolazioni locali, indispose gli osservatori di FBI e CIA infiltrati nella folla. Ci furono delle provocazioni e scoppiarono dei disordini, seguendo il classico copione delle grandi mobilitazioni di giovani contro gli uomini che tengono le redini del potere. E Burroughs fu il primo ad accorgersi che la persistenza dell’equilibrio cominciava ad incrinarsi. Decise allora di seguire il saggio suggerimento di Ginsberg e togliere le tende: con Terry Southern (sceneggiatore del Dottor Stranamore di Kubrick) e Jean Genet (altro scrittore maledetto), suoi colleghi reporter, si rifugiarono nella camera d’albergo di Burroughs, dove organizzarono la loro testimonianza. Di cose da testimoniare, in effetti, ce n’erano parecchie: il sindaco di Chicago, Richard Daley, aveva autorizzato l’intervento di dodicimila poliziotti in assetto antisommossa, mandando come rinforzi seimila riservisti della Guardia Nazionale. Alla fine il bilancio fu di seicento arrestati e cinquecento feriti, equamente suddivisi sui due fronti.Nel 1974, dopo la pausa inglese, con Nixon spazzato via dal Watergate e l’esperienza mediatica e bellica del Vietnam ormai avviatasi verso il suo triste epilogo, Burroughs decise che era venuta l’ora di organizzare il quartier generale della resistenza, e lo allestì nel suo loft sulla Bowery, a New York, uno scantinato privo di finestre e luci che divenne presto famoso come “il bunker”. Grazie all’intercessione di Ginsberg trovò lavoro come insegnante di scrittura al New York City College ed entrò in contatto con l’underground artistico della Grande Mela: Andy Warhol, Patti Smith, Dennis Hopper, Mick Jagger. Pareva davvero che Burroughs avesse un sesto senso per i sussulti tellurici della cultura: dopo Città del Messico, Tangeri, Chicago e Londra, che s’avviava allora verso l’elettrica stagione del punk, a New York Burroughs fu accolto come un profeta.Il che per lui fu abbastanza per comprendere che i giorni ruggenti erano giunti alla fine.Nel 1983, Burroughs si ritirò a Lawrence, in Kansas, in una casa infestata dai gatti nel cuore selvaggio dell’America, il posto dalla cui influenza gravitazionale aveva cercato di sottrarsi per tutta la sua vita precedente. Non rinunciò comunque alle collaborazioni: sul finire degli anni Ottanta partecipò alle performance di diversi artisti, da Laurie Anderson ai Ministry. Nel 1989 Gus Van Sant lo volle in una parte quasi autobiografica nel film culto Drugstore Cowboy. Nel 1990 realizzò un album di letture, musicato dai Sonic Youth: Dead City Radio. Nel 1991 David Cronenberg portò sul grande schermo il suo libro culto, vincendo con la critica una scommessa su cui nemmeno il più navigato dei broker londinesi si sarebbe

arrischiato a investire: la versione cinematografica de Il Pasto Nudo mescola brani del libro con esperienze tratte dal vissuto di Burroughs, in un ibrido mutante tra docufiction e fantascienza, dove Peter Weller veste i panni di William Lee, esiliato volontario nell’Interzona.Nel 1993 Burroughs aderì alla società esoterica degli Illuminates of Thanateros. Sempre negli anni Novanta collaborò ad album e performance di R.E.M., Kurt Cobain, Sonic Youth e Ministry. E non è un caso, visto che un altro grande del rock come David Bowie, particolarmente legato all’interpretazione stratosferica di tematiche legate alla fantascienza, non ha mai nascosto la sua ammirazione per Burroughs e i suoi insegnamenti.Il 2 agosto del 1997, a seguito delle complicazioni di un attacco cardiaco subito il giorno precedente, William Burroughs si spegneva, seguendo Allen Ginsberg (morto il 5 aprile dello stesso anno) nella sua ultima trasmigrazione cosmica. Chissà con quali civiltà aliene le loro anime stanno ora pianificando il prossimo Attacco Nova. Che, nutro il sospetto, sarà quello definitivo.