di

Pier Luigi Ubezio

Beethoven blues

racconto vincitore del Premio Alien 1997

Eccoci finalmente alla pubblicazione del racconto vincitore del Premio Alien 1997, un appuntamento che diverrà una costante del sodalizio tra l'organizzazione dei premi Alien e Lovecraft e Delos Science Fiction. Pier Luigi Ubezio è stato una piacevole sorpresa, con questo suo racconto solido e perfettamente costruito, soprattutto nella natura dei suoi personaggi, a maggior ragione se si pensa che si tratta di un autore "scoperto" proprio dalla redazione di Delos, che dopo avergli pubblicato il racconto Quod erat demonstrandum l'ha visato indicato dai lettori della rivista come miglior autore dell'annata 1997. Una conferma di prestigio, dunque, e una promessa per il futuro: che Beethoven Blues non sia l'ultimo ma il primo di una lunga schiera di racconti di qualità. Che noi di Delos naturalmente terremo d'occhio e cercheremo, come in questo caso, di proporre in anteprima ai nostri lettori. (Franco Forte)

Let's surf the silver wave,

penetrate this bloody days.

Jumping in their minds...

Let's make havoc of that fuckin' net.

Nokia Boyz, Havoc.

Beethoven stava dirigendo la Filarmonica di Tokyo ai margini del Mar Serenitatis: le note della Pastorale sgorgavano antiche dall'orchestra, i cui strumenti scricchiolanti, limpidamente imperfetti rusuonavano impossibili sulla Luna.

L'unico spettatore del concerto stava seduto su di un'antica poltrona inglese, restaurata per l'ultima volta almeno un secolo prima da un famoso artigiano ungherese, foderata con un tessuto più morbido del cachemire, a strisce larghe di colore bianco e verde marcio; stava con i piedi nudi appoggiati ad un tavolino di ebano, e teneva gli occhi chiusi ed un braccio abbandonato verso il suolo: con la mano tracciava distratte geometrie sulla polvere lunare. Gli pareva di poter sentire la frustrazione di Beethoven: tra non molto i musicanti avrebbero dovuto cominciare a suonare con maggior vigore gli antichi strumenti a corda dai quali, lentamente ma inevitabilmente, il suono prima perfetto iniziava ad incrinarsi, a perdere smalto, purezza, cristallinità. La magia dei primi attimi stava per finire, e le sarebbe succeduta la sopravvivenza nuda e cruda delle note: tutto sarebbe divenuto nulla più che un'esecuzione. 'Che beffa', pensò lo spettatore, sorridendo a occhi chiusi nella luce d'argento di cui il sole inondava ora quella porzione di Luna, 'costui, come altri della sua epoca, riuscì a portare la musica ad un livello di perfezione tale da risultare quasi fastidioso, a volte...Eppure non poté mai avere quella perfezione se non in forma teorica...Lui come Mozart, o Wagner: sapevano come la musica avrebbe dovuto suonare, ma non c'era uno strumento che fosse in grado di reggere una sinfonia intera senza perdere quella teorica purezza, quella magia.

Più o meno verso la metà della sinfonia, Sladek aprì gli occhi, lentamente: vide la Terra che in quel momento mostrava un'Europa quasi interamente sgombra da nubi. 'Come la mia mente', pensò sorridendo nuovamente; l'effetto che la droga stava avendo su di lui lo stava soddisfacendo pienamente; di rado assumeva droghe, e quelle poche volte lo faceva prendendo tutte le cautele del caso: controllava personalmente il laboratorio in cui venivano sintetizzate, ed in questo denotava una certa propensione per i D-Lab federali tedeschi; inoltre si assicurava che niente in tutto quello che assumeva provocasse la minima dipendenza neurale, assumeva solo ciò che non potesse distorcere l'equilibrio emotivo, che in caso di un'emergenza improvvisa doveva essere stabile al cento per cento.

Proprio davanti al tavolino su cui Sladek appoggiava i piedi si materializzò in uno sbuffo di polvere lunare Sonzoneth, il personaggio dei cartoni animati del MediaLink che Sladek più aveva amato da bambino; Asfern, il Sistema di Sladek, gli stava comunicando due cose con quell'apparizione: nascondeva al suo sguardo gran parte dell'orchestra, il che significava che c'era qualcosa che realmente richiedeva la sua attenzione, ma allo stesso tempo, il fatto di presentarsi sotto forma di Sonzoneth gli comunicava che non esisteva niente, in quel contrattempo, che rappresentasse un pericolo reale o imminente per lui.

- Dimmi tutto, - disse asciutto Sladek.

- Mi dispiace veramente disturbarti: in realtà ero abbastanza indeciso sul da farsi, ma alla fine ho ritenuto che fosse il caso di interromperti.

Sladek si raddrizzò sulla sedia, e assunse quella che per lui era una corretta posizione di ascolto.

Asfern, abbandonando la voce ma non i tratti di Sonzoneth, disse: - Raymond Trenfeld vorrebbe parlarti: dice che è urgente, ed analizzando la situazione, credo che abbia ragione.

- Surflight? - chiese Sladek.

- So che pare inopportuno, ma penso che parlando con lui potresti cambiare idea, - replicò Asfern.

Sladek sospirò e fece un cenno all'indirizzo di Beethoven, che fermò l'esecuzione con un cenno imperioso delle braccia e si voltò a guardarlo.

- Non è bello, Ludwig, lo so anche io: ma continueremo dopo, - disse all'indirizzo del compositore; Beethoven sorrise mestamente e si sedette per terra, sollevando sbuffi di polvere e pietriccio:

- Ottimo acquisto, - disse tra sé e sé pensando all'hardware di simulazione VR. che aveva da poco aggiunto ai moduli di Asfern.

- Allora: vediamo un po', - disse Sladek.

Una finestra tridimensionale con un menu a tendina scritto in caratteri gotici prese il posto di Sonzoneth:

1- Connect

2- Conference

3- Only audio

4- Line control

5- Satellite scan

6- Encrypt

7- Protect

8- Exit

- Com'è la linea? - chiese Sladek.

Una voce che sembrava scaturire dal tavolino disse: - La linea è protetta, ma sotto un attacco massiccio da parte di parecchi sistemi. Hai al massimo quattro minuti di invisibilità, cambiando canale quindici volte al secondo e coinvolgendo una ventina di satelliti: considerando quello che vale Trenfeld, ha fatto un lavoro di copertura coi fiocchi, - fu il commento di Asfern.

- Collegami, - disse Sladek.

La finestra divenne un poco più ampia, il menu si dissolse ed al suo posto apparve la faccia magra e pallida di Raymond Trenfeld: non una simulazione, ma un vecchio esempio di videoconferenza reale; Sladek poteva vedere un poster di Marty Noger appeso malamente sulla parete alle spalle di Trenfeld.

Una piccola finestra si schiuse di fianco a quella più estesa: un timer che diceva Tempo Rimanente 4:13, ed un grafico dell'attività di attacco sulla linea; una rapida occhiata alle barre rosse in aumento diceva a Sladek che c'era parecchia gente che tentava di sfondare le difese sparpagliate qua e là lungo la porzione di Link che faceva da canale per quella conversazione.

- Surflight... - disse Sladek.

- Come va? - chiese nervosamente Trenfeld.

- Mi pare che la questione sia: come va a te?

- Tu che dici?

- Dico che c'è un po' di gente che ti vuole parlare, a quanto vedo. - Sotto al grafico di attacco iniziarono a scorrere delle voci: Asfern stava risalendo alle origini degli attacchi. La barra rossa che si estendeva di più recava la voce L.C.N.

- Capisco, - disse Sladek, più rivolto a sé stesso che non a Trenfeld.

- Ho tirato un po' in alto, stavolta. Un po' troppo, - disse Raymond 'Surflight' Trenfeld sorridendo debolmente.

3:35, diceva il timer.

- Non è così che fate sempre, voi? - chiese Sladek.

- Cazzo, anche tu hai iniziato così, no? Tu non eri un gangster? affanculo! Tutti iniziano così, - esplose Trenfeld; poi si calmò. - Voglio dire...Non fosse stato per...Per un'inezia, tutto sarebbe andato bene. Magari un giorno avrei potuto essere un Arconte anch'io...Voglio dire, come te e gli altri, no? Cazzo ne so?

Sladek sospirò. Stava parlando con un uomo morto: un uomo di diciassette anni, nella fattispecie.

- Promettevi bene, Surf, davvero; per un po' ti ho fatto seguire da un agente software, su consiglio di Asfern. Ma anche tu, come gli altri: siete così smaniosi...Tutta questa fretta, questo voler dimostrare al mondo...Ah, non è così che vivi a lungo, non è così che trovi l'equilibrio giusto: in questo modo parti da gangster, ti fermi e muori da gangster. - Sladek sapeva che erano parole vane: non le avrebbe capite, nemmeno ora. - Dammi la situazione, Surf, - disse subito dopo.

- Merda, chili e chili di merda che mi si arrampicano addosso... L.C.N., perlopiù: mi stanno scatenando l'inferno addosso, e ho un Copt senza insegne che sta svolazzando sopra casa mia da una decina di minuti.. - Era sudato e si mordicchiava nervosamente le unghie. - Volevo parlare con qualcuno...Ma tutte le porte erano chiuse, cazzo.

- Un momento, - disse Sladek facendo un cenno che indusse il Sistema a togliere l'audio. - Asfern: ammesso che ne abbia la volontà c'è qualcosa che sia ragionevolmente possibile fare?

- Qualsiasi azione di protezione diretta comporterebbe margini di errore dovuti alla fretta ed all'improvvisazione elevatissimi: più o meno sull' 85%. Stessa cosa per i margini di rischio. Un'azione indiretta, come una mediazione con le IA della L.C.N., ha una probabilità di riuscita dello 0.03%, ed il margine di rischio è più o meno del 96%, - rispose Asfern.

2:03, diceva il timer.

Sladek fece ristabilire l'audio con Trenfeld, ma non disse nulla.

- Niente da fare, eh? Almeno mi sono risparmiato l'umiliazione di chiedertelo, - disse Trenfeld. Pareva più rilassato. Si accomodò sulla sedia e continuò a parlare: - Vorranno dare un esempio, sicchè penso che faranno a pezzi il palazzo intero, credo; pezzi di merda, gli va bene che qui non vivono altro che drogati o pazzi fottuti...Ma magari mi vogliono vivo...Comunque ho già messo tutto su rete, amico: non c'è più nulla che gli possa interessare, qui. Quando sfonderanno le protezioni...Sorpresa! Sai cosa troveranno? Vecchi giochi della Atari! Roba di fine secolo; sai che risate?

- Hai dato a qualcuno quello che hai preso all'L.C.N.? - chiese Sladek.

- Cazzo, no! Non prendermi per l'ultimo dei coglioni, amico; e poi oggi non ho preso nulla; oggi L.C.N. non mi ammazza per qualcosa che ho preso. Per quello che ho, come dire, prelevato nel corso del tempo Ah! Per quello c'è un database del cazzo...Perso chissà dove: non lo so nemmeno io, dov'è; ho fatto fare tutto al deck, con sequenza casuale. Sarà il mio tesoro...Come per i pirati, no? Solo che non c'è mappa, sicchè chi lo trova...Lo trova per caso.

- Buona idea, - disse Sladek. Lo pensava veramente.

- Manca poco, amico, ed io non voglio crepare a cazzo: voglio essere preparato, capisci?

- Capisco, - rispose Sladek mentre vedeva che Trenfeld metteva in una siringa d'argento una massiccia dose di Enalyth. Una droga che aveva due qualità: annullava qualunque forma di paura ed in caso di overdose devastava a tal punto le sinapsi da rendere totalmente inefficaci i necroscanner. Ciò che Trenfeld intendeva fare veniva chiamato dai gangster 'La pratica dell'ultimo giorno', ed era l'unica cosa che Trenfeld e Sladek avevano in comune.

- Alla fine, ti ho chiamato solo per chiederti una cosa...Diciamo due. Cioè, voglio sapere se per te sono solo stato uno dei tanti stronzetti frega dati, in primis.

Sladek accavallò le gambe, e per un attimo, con la coda dell'occhio, vide Beethoven che si tormentava una tempia con la bacchetta da direttore d'orchestra.

- Sei stato sopra alla media, Surf; non poco, - rispose Sladek. - Ciò ti rende ancora più meritevole di morire, - pensò. Ma non lo disse.

- Meno di un minuto, - disse Asfern.

- Non sei nemmeno un po' curioso? Non ti interessa sapere come mai una mezza sega come me riceve tutte queste attenzioni? Non ti interessa il 'In secundis'? - chiese Trenfeld.

Sladek strinse gli occhi.

- Di confessori ne trovi a bizzeffe, sul Link; ce n'è per tutti i gusti.

Trenfeld espose un sorriso improbabile, da duro. - Oggi sarai un confessore, temo. Non si rifiuta l'ultimo desiderio di un condannato.

- Non ti ho condannato io, Raymond; non sono io il tuo plotone.

- Ma sei un Arconte. Sei un Arconte che per un attimo, solo per un cazzo di attimo, ha posto la sua attenzione su di me. Ora è il momento di vedere se ne è valsa la pena.

Sladek vide nella finestra video che Trenfeld avviava una procedura di invio file.

- Sta inviando un file, - disse Asfern.

- Sì, va bene, - rispose Sladek.

Trenfeld, guardò dentro la minicamera: - Asfern, è stato un onore parlare con te, davvero. Il Sistema di un Arconte....

- Lo è stato anche per me, Raymond, - rispose Asfern.

- Saluti a tutti, e grazie ancora, Slad.

- Adiòs Y muerte, - lo salutò Sladek con il tipico saluto dei gangster, un saluto che lui aveva sempre trovato ridicolo, e che aveva usato per poco.

La connessione fu chiusa.

- Agganciati ad un satellite sicuro: voglio vedere.

Connecting Arkansas MeteoLink...

Connection fixed.

Waiting 10 seconds for image.

Asfern si premurò di zoomare l'immagine fino al dettaglio del palazzo di Trenfeld.

- Arkansas Meteo, come no, - mormorò Sladek.

Il Copt era immobile sopra al palazzo, in attesa di ordini: c'erano autorizzazioni che andavano richieste, ingranaggi nascosti da oliare, tutte cose che i software della L.C.N. sapevano fare bene, in silenzio ed in fretta.

Una decina di minuti dopo, dalla carlinga nera e senza finestrini del velivolo scaturì un oggetto che esplose ad un paio di metri dal palazzo, all'altezza del penultimo piano: una buona metà del palazzo fu divelta, e l'esplosione distrusse anche il Copt.

A Sladek pareva già di vedere i titoli sul NewsLink: - Misterioso incidente ecc. ecc..

- Che mi dici del file? - chiese Sladek al suo sistema.

- Solo un testo, immune da qualsiasi forma di corruzione.

- Vediamo, - sospirò

Asfern iniziò a leggere, e smise dopo circa un minuto.

Sladek era seduto, immobile; contemplava la Terra. Contemplava la simulazione della veduta della Terra dal Mar Serenitatis.

Il silenzio, corrotto solamente dal ronzare sommesso, flebilissimo del costrutto VR, sovrastava tutto.

Beethoven era seduto compostamente davanti ai suoi orchestrali.

- Asfern, a volte siamo portati, nel nostro isolamento, a credere che la realtà sia questa, - disse facendo un ampio e plateale gesto all'indirizzo del paesaggio lunare che lo circondava. - Fortunatamente, come in questo caso, qualcosa, qualcuno che un minuto prima pareva una cosa insignificante, irrilevante, compie un gesto che porta tutta la visione su un piano diverso.

- A che piano ti stai riferendo? - chiese Asfern.

- All'unico vero, Asfern: quello umano.

- Seguo l'attinenza, - disse Asfern, - Ma ugualmente trovo che metterti nella situazione in cui era Trenfeld dieci minuti fa non sia consigliabile.

- Trenfeld, amico mio, è morto con l'unico scopo di darmi il suo testamento. Non lo trovi ironico? In effetti, forse con Trenfeld ho fatto un errore di valutazione.

Sladek rise di gusto, come non gli capitava da troppo tempo.

- Sala tattica, adesso, - disse Sladek; la simulazione svanì per lasciare il posto ad una stanza buia, silenziosa: le uniche luci, le finestre di stato delle varie attività dei software di Asfern che scandagliavano il Link.

- Andiamo solo io e te, Asfern. Niente Soft di protezione, niente azioni combinate: tu e io. Procura una connessione SatLink stabile e protetta per mezz'ora.

- Fatto, - disse il Sistema.

L'essenza digitale di Sladek si tuffò nella spirale del Link, seguita da Asfern.

Spingi.

La musica del Link è il silenzio.

Urla.

Spingi più forte, urla più forte.

Sladek è due, adesso. Disteso il corpo, gli occhi rovesciati; la sua essenza si spinge nel canale. Giù, verso il basso, dove il Link è trafficato dagli uomini; passa come una furia, spinge ancora, più forte.

Spacchiamo tutto, facciamo scempio. Arrivano i Demoni.

E' sempre stata la parte più divertente, prima che divenisse troppo potente, troppo professionale; prima che delegasse ai Soft.

Lascia una scia di fuoco, una supernova. E spingi più forte.

Giù, ancora, più forte. Stammi dietro, Asfern, e così sia. Che siano sguinzagliati i mastini della guerra.

Area di Boston. Forte, più forte; mi vedono, ci vedono come comete, come un pericolo.

Hanno paura.

Paura.

Non possono nulla, gli uomini come loro; il loro Link è lavoro, denaro, svago, normalità. Io, noi non siamo contemplati, siamo fuori. Per questo hanno paura. Viviamo nelle crepe, negli anfratti, e quando usciamo provano paura. Paura.

Del raider, dei surfer, degli Arconti. Di Sladek.

Sono stato troppo tempo senza correre, ho perso il gusto delle loro facce, delle loro identità che si rannicchiano quando passo come un

Demone.

Urla.

Mi hai ricordato cosa vuole dire correre, scatenare l'inferno, fare paura, combattere in prima persona, in trincea.

Come in quei tempi, sì Bombe software scatenate sopra al Link, megatoni di fuoco, di uno e zero schizzati fuori dalle pieghe. Devastazione: - Levatevi dalle palle, maledetti bastardi.

Ti devo un favore, Trenfeld, stupido gangster. Ora te lo rendo.

Urla come un diavolo, forza.

Si rannicchieranno di più.

Guarda, guarda come scappano, Asfern; si rifugiano ai bordi del Link, i conigli.

Sono io, il centro.

Ospedale civico 2786. Spingi, spingi, spingi.

Che la distruzione abbia inizio.

Difese ospedaliere da ridere. Un urlo, e sono a pezzi. Spacchiamo tutto, Asfern, tutto; lo voglio in pezzi, questo posto, io voglio

Voglio

Spingere, fino a far crollare tutto

Stanza F/1005. Io vedo, vedo perché sei morto, gangster; una donna. Corpo di proprietà della L.N.C. MediTech.

Mutilata

Sogna i sogni che ha scelto.

Sta vivendo una Soap del Link, mentre metà del suo cervello è infestato dalle nanosonde.

Le nanosonde (376) ora sono ferme, in balia di Sladek. In balia del Demone, che dice loro di ritirarsi, via, andatevene.

La donna ha un nome: Marya Trenfeld

Hai venduto la tua malattia ed il corpo che la ospitava. Hai creduto al Contratto di Solidarietà dell'ospedale; il Sistema dell'ospedale ti ha venduta alla L.N.C. per le ricerche sulle sinapsi.

Metà cervello congelato dalle nanosonde, l'altra metà che sogna. I pezzi buoni, venduti.

Adesso basta.

Mi manda tuo figlio, donna.

Cogli l'attimo: i momenti di pietà di un demone sono rari.

Sistema ospedaliero a pezzi, arrivano i ragazzi di L.N.C. Ci pensa Asfern: qui è ora di farla finita.

Spingi di meno, adesso. Rallenta. Entra nel cervello della vecchia, e portala via.

- Signora Trenfeld, sono un amico di suo figlio.

- Gary ha bisogno di Martha Non può, non deve farne a meno, - rispose dal buio della sua mente la donna.

Gary Pfann, interpretato da Erik Lonssen, era il Personaggio per eccellenza del MediaLink; il numero uno. La star delle star, l'idolo del popolo delle DirectSoapOpera. Era questo che voleva sognare.

- Abbiamo dei problemi di tenuta, - riferì Asfern.

- Quanto? - chiese Sladek.

- Un minuto, forse meno: connessione altamente instabile.

- Avevo chiesto mezz'ora.

- L.C.N: li abbiamo tutti addosso; non è facile, - rispose Asfern.

- Emulazione di voce: Gary Pfann, - ordinò ad Asfern.

- Signora Trenfeld, sono così contento di poterla salutare, - disse Sladek sommessamente.

- Gary, oh Gary, Martha deve assolutamente capire.

- Io e Martha siamo assieme, ora; per noi era molto importante che lei lo sapesse, prima di andare.

- Oh, Gary, Gary; sarete felici? Lo sarete?

- Lo saremo per sempre, Signora Trenfeld, e grazie a lei.

- Oh, Dio, finalmente, finalmente.

- Non li tengo più, - disse Asfern.

- Abbiate cura di voi, abbiate cura di voi per sempre, - mormorò la donna; Sladek poteva sentirla piangere di felicità nella sua essenza.

- Lo faremo, Signora; grazie al suo aiuto, - rispose Sladek. Poi diede ordine a ArchiMed di spegnere le macchine di supporto vitale. Comandi semplici, una morte semplice, decisioni difficili.

- Andiamo via da questo cimitero, Asfern. Portami via da qui, adesso. -

Un'ora dopo, Sladek rinvenne, nuovamente sulla Luna. Asfern comparve di fronte a lui, agghindato da medico.

- Un'azione da manuale: per 10 millesimi di secondo, ma nessuno saprà mai perché quel corpo acquistato dall'ospedale è stato ucciso, - esclamò il sistema.

- L.N.C non farà storie, - sospirò Sladek. Si sentiva spossato, e felice.

- Vedranno la connessione con l'azione sciagurata di Trenfeld, ma non possono sapere con chi ha parlato, prima di morire; possono capire che la persona con cui ha parlato è l'autore dell'azione, ma non sapranno mai chi è; inoltre, credo che L.N.C abbia acquistato il corpo e la malattia in modo non del tutto legale. Un circolo chiuso, per un'azione, appunto, da manuale.

Sladek osservò l'Europa dalla Luna. - Festeggeremo un'altra volta.

Le nuvole coprivano gran parte della Germania e della Francia.

Asfern sparì.

La finestra si dissolse, e Beethoven si voltò speranzoso verso Sladek.

- Puoi continuare.

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