Un discorso saggio e profondo dal punto di vista spirituale che si avvicina indirettamente a quello di Gesù

quando dice: “… chi vorrà salvare la propria vita, la perderà;

ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.”

Anche se il brano tratto dal Vangelo di Marco (8, 35) non fa riferimento a una perdita “fisica”, ovvero alla morte, ma a una perdita in vitam. Il vero protagonista delle parole di Yoda e di Gesù è il distacco, la conquista del non attaccamento alle cose del mondo, e alle persone.

Ma la fede di Yoda non basta a convincere Anakin che è accecato dalla paura della perdita. Fin da piccolo Anakin dimostra un’ossessione nei confronti del controllo e una predisposizione nel saper “aggiustare le cose”; quando lasciando Tatooine per seguire il suo probabile destino di Jedi si accorge di dover abbandonare la madre, afferma con forza: “… io non voglio che le cose cambino!” e la madre saggiamente risponde: “… ma tu non puoi impedire che cambino, così come non puoi impedire ai soli di tramontare!”

Gesù il Nazareno e Anakin Skywalker hanno come aspirazione quella di liberare gli altri, dalla schiavitù del peccato o dalla morte, ma per farlo saranno entrambi costretti ad affrontare il dolore, il proprio: il primo tramite la crocifissione, il secondo a causa delle gravi mutilazioni subite durante un drammatico scontro con il maestro Obi-Wan Kenobi, nel terzo e ultimo episodio prequel. Entrambi destinati alla “resurrezione”, anche se diretti su due cammini diametralmente opposti.

Il Vangelo c’insegna che anche Gesù ebbe, nonostante la sua natura in parte divina, alcuni momenti di debolezza umana, primo fra tutti quello riguardante lo sgombro del tempio durante il quale assistiamo a un Gesù inedito, visibilmente adirato e violento.

Scrive l’evangelista Giovanni (2, 13-17):

“Gesù salì a Gerusalemme.

Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi,

e i cambiavalute seduti. Fatta una sferza di cordicelle,

scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi;

sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole…”

Ma l’ira di Gesù nel tempio non è un’ira fine a se stessa, distruttiva, dettata dalla paura, bensì è un tipo particolare di “insegnamento” caratterizzato da una certa durezza ma avente uno scopo ben preciso; è un atto di purificazione religiosa (infatti l’episodio evangelico è denominato Cacciata dei Venditori dal Tempio o Purificazione del Tempio). Gesù in quel momento non ha paura dei mercanti e soprattutto non li odia: è deluso dal comportamento dell’uomo che non comprende la vera funzione del tempio.

Sempre nel film Star Wars Episodio I, il potente e saggio maestro Jedi Yoda, capace di leggere nell’animo dell’interlocutore, rivolgendosi al piccolo Anakin che soffre per il distacco dalla madre rimasta su Tatooine, sottolinea un punto di svolta psicologico determinante per la storia fantastica inventata da George Lucas:

“La paura è la via per il Lato Oscuro.

La paura conduce all'ira, l'ira all'odio;

l'odio conduce alla sofferenza.

Io sento in te molta paura.”

L’ira di Anakin non è un’ira “sana”, purificatrice: essa conduce alla perdizione e non al vero potere.

Chi è guidato dall’odio e dalla sofferenza generalmente non ha la lucidità necessaria per scegliere il bene durante i momenti in cui si ciba di “panna”, ovvero durante i momenti difficili che lo mettono alla prova. Le

strade di Gesù e Anakin, inizialmente accomunate da un evento miracoloso, cominciano lentamente a divergere: se per Gesù è già stato tutto scritto dai profeti e non resta che “assecondare” le profezie, nei confronti di Anakin il maestro Yoda afferma: “… nebuloso il futuro di questo ragazzo è!” I timori nutriti da Yoda e dal Consiglio dei Jedi nei confronti del giovane allievo padawan Skywalker (“un grave pericolo nel suo addestramento io sento!”) saranno presto sopraffatti prima dall’ingenua fiducia di Qui-Gon e in seguito dalla testardaggine di Obi-Wan Kenobi al quale Anakin sarà affidato (“tuo apprendista Skywalker sarà!”). Nonostante l’alta concentrazione di midi-chlorian, il fatto di essere stato individuato come il Prescelto e di avere in un certo senso il destino segnato, Anakin deluderà le aspettative dei suoi maestri, deviando dal percorso glorioso, scegliendo il male, ovvero il Lato Oscuro della Forza, perché spinto dalla paura della sofferenza e della morte. E la sua scelta scellerata lo condurrà a un cambio di nome, come in un malvagio “battesimo”, come a voler sottolineare il completamento di una oscura e lenta evoluzione: da Anakin Skywalker a Dart Fener.

Nonostante la forte carica mistica insita nella religione Jedi, l’errore può essere in agguato anche negli angoli bui di un Prescelto. Nulla è scontato, anche quando si parte avvantaggiati si deve mettere in conto l’imprevisto, l’allenamento spirituale per superarlo, il probabile fallimento.

Scrive Alessandro Tedde in “Mitologia e Simbolo nella Saga di Star Wars”: “… un altro elemento fondamentale nella storia di Anakin Skywalker è la confessione di Shmi della mancanza di un padre nel concepimento e nell’infanzia di Anakin. Questo elemento, comune a tutte le mitologie religiose, può apparire ridicolo se isolato dal proprio contesto, ma assume una valenza significativa se osservato nell’interezza della Saga. La nascita di Anakin, generato dalla Forza stessa, è il segno della sua importanza, della sua potenza, ma anche della sua fragilità: quella Forza che l’ha creato è sì Chiara, ma porta in sé la duplicità tipica degli scontri epici, quindi quella metà Oscura che sarà presto destinata a prendere il sopravvento.”