Ci fu uno sciopero degli attori che durò poco più di nove mesi durante i quali non si poteva girare e

 quindi in un bel garage di Burbank (e sottoponendo i produttori ad attacchi cardiaci ripetuti) Scott e la sezione artistica si misero a costruire (letteralmente) dall'ago al carrarmato, passando per sedie, suppellettili, veicoli civili, della polizia, della nettezza urbana, disegnando centinaia di insegne al neon, marchi, testate giornalistiche, logo...Il mondo fuori dalla finestra venne costruito giorno dopo giorno. E intendiamo proprio costruito. Era il 1980, e la grafica CGI (anche se nel 1976 era stata protagonista della pellicola Futureworld) non avrebbe permesso l'abbattimento di costi auspicato.Il mondo nel quale Rick Deckard si muove a caccia dei replicanti è dunque un mondo magari non reale, ma concreto. Il set della stazione di polizia, ad esempio, è tutt'ora parte degli uffici della Union Station di Los Angeles. Forse anche questo ha contribuito a fare di Blade Runner un vero Cult Movie.

Che questa pellicola sia nata dalla congiuntura fortunata di tante coincidenze nessuno lo mette in dubbio. Perfino il momento particolare della vita di Scott (aveva appena perso il fratello maggiore per un tumore) ha fortemente influenzato la tematica vita/morte presente nel film.

Il cast, da parte sua, ha contribuito a tutto questo, dando l'opportunità di offrire ad Harrison Ford e Rutger Hauer due ruoli incancellabili, e ricevendone di sicuro degli apporti curiosi ma fondamentali. Ad esempio il personaggio di Deckard era sempre stato disegnato negli storyboard con un cappello a tesa larga ma Harrison Ford non lo indossò perché aveva appena finito di girare I Predatori dell'Arca Perduta e ormai “il cappello” era solo di Indiana Jones.

E, ovviamente, non è una leggenda metropolitana, ma corrisponde a verità che Rutger Hauer abbia integrato la famosa battuta finale “I've seen things...” per la precisione il suo contributo si riferisce alla frase: “All those moments will be lost in time, like tears in rain”.

Come già detto Edward James Olmos (un attore che ama lavorare con la voce, prova ne è il suo Adama in Battlestar Galactica che vi invitiamo ad ascoltare in originale) si inventò il già citato Cityspeak, per non tacere di Darryl Hannah che ai provini per il personaggio di Pris optò per un “freak look” (in controtendenza rispetto alle altre candidate) fonte di ispirazione negli anni successivi

per decine di altri personaggi anche in serie come X-Files o nei cartoni animati giapponesi.

Permettetemi, comunque, di inserire nel cast proprio “il mondo fuori” perché, se ci soffermiamo a pensare alle emozioni che ci ha dato vedere Blade Runner di sicuro sono legate anche alle scene in strada, alla biciclette che passano, agli ombrelli con la luce al neon, a tutto quello che ruota attorno ai protagonisti.

Mi chiedo retoricamente cosa abbia colpito di più Hampton Fancher nel romanzo di Dick e cosa colpisca ognuno di noi ogni volta che rivediamo questo film, in una qualsiasi delle sue versioni (con o senza voce narrante fuori campo, con o senza finale rassicurante tratto dalle scene girate per Shining, con o senza sospetti che Deckard sia un replicante). Che si tratti della love story, dell'azione poliziesca, dei riferimenti religiosi (il figlio Roy Batty che uccide il padre, si infigge un chiodo nella mano e libera una colomba dopo la sua morte) del problema filosofico dell'origine e della durata della vita francamente poco importa.