Dal terrazzo di casa il Punto è solo una distesa di blu circondata dalle navi.

Il mare, il cielo e tutto il resto.

Cerco di individuare Andrea, ma non ci riesco. Il sole è ancora alto e mi abbaglia, nonostante gli occhiali scuri.

- Lo vedi? - mi domanda Valeria con una sfumatura di comando. È il suo modo di parlare, non può farci niente. Le cose devono andare come dice lei altrimenti si innervosisce.

- Come non lo vedi? Tu lo devi vedere - insiste.

Niente, solo quella linea vaga all’orizzonte dove i due blu si fondono, come nel disegno di un bambino.

- Tutto qui? - mi aveva detto la maestra quando le avevo mostrato il compito. Formidabile come certi piccoli ricordi restino impressi nella memoria.

- Non le piace? - le avevo risposto con un filo di voce. La temevo.

- Cosa mi deve piacere? Non c’è niente! - aveva urlato indicando il foglio da disegno dipinto di un blu uniforme.

- C’è il cielo, il mare. Dentro ci sono gli uccelli, i pesci.

- Ma non si vedono. È tutto blu, nient’altro.

- Be’, ma neanche al mare i pesci si vedono. Però ci sono, no?

Ero un bambino dotato di troppa fantasia, o di troppo poca: quello era stato il giudizio della maestra, e quattro il voto.

- Allora l’hai visto? - insiste Valeria, aggrappata al mio braccio e con gli gli occhi chiusi. Sembra una cieca.

- Scusa, ma perché non guardi tu?

- Non posso. Tutto quel blu mi mette l’angoscia. Mi sembra di annegarci dentro. Odio il blu.

- Io l’ho sempre amato, invece.

- Lo so - risponde, questa volta con un tono di condanna.

Dov’è Andrea? Dov’è il mio piccolo Blu, come lo chiamo io. Mi emoziono a pensarlo con quel nome, e adesso ancora di più. Valeria invece non ne ha mai voluto sapere: - Blu non è un nome. Lo prenderebbero in giro.