Un interessante dibattito sta tenendo banco nel giro della fantascienza anglosassone da un paio di settimane a questa parte, stimolando la riflessione attorno alle finalità e alle prerogative del genere. A innescare la discussione è stato l'irlandese Ian McDonald, commentando un'affermazione di Paolo Bacigalupi, giovane scrittore americano poco conosciuto qui da noi, ma vincitore nel 2006 del premio intitolato alla memoria di Theodore Sturgeon con un racconto dai forti connotati ecologisti, The Calorie Man. McDonald è autore di una fantascienza di vocazione letteraria, accostato in passato al filone postcyberpunk e vincitore del BSFA Award nel 2004 con River of Gods e lo scorso anno con Brasyl, oltre che del Premio Hugo per il miglior racconto con La moglie del Djinn (pubblicato sul numero 53 di Robot). A richiamare la sua attenzione è stata in particolare la ripresa di alcune considerazioni di Bacigalupi da parte di Lou Anders, nell'introduzione al racconto The Gambler incluso (con un racconto dello stesso McDonald e opere di molte altre firme illustri come Cory Doctorow, Benjamin Rosenbaum, Paul McAuley, Pat Cadigan e Mike Resnik) nell'antologia Fast Forward 2, da lui curata e uscita per i tipi di Pyr il 21 ottobre scorso.
Nel brano in questione, Bacigalupi affermava che, tra le cose che sperava
Ci troviamo ad attraversare tempi cupi, insomma. "Invidio i cyberpunk
Vale la pena ricordare che nemmeno un paio di anni fa una disputa
Riallacciandosi direttamente all'intervento di McDonald, Reynolds ha affermato: "Mi sembra [...] che la SF potrebbe venirsi a trovare sull'orlo di una collettiva perdita di fiducia nel vecchio sogno del viaggio spaziale oltre i confini del nostro sistema solare. Forse sta già succedendo. Sul suo blog Ian McDonald, scrittore eccellente, ha dichiarato la sua posizione in maniera molto netta - non crede di avere a che fare con alcunché di concreto quando scrive di navi spaziali. Non posso essere d'accordo con lui; la penso diversamente, ma è proprio la risposta personale il punto del discorso. Gli scrittori dovrebbero seguire il loro cuore e la loro testa, piuttosto che uniformarsi alla massa. Se credi qualcosa, scrivilo con convinzione e sincerità. Altrimenti, non farlo".
E' di questo che parliamo, quando facciamo fantascienza. Anche quando il postumano invade la scena, rivivono trasfigurate le questioni universali che riguardano gli uomini di oggi: i diritti civili, le relazioni umane, il rapporto con l'ambiente esterno, l'effetto dei sistemi di pensiero, di valori, di norme esistenti o possibili. Gli scrittori di fantascienza si trovano di certo a operare un po' come archeologi del futuro: in un procedimento inverso alla ricostruzione del passato storico dagli indizi sopravvissuti all'abisso del tempo, loro frammentano il presente cercando di metterne in luce le contraddizioni, i rischi e i limiti alla luce della prospettiva del futuro.
Addestrati a mettere in discussione ogni aspetto della realtà, storica, sociale o fisica, non dobbiamo temere di confrontarci con l'intero spettro delle probabilità. E non è affatto detto che la conquista dello spazio debba assomigliare a qualcosa che è già stato immaginato, in qualche libro o pellicola, da un autore di fantascienza.
19 commenti
Aggiungi un commentoAcc... recupero domani sui commenti apparsi nel frattempo, che qui o scrivo racconti o scrivo commenti, ma le due cose insieme...
Dico solo che guardando Locus, che è californiano
, ma che fa regolarmente i report sugli altri paesi (ho letto report di India, Cina, Francia, Germania, Finlandia : , più o meno tutto l'ex-blocco di Varsavia, Brasile...)... non è che gli altri paesi siano messi molto meglio del nostro a rapporto di scrittori nazionali e pubblicazioni.
Si traduce, si pubblica, si vende e si segue come ispirazione soprattutto fantascienza USA/UK. L'apporto o l'inventiva nazionale sono abbastanza limitati.
bel dibattito. purtroppo credo di poter aggiungere poco alla discussione, visto che sono troppo giovane sia anagraficamente che "fantascientificamente". per me è già impossibile parlare per esperienza diretta degli anni 80, figuriamoci i 60 e 50. e non mi piace basare le mie tesi su informazioni filtrate da qualsivoglia canale mediatico (giornali, libri di storia, biografie ecc).
posso solo dire che secondo me resta sempre valido un approccio "psicostorico": dati determinati stimoli, l'umanità, nel suo complesso, reagisce in un determinato modo. capire quali siano gli stimoli e le reazioni, certo, è un altro discorso.
Ma infatti... Se prendiamo l'anno cruciale, il '68, e andiamo a vedere i lavori che sono rimasti, ci imbattiamo in Delany (Nova), Dick (DADoES?), in Brunner (Tutti a Zanzibar), in Disch (Campo Archimede). In quegli anni, poco prima o poco dopo la data citata, escono Zelazny con Signore dei sogni e Ballard con La mostra delle atrocità. Tutto sembrava sul punto di cambiare, è vero. Ma tra i pochi che si resero conto che le cose avrebbero potuto degenerare, peggiorare, vi furono i più grandi scrittori di SF del periodo, che divennero così le vere antenne puntate sul futuro, e il futuro minacciava l'aria di crisi che noi tutti, oggi, siamo costretti a respirare.
Qualsiasi estrapolazione, anche a opera di autori occidentali, oggi come oggi non può prescindere dal ruolo sempre più ampio e determinante che sarà giocato dall'Oriente (Cina, India, Giappone) negli anni a venire.
Ciao,
X
Sono contento, Wintermute, ma non vedo ancora il sangue...
mi piacerebbe che partecipassi a questa discussione, Piscu.
http://www.fantascienza.com/forum/viewtopic.php?t=11300&postdays=0&postorder=asc&start=0
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