L’utopia è morta? Macché. Si ricredano gli increduli, tornino a sperare i senza speranza, più non ignorino gli ignari: a ottobre vedrà la luce Un’ambigua utopia. Fantascienza, ribellione e radicalità negli anni 70.

Si tratta della ristampa anastatica integrale in due volumi (per le edizioni Mimesis, di Milano) dei nove fascicoli della rivista Un’ambigua utopia prodotta dall’omonimo Collettivo negli anni 1977-1982. La testata divenne un riferimento per una lettura critica (da sinistra) del nostro genere letterario, e l’attività del Collettivo -  in particolare di alcuni esponenti - ebbe negli anni feconde ricadute.

L’iniziativa è a cura di Antonio Caronia e Giuliano Spagnul, che di quella esperienza furono tra i maggiori protagonisti.  

Nel dicembre 1977 apparve in alcune librerie milanesi un modesto fascicolo, 16 pagine ciclostilate e pinzate. Era il primo numero di una rivista chiamata Un’ambigua utopia, che sarebbe durata sino al 1982, cambiando più volte formato e grafica. Prodotta da un collettivo di ex militanti di organizzazioni dell’estrema sinistra, presentava racconti, saggi, recensioni, foto, illustrazioni e si proponeva di “colmare la lacuna che esisteva nella cultura di sinistra nei confronti della fantascienza”. Il collettivo traeva il proprio nome dal sottotitolo di un classico del genere, il romanzo The Dispossessed di Ursula K. Le Guin (1974; in italiano dapprima I reietti dell’altro pianeta, poi Quelli di Anarres).

Si trattò di una delle tante esperienze di cui fu ricca la diaspora politico-culturale nata dal cosiddetto “movimento del 77”, una delle più bizzarre forse, ma anche – paradossalmente – delle più fertili. Tentando infatti una rivalutazione ma anche una lettura critica d’un genere letterario e cinematografico tradizionalmente considerato “d’evasione”, e quindi guardato con sospetto tanto dagli intellettuali “impegnati” quanto dagli accademici, quella rivista si trovò a incrociare, magari con alcune ingenuità ma anche con qualche insospettabile intuizione, molte delle strade del rinnovamento culturale italiano, a sinistra, di quel periodo.

Sulle sue pagine si trovano echi della  crisi della militanza, come pure della “teoria dei bisogni” di Agnes Heller, della società dello spettacolo come della rivalutazione della “liberazione” contro la “rivoluzione”, del discorso femminista come della riscoperta di Nietzsche. Se oggi nelle Università e sui media si considera la fantascienza un genere “adulto”, se non è più scandalo presentare Philip K. Dick e James G. Ballard come grandi scrittori, lo si deve certamente a Umberto Eco e a intellettuali come lui, ma in parte anche a questo collettivo di  (allora) trentenni.

Infatti attorno alla rivista il gruppo di Un’ambigua utopia costruì una cospicua serie di iniziative, convegni, pubblicazioni, che ebbero una loro eco sui media e nell’opinione pubblica. Per esempio il volume Nei labirinti della fantascienza. Guida critica, edito nel 1979 da Feltrinelli e che vendette in un anno 10.000 copie; la contestazione del Congresso europeo di Fantascienza a Stresa nel 1980; l’apertura di una libreria; il festival Il gatto del Cheshire a Milano nel 1982, iniziativa pionieristica sui temi della simulazione e del virtuale.

Ora i due volumi Un’ambigua utopia. Fantascienza, ribellione e radicalità negli anni 70 (ed. Mimesi, Milano) ripropongono la ristampa anastatica integrale dei nove fascicoli della rivista, integrata dagli interventi di due protagonisti del collettivo, Antonio Caronia e Giuliano Spagnul, che a partire da quella esperienza hanno costruito il loro successivo percorso artistico e teorico.

Un’ambigua utopia. Fantascienza, ribellione e radicalità negli anni 70. A cura di Antonio Caronia e Giuliano Spagnul. Ristampa integrale dei nove numeri della rivista (1977-1982) con introduzione dei curatori. In appendice un dibattito su Internet (1999-2001). 2 volumi di formato A4 di circa 250 pagine ciascuno; editore Mimesis, Milano. L’opera è prevista in uscita nel mese di ottobre 2008.