"E' facile mettere insieme dei fatti, ma è terribilmente difficile inventare", scriveva Theodore Sturgeon nel suo Cristalli sognanti, impresa ardua dargli torto. Proprio una grande idea, un'invenzione geniale, sta alla base de Il sistema Dayworld, che Farmer pubblicò nel 1985, al quale seguirono Il ribelle di Dayworld e La caduta di Dayworld.

Nel "mondo-a-fette" della Nuova Era, si può vivere un solo giorno alla settimana, negli altri si viene messi da parte, o meglio, impietriti. In questa maniera si evita il sovraffollamento (i contraccettivi diluiti nelle condutture di acqua pubblica non sono bastati), si controlla meglio la popolazione, si attutisce l'impatto ambientale e in più si ha un gran risparmio di risorse energetiche, insomma tutte le problematiche vengono ridotte ad un settimo della loro reale imponenza. Il protagonista del romanzo, Jeff Caird, non è disposto ad accettare questa enorme privazione e commette l'atto giudicato più illegale in una società così organizzata: vivere sette giorni a settimana. Per fare ciò assume sette diverse identità, ognuna nata da un frammento dell'ego originale, così Jeff Caird, che il martedì è un organico (un poliziotto), ad esempio il giovedì diventa James Dunski, istruttore di scherma, o addirittura un convinto predicatore la domenica, Tom Zurvan. Tutti i giorni comunque, qualsiasi personalità assuma, è un "immer", un ribelle facente parte di una organizzazione sovversiva opposta ad un governo che apparentemente sembra guidare l'umanità verso un futuro ancor più roseo del presente, ma che in realtà in quanto a repressione e autorità fa impallidire il Big Brother di Orwell, dato che adotta la subdola strategia del "metti il guinzaglio al cane, ma fallo felice con un guinzaglio molto lungo".

A questo punto vi aspettereste il classico romanzo in cui l'eroe di turno, naturalmente un ribelle, un dannato, salva il mondo da solo, animato dalla filantropia più profonda e incondizionata. Se pensate questo vi sbagliate di grosso ed evidentemente non conoscete un autore eccelso come Farmer. "Dayworld" è un romanzo dalle numerose sfaccettature e non è tanto facile da catalogare in questo o quel filone della fantascienza. Pur essendo ricco di azione, suspance e colpi di scena non è affatto un libro di consumo, usa e getta, anzi propone una serie innumerevole di spunti di riflessione che vanno dalla sociologia fino all'introspezione psicologica. Va comunque ricordato che Farmer, come scrive G. Lippi nell'introduzione al volume, "assomiglia pochissimo agli autori intellettuali che sono venuti dopo di lui, dei quali non condivide il cerebralismo esasperato. Farmer resta un uomo di idee, non un'idea disincarnata. Ed è soprattutto un narratore a tutto tondo". La forza di Dayworld sta proprio in questo, nella narrazione mai fino a se stessa e nelle riflessioni mai soffocanti ed esasperate alle quali induce il lettore attento e curioso. I tempi della narrazione sono scanditi con maestria, così si alternano momenti serrati ad altri di più ampio respiro senza essere mai banale e scontato, la descrizione dell'ambiente poi completa il quadro con uno sfondo degno di nota. Personalmente, quello che mi ha colpito è stato il dramma psicologico del protagonista, Jeff Caird, egli "aveva staccato la sua anima, mandandola urlante lungo strade che non voleva prendere". In particolar modo mi ha entusiasmato come questo tema viene trattato ed esposto dall'autore, che dà voce, anzi fa urlare le sette identità, ognuna delle quali reclama il proprio diritto alla vita.

Dayworld è questo e molto di più. Non ho voluto rivelare molto in questa sede per non togliere il gusto della scoperta e della meraviglia (anche se a volte terribile) a chi volesse leggerlo.

Consigliatissimo.