Nel futuro del pianeta Terra c’è un pianeta senza l’umanità. Si, perché le otto storie (più una nona conclusiva su cui torneremo dopo) che compongono questo libro raccontano fondamentalmente la storia di un esodo, quello dell’umanità dal pianeta sul quale è nata e si è evoluta. Una fuga prima dalle città, in favore della riscoperta delle campagne, cosa che peraltro sta già accadendo veramente, e poi dalla Terra stessa, in favore di Giove. Sul nostro pianeta i cani diventano la razza dominante e col passare dei secoli l’Uomo diventa quasi una figura mitologica, di cui si parla davanti a un fuoco. I cani si pongono domande su cosa fosse esattamente un uomo, su come fossero fatti i luoghi nei quali la maggior parte di loro viveva (City è infatti il titolo originale del libro, titolo col quale è anche stato già pubblicato in passato dalla Libra Editrice) e domande su cosa fosse una guerra. Dal momento che per loro non è possibile dare risposte certe sono in molti a ritenere che si tratti solo di fantasie, di storie inventate in un passato talmente lontano per cui anche il loro simbolismo è ormai diventato misterioso. Attraversa tutte le fasi di questo processo il robot Jenkins, colui che invece conosce la verità perché c’era quando gli uomini ancora camminavano sulla terra e di loro ancora conserva il ricordo…

 

Anni senza fine, libro premiato con l’International Fantasy Award nel 1953, è uno stupendo romanzo antologico composto dagli otto racconti originali scritti da Clifford D. Simak tra il 1944 e il 1951, andando un po’ in controtendenza rispetto alla produzione di quegli anni, che sono stati poi definiti gli anni d’oro del genere, nei quali le componenti scientifiche e tecnologiche avevano un ruolo spesso primario. Molti dei romanzi e racconti di questo autore hanno invece un’ambientazione molto terrestre, spesso rurale e campestre, decisamente lontana dalle saghe stellari più sfrenate. Come accennato c’è anche un ulteriore racconto, il nono, scritto nel 1971 in occasione della morte di John W. Campbell, il grande curatore che al timone della storica rivista Astounding aveva lanciato o comunque valorizzato i "pezzi da 90" della fantascienza di quegli anni, da Asimov a Bester, da Harrison a Sturgeon, solo per citarne alcuni. Con la sua scomparsa veniva a mancare una figura chiave nello sviluppo della fs e allora fu deciso di creare ciascuno un nuovo racconto, col quale rendergli omaggio. Fu così che, non senza qualche perplessità, Simak dopo venti anni tornò ad occuparsi di Jenkins e meno male che lo fece, perché con questo struggente e toccante Epilogo il ciclo si chiude sulle ali di una grande emozione, a degna conclusione di quello che è certamente il capolavoro di questo scrittore, poeta delle nostalgie. Un po’ come nelle Cronache Marziane bradburiane (Bradbury è un autore che per certi versi affine a Simak) i vari racconti collegati insieme formano un bellissimo arco narrativo assolutamente compatto, più di tanti romanzi nati come tali, e assolutamente indimenticabile.

 

L’autore: Clifford D. Simak era nato il 3 agosto 1904 in una fattoria del Wisconsin, figlio di un immigrato ceco e di un’americana figlia di proprietari terrieri. Dopo gli studi frequentò un corso di abilitazione all’insegnamento e divenne poi giornalista, collaborando nel tempo con diversi quotidiani. Grande successo ottennero sul finire degli anni ’50 i suoi articoli sul Mondo di domani, poi raccolti in un libro. Il suo primo racconto pubblicato da rivista professionale uscì nel 1931 su Wonder Stories e il suo primo romanzo, Ingegneri cosmici, risale al 1939. Ha vinto per tre volte il Premio Hugo: nel 1959 per il romanzo breve L’aia grande, nel 1964 per il romanzo La casa dalle finestre nere e nel 1981 per il racconto breve La grotta dei cervi danzanti. Tra gli altri suoi romanzi da segnalare Camminavano come noi (1962), Infinito (1967), La bambola del destino (1971), I giorni del silenzio (1973) e Il papa definitivo (1981). Lo scrittore è morto il 25 aprile 1988.