Mettetevi l'anima in pace: Terminator Genisys ha esattamente i difetti che tutti temevate da questo sequel/reboot o come volete chiamarlo.

Volete che lo dica in due righe? Va visto perché c’è Arnold interpretare il suo character più famoso.

E basta.

Se vi interessa scendere nel dettaglio, continuate pure a leggere.

Il film ha una bella parte iniziale, uno svolgimento centrale non malvagio ma decisamente non brillante e una pessima conclusione.

Il personaggio di Arnold Schwarzenegger viene utilizzato decentemente nel primo atto, male nel secondo, malissimo nel terzo.

Il ritmo è discreto, i dialoghi piatti e senza sprazzi, e la regia maschera male gli evidenti problemi di script… sottolineando in maniera imbarazzante l’incapacità di gestire non solo una storia piena di paradossi temporali (le più ostiche da far quadrare, ve lo concedo) ma anche tutta la mitologia e i mezzi a disposizione.

Stringendo, Terminator Genisys è un film poco furbo, afflitto, ancora una volta, dal confronto fuori misura coi suoi progenitori.

Salvation falliva perché tentava di spostare tutto a cose fatte, a giorno del giudizio bello che passato: poteva essere il film, epico e definitivo su John Connor e invece abbiamo avuto una miniserie su Sam Worthington sul set di Mad Max coi Terminator che passavano di lì per caso.

Terminator Genisys fallisce per la ragione opposta: punta, per tutta la prima metà, sul citazionismo illudendosi di campare di rendita ricalcando scene e topoi di Terminator e di T2… e per l’altra metà su effetti digitali e situazioni viste e straviste, appena contaminate da un’ombra di denuncia “sociale” (tutta la storia dell’umanità sempre connessa e dipendente dai loro smartphone).

In altre parole, oltre posizionarsi sopra il mediocre Rise of the Machines (mi rifiuto di chiamarlo Le macchine ribelli) e l’ibrido Salvation, Terminator Genisys non riesce a fare. Perché Taylor non è un regista con  particolare talento o stile visivo (come pochi ce ne sono in giro, questo è vero) ma è uno che viene dalla televisione, ne ha fatta tanta, l’ha fatta anche bene (Soprano e Mad Men in prima istanza) ma che dimostra una assai minor consapevolezza del mezzo espressivo che ha tra le mani (se non siete d'accordo, ditemi chi si ricorda di Thor: the Dark World). 

Non c'è una singola sequenza di Terminator Genisys che possa definirsi cinema nella forma più pura e potente.

Non un movimento di camera che significhi anche “scrittura”.

Non un'inquadratura che non abbiamo già visto in centinaia di serie televisive a medio budget.

Tutto è così carente di linguaggio che persino la presenza a schermo di Arnold viene spogliata di gran parte della sua forza originaria, laddove in passato bastava che entrasse in campo per farsi strumento di narrazione.

Ma, a essere onesti, c’è anche di peggio.

Credevo di avere visto la coppia peggio assortita in un film di fantascienza in quel completo disastro che è stato Jupiter Ascending, ma mi sbagliavo.

Aver affidato due dei ruoli più importanti (Kyle Reese e Sarah Connor) a due attori come Emilia Clarke e Jai Courtney privi di qualsiasi spessore, doti recitative, rispondenza coi personaggi originari e – non ultimo – alcuna chimica tra loro (sorvolando sul plateale errore di affiancare un attore alto oltre un metro e novanta a Scharzenegger) è quasi il colpo di grazia per Terminator Genisys.

Personalmente, ho forti riserve anche sulla scelta di aver usato Jason Clarke per il ruolo di John Connor, ma questa diciamo che è una paranoia mia… e ancora sono molto, molto perplesso sulla decisione della produzione di spoilerare, a mezzo trailer e poster ufficiale, la vera natura del suo personaggio all’interno del film.

Parlando del comparto tecnico, The Terminator era un film a basso budget con un utilizzo limitato (anche se di ottimo livello) di modellini e stop motion.

Terminator 2 era un film ad alto budget con un uso eccessivo (ma di altissimo livello) di effetti digitali e green screen.

Questo Terminator Genisys viene decenni dopo i suoi illustri predecessori, eppure non riesce ad alzare l’asticella. La qualità visiva degli effetti di questo film potete vederla nei primi venti minuti, dove c’è l’attacco della resistenza umana alla cittadella di Skynet: inferiore alle cinematiche di un gioco per Playstation 3. Più avanti migliora, ma non c’è niente – niente – che faccia fare quel salto sulla sedia che, ai tempi, procurò il T1000 di metallo liquido (figlio del tentacolo d’acqua che Cameron usò in The Abyss).

Se potete accettarlo, mettendo il tutto sullo stesso livello di qualche filmetto del tipo Trascendence, e se vi basta la presenza di Arnie, bene. 

Avrete i vostri momenti di divertimento e vi godrete lo spettacolo.

Altrimenti non ci provate proprio a vedere questa pellicola perché vi farà fare solo il sangue cattivo.

In sostanza, un film da sei e mezzo che giudico con estrema durezza perché – anche questo – non riesce a stare al passo con la mitologia a cui si ispira (e che vorrebbe far ripartire) e spreca una grande occasione.

E adesso, se vi è rimasto ancora un po’ di tempo, qualche nota a margine (ma occhio, ci sono spoiler dappertutto).

- Il T1000 del secondo film c’è anche qui, ma Skynet si è fatto furbo e l’ha mandato anche nel 1984. Resta inspiegato o comunque difficilmente spiegabile perché Skynet continui a mandare rotta di collo Terminator nel passato generando nuove timeline, ma, come dicevamo prima: a parlare di certe cose, non si fa mai giorno. Voglio solo farvi soffermare un attimo su come la scelta di adottare un attore sudcoreano non sia casuale manco per niente, se solo si pensa alla vastità di quei mercati.

Il prossimo Terminator, ci scommetto il mio ultimo chip, sarà di colore.

- Lo scontro tra i due T800 è il più godibile tra tutti quelli presenti nel film, e ha il solo difetto di durare troppo poco.

Lo Schwarzie digitale “giovane” è talmente inquietante e ben reso che vorreste continuare a vederlo per tutto il film, e invece viene messo fuori gioco dopo pochi minuti. Peccato.

- Finalmente, vediamo il dislocatore temporale che permette l’invio di Terminator e umani nel passato. C’è un discreto lavoro di concept design, gli effetti visivi sono buoni, tutto dovrebbe funzionare alla grande eppure il viaggio nel tempo resta meno emozionante di quanto accadesse, per dire, in Star Trek IV.

E se c'erano ancora c'erano dubbi che Taylor non fosse in grado di far venire i brividi allo spettatore, ce li siamo tolti per sempre.

- Skynet usa il corpo e la faccia di John Connor come cavallo di Troia per ammazzare sua madre e suo padre in un colpo solo. E tu spettatore pensi: un’idea estrema e originale! Ammazza che fico!

Invece, no. La bella pensata sarebbe stata, da parte di Skynet, ammazzare Connor una volta che gli aveva messo le mani addosso, mandare nel 2017 un normalissimo T-1000 che ne aveva replicato l’aspetto e uccidere Sarah e Kyle non appena questi gli voltavano le spalle.

Solo una delle tante cosucce che rendono questo film la cavolata che poteva anche non essere.

- il Genisys del titolo è un’app. Un’app che, una volta scaricata sui tablet, gli smartphone e i computer di tutto il mondo, prenderà il controllo (immagino che Skynet leggerà tutte le mie email e mi cancellerà tutti i selfie inutili accumulati sull’iPhone).

E allora pensi: ah, vedi. È un’attualizzazione della vicenda, che vuole porre l’accento sui pericoli insiti nella tecnologia odierna e dalla quale siamo già tanto dipendenti.

E invece no. È una cavolata col botto pure questa.

- Tutto il terzo atto è una fotocopia brutta dei primi due capitoli della serie con la differenza che è più brutta e priva di idee e che Skynet, alla fine, è sconfitto e se non ci fosse Arnie a salvarci le chiappe, Genisys si autoinstallerebbe su tutti i device del mondo senza che a noi umani venga data manco la possibilità di premere il tastino “Sì, ho letto i termini d’uso e li accetto!”

- Finale di buoni sentimenti con Kyle che va a trovare se stesso da bambino e facendogli imparare a memoria l’equazione Genisys=Skynet e fine. La scena dopo i titoli di coda, resta appesa per il prossimo capitolo. Come una maledizione.

Giudizio finale: bah.