Il mondo della fantascienza deve soffrire purtroppo una nuova grave perdita.

È morto oggi, a 87 anni, Harry Harrison, uno dei grandi della fantascienza. Lo apprendiamo, senza ulteriori dettagli, dal suo sito ufficiale.

Henry Maxwell Harrison, nato il 12 marzo 1925 nel Connecticut, aveva vissuto in Messico e a lungo in Europa, Danimarca, Italia e infine Gran Bretagna. La moglie Joan Merkler con la quale era sposato dal 1954 era morta due anni fa; restano i due figli Todd e Moira.

Harrison era molto amato nel mondo della fantascienza per la sua cordialità, la sua affabilità, la sua presenza assidua alle convention; aveva partecipato anche a diverse convention in Italia. 

Scrittore prima per i fumetti e poi per la fantascienza, aveva raggiunto la notorietà come autore del romanzo Make Room, Make Room! (Largo! Largo!) dal quale era stato tratto il film di Richard Fleischer Soylent Green (2022: I sopravvissuti), con Charlton Heston e Edward G. Robinson. Solo più tardi avrebbe scoperto la sua vera vena, quella per la fantascienza umoristica: Bill eroe galattico (ciclo di sette romanzi) Il vichingo in technicolor, e poi tutta la serie di Jim DiGriz, il Ratto d'acciaio inossidabile, dodici romanzi alcuni dei quali usciti ancora di recente.

Harrison fu anche valido editor di riviste, lo ricorda Robert Silverberg che deve proprio a Harrison la vendita del primo racconto nel 1953. Silverberg ricorda anche che Harrison pagò di tasca sua l'iscrizione alla prima Worldcon alla quale il giovane Silverberg partecipò, nel 1953.

Harry Harrison fu promotore e fondatore, insieme a Frederik Pohl, Brian Aldiss e Sam Lundwall, della World SF, un'associazione che avrebbe dovuto favorire la diffusione della fantascienza nei paesi non anglosassoni e, per converso, la diffusione nel mondo della fantascienza prodotta nei paesi non anglosassoni. L'associazione ebbe molto seguito in Italia, e quando nel 2002 l'esperienza fu dichiarata terminata la sezione italiana continuò a esistere come associazione dei professionisti italiani del settore.

Christopher Priest ha pubblicato un lungo e articolato necrologio sul quotidiano The Guardian.